XVIII

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Ashton guida con le mani bel salde sul volante, sembrano quasi incollate a quel pezzo di plastica. Tuttavia le stacca qualche volta, solo per cambiare le marce, quando il motore reclama.

Mi accompagna da mia madre a prendere Marco che dorme già, si è addormentato alle 9, il solito.

"Grazie, mamma."
"Dov'è Luke?"
"Non lo so."

Mia madre non dice niente, si limita a guardarmi per poi annuire, ha quella faccia da cavoli tuoi, Bea, te la sei cercata tu!

Alzo gli occhi al cielo, sbuffo, "ciao."
Lei scuote la testa, mi saluta e torno in macchina da Ashton che mi aiuta ad agganciare il seggiolino sui sedili posteriori.

"Dove pensi possa essere Luke?"
"Non lo so" dice strascicando le parole. Alza le spalle, "forse da Calum."
"Perché diavolo non me l'hai detto prima?!"
"È che.."
"Portami da Calum."
"Bea non credo sia..."
"Non me ne frega" lo interrompo di nuovo. "Portami da Calum!"

Ashton s'arrende e mi ci porta, da Calum, davanti ad una villetta a schiera con una scia di nanetti da giardino piantanti lungo il vialetto di pietra. Stanno lì come dei soldati che puntano gli occhi su di me mentre cammino fino alla porta d'ingresso.

Busso più volte sbattendo il pugno con foga, con tutta la rabbia che ho in corpo.

Intravedo un'ombra avvicinarsi alla porta bianca che si apre, è Calum.
Lo guardo negli occhi lucidi, neri come la pece, "dov'è?"
"Bea, per favore, non è il momento giusto" farfuglia mettendosi una mano tra i capelli.
"Ti ho chiesto dov'è."

Mi sono stancata di stare male senza reagire, sono passati i tempi in cui spendevo le mie giornate sotto le coperte a piangere, a subire quell'ondata di dolore che mi veniva in contro come un uragano. Travolgeva tutto e lasciava dietro il nulla.

Voglio cercare di sistemare, di mettere insieme tutti i pezzi che si sono rotti. Devo rimediare questo casino in un modo o nell'altro. Non so ancora come e se ce la farò, ma ci devo provare.

"Fammi passare" dico infiltrandomi in casa.
Passo il salotto, m'infilo nel corridoio completamente buio dove c'è una luce accesa sulla destra. Seguo il bagliore che viene da bagno, entro e mi ritrovo Luke sdraiato per terra, con la faccia immersa nel water.

Vomita prima di alzare lo sguardo su di me. Non sono passate nemmeno tre ore da quando l'ho visto l'ultima volta ed è già ubriaco marcio.

Un livido violaceo gli contorna l'occhio destro, che cazzo ha fatto? L'hanno picchiato? Da chi s'è fatto pestare adesso, questo povero coglione? Sarà stato Michael?

Scuoto la testa, mi fissa, riesce a malapena a tener su la testa sul collo per cinque secondi, poi la fa cadere di nuovo nella tazza del cesso, vomita ancora e chissà quante altre volte ha rimesso prima che arrivassi.

Lo guardo vomitare l'anima prima di tornare di là, Ashton è ancora in macchina, mi sta aspettando con Marco, mentre Calum è seduto sul divano con le mani sulla faccia.

Si sfrega gli occhi lucidi, sembra disperato, come se fosse appena morto qualcuno e invece era solo colpa di Luke.

"Ciao" dico aprendo di nuovo la porta. Lui alza la testa, "non vuoi portartelo a casa?"
"Tienitelo, quel povero coglione."

Esco sbattendo la porta, lasciandomi alle spalle quella scena che poi mi tormenterà per tutta la notte. E infatti non chiudo occhio, vago per casa come un fantasma in pena finché non si fa giorno.

Marco si sveglia alle 9.30, piagnucola perché vuole attaccarsi al seno. Lo guardo dall'alto mentre lo prendo in braccio. Assomiglia proprio a Luke.

Sotto il cielo d'ottobre, l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora