II

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Giugno 2014

Mi siedo sulla tavoletta gelida del cesso mentre stringo tra le dita quel piccolo pezzo di plastica bianco su cui ho dovuto pisciare. Lo guardo per la millesima volta con la speranza che le due lineette rosse si fondano e diventino una sola, ma sfortunatamente nelle ultime quattro settimane il risultato non è mai cambiato: ancora positivo.

Mi alzo e mentre con una mano tengo ancora stretta il test di gravidanza, con l'altra alzo leggermente la maglia scoprendo un piccolo rigonfiamento. Non si vede ancora molto, ho la stessa pancia che mi viene quando mangio troppo e mia madre se n'è accorta. "Bea mi sembri un po' ingrassaticcia" mi ha detto. Avrei voluto risponderle ma, dato che voglio evitare che mia madre muoia per un infarto, un "scusa mamma se sono incinta" sarebbe stato troppo traumatico.

A parte Mila, nessuno sa ancora del bambino. Forse dovrei dirlo Luke o forse dovrei solo abortire senza avvisare. Inoltre non so nemmeno se è pronto per affrontare una simile responsabilità dato che al primo accenno di sofferenza l'unica soluzione che trova è svanire nel nulla. Ma d'altronde chi sarebbe pronto ad accogliere un bambino a 18 anni?
Io sicuramente non lo sono. Non sono pronta a passare le notti in bianco a causa dei capricci di un neonato, a cambiare pannolini, preparare quantità industriali di biberon, ma soprattutto non sono psicologicamente pronta al parto. Non so nemmeno come sia possibile fare uscire una cosa così grande da un posto così piccolo.

Mille pensieri mi frullano per la mente e per ora, l'unica soluzione che mi permetterebbe di togliermi un gran peso sulle spalle è l'aborto. Nessuno saprebbe niente e finirebbe tutto lì; semplice e veloce.

"Bea?" sento mia madre entrare in camera. "Dove sei?"
Scatto in piedi come una molla con ancora il test di gravidanza tra le mani. Cazzo, cazzo, cazzo. Percepisco mia madre avvicinarsi al bagno a causa del suo passo da ballerina di casatchok obesa. La maniglia di ottone si gira e, in preda al panico, quando vedo la porta aprirsi, lancio il test nel water. Mi siedo proprio nel momento in cui la testa di mai madre si affaccia dalla stanza. I suoi occhi castani mi guardano curiosi.
"La biancheria pulita te la lascio sul letto" dice perplessa. "Cosa stai facendo?" La guardo e sorrido nervosamente mentre mi metto una ciocca di capelli dietro un orecchio.
"Sto facendo la pipì" rispondo tranquilla.
Mia madre stringe lo sguardo su di me e mi guarda dalla testa ai piedi. Poi si infila completamente nella stanza e si avvicina al lavandino incrociando le braccia al petto.
"Con i pantaloni addosso?"
Mi fisso le gambe fasciate dalla stoffa nera dei miei fuseaux. Sposto lo sguardo su mia madre che mi guarda ancora stranita.

Cazzo, adesso mi darà della pazza e mi porta dallo psicologo col pretesto che io abbia fatto pipì con addosso i pantaloni. "Dottore, mia figlia piscia con i pantaloni. Mi dica cosa c'è che non va in lei."

Invece non dice niente, sta zitta e si limita a darmi un bacio sulla fronte.
"Grace se hai qualche problema non devi fare altro che parlarne con me" dice accarezzandomi la guancia. Stringo le labbra. So com'è mia madre: ha capito che c'è qualcosa che non va, mi ha chiamata col mio secondo nome.
"Sto bene, mamma."
Alza le spalle insoddisfatta della mia reazione ed esce chiudedendo la porta dietro di sè. Come fanno le madri a capire sempre che i figli stanno nascondendo qualcosa? Fiutano tutto; sono peggio dei cani antidroga.

Dopo aver imprecato qualche volta, recuperato il test di gravidanza dal water e asciugatolo con un pezzo di carta igienica, mi sdraio sul letto mentre aspetto che arrivi Mila. "Ti devo fare vedere una cosa, c'entrano i bambini" mi ha detto al telefono. Avrà trovato un motivo per il quale non dovrei abortire, sta cercando in tutti modi di convincermi a tenere il bambino. Lei è una vecchio stile e quando le ho accennato che avrei preso in considerazione l'idea di abortine, ha dato di matto. Odia questo genere di "ingiustizie". Ha trovato mille soluzioni e una delle tante è l'adozione. Tutta la fatica che faccio per partorirlo e poi lo devo anche dare in adozione?

Qualcuno bussa alla porta ed entra senza che io abbia risposto. È Mila. Sempre la solita.
"Il bambino a due mesi di gravidanza si riesce a distinguere bene anche dalle ecografie" dice senza nemmeno salutare. Mi metto a pancia in giù e afferro la foto che mi porge. La figura di un bambino al secondo mese di gravidanza è stampata sopra al foglio bianco. La fisso per un po' e storto la testa. Mila mi guarda, seduta di fianco a me.

"Vedi?" mi chiede. "Il tuo bambino è così, ormai si sta formando. Non puoi ucciderlo."

Ridò la foto alla mia migliora amica e cambio ancora posizione, mettendomi supina. Mi tocco la pancia; dentro di me c'è un esserino proprio come quello e tra non molto diventerà un vero e proprio bambino. Assurdo, mi sembra tutto così surreale. Scuoto la testa.

"Non lo sto uccidendo come si uccide una persona con una pistola, sto solo.."
"Uccidendolo. Lo stai uccidendo. Vuoi uccidere un bambino?"
"Non lo sto propriamente uccidendo, non ha ancora coscienza, non.." Sbuffo. "Stai abusando un po' troppo della parola uccidere."
"Bea, ti prego, tienilo." Guardo Mila mentre si sistema gli occhiali sul naso. "E poi la cosa migliore da fare è parlarne con Luke, non puoi prendere una decisione del genere da sola.. Non è solo una tua responsabilità. Non è solo una tua scelta."

Mi metto le mani sul viso. So perfettamente che questo bambino non l'ho concepito da sola, ma non ho intenzione di chiamare Luke, non voglio. Non si merita di essere chiamato, non si merita di avere un figlio da me. Non si merita un cazzo e l'ultima cosa che voglio fare è sentire la sua voce. Magari mi chiederà anche scusa, mi spiegare perché non si è fatto più sentire e io non sono pronta ad ascoltare così tante cazzate tutte insieme.

"La mia vita è un disastro, io sono un disastro." Mila si stende di fianco a me e mi avvolge tra le sue braccia. Sento il respiro caldo sulla pelle della mia guancia. "Non ci credo! Per una stupidaggine è successo tutto questo casino. Dio, saremmo dovuti stare più attenti e invece non ci abbiamo nemmeno pensato."

Sento che sta per dire qualcosa, ma poi si ferma. Mi stringe e poi mi posa un bacio sulla fronte. So che sta cercando di capirmi anche se non ci riuscirà mai veramente, ma apprezzo lo sforzo.
"Bea ormai quel che fatto è fatto, non puoi più farci niente. Stai tranquilla e vedrai che si risolve tutto."
Tipica frase da amica detta con lo scopo di cercare di tranquillizzare tutti quei poveri sfigati che hanno una vita di merda. Conclusione? Nella maggior parte dei casi non si risolve mai un cazzo, ma io non ho intenzione di lasciare tutto nelle mani del karma. Farò qualcosa, cercherò di risolvere questa situazione. In un modo o nell'altro ci riuscirò.
"Non voglio più abortire."
Mila sorride e mi posa un altro bacio sulla guancia. Si alza di scatto e si mette seduta a gambe incrociate mentre tira fuori il telefono dalla tasca dei jeans. Inizia a muovere il dito velocemente sul touch del cellullare.
"Cosa fai?"
Sembra contenta come una bambina. Eccittata come non mai continua a trafficare con il suo Samsung. Non mi prende in considerazione neanche per un secondo, scorre il dito ripetutamente verso il basso finché non si ferma.
"Eccolo qui" dice mentre mi passa il telefono.
"Cos'è?"

Cerco di afferrare il suo telefono, ma lei mi spinge via le mani dandomi dei piccoli colpetti sui dorsi, cercando di allontanarmi.
"Via le tue manacce dal mio cellulare. Lo tengo io, così evito situazioni spiacevoli: tu che lo lanci fuori dalla finestra."
Riesco appena a vedere lo schermo leggermente illuminato. Il nome di Luke era scritto a caratteri cubitali.
"Pronto? Mila?"

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Bonjour, eccovi il primo vero capitolo della storia. Spero vi piaccia, io ce l'ho messa tutta. Se volete commentare -spero di si- sapete come fare.
Ps: Grazie per tutti i voti e commenti dei capitoli precedenti ヾ(@⌒ー⌒@)ノ
Adieu.

Sotto il cielo d'ottobre, l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora