Capitolo 1

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Mia madre mi diceva sempre che noi siamo chi scegliamo di essere, pronta a spronarmi a fare sempre di più come piaceva a lei.

Peccato io non avessi scelto di essere la ragazza inespressiva che mi guardava dallo specchio di questo motel sudicio e puzzolente.

Eppure eccomi qua: Luna Smith.
Così diceva il nuovo documento che tenevo in mano, venticinque anni e non venti, ovvero i miei reali.
Elara? Ormai non esisteva più. Come non esisteva più nulla del mio passato e anche dei miei lunghi capelli biondi.

Sfiorai i capelli neri che mi arrivavano al mento, mi sistemai meglio la frangia e diedi un'ultima occhiata alla sconosciuta che mi stava di fronte. L'unico tratto che non avevo potuto cambiare erano i miei occhi color ghiaccio, ereditati da mia madre, però con un paio di occhiali da sole anche quelli si potevano nascondere. Avevo pensato di mettermi delle lenti colorate e ci avevo anche provato, però i miei occhi chiedevano pietà e avevo deciso di lasciar stare.

Misi il nuovo documento in borsa, inforcai gli occhiali da sole, presi la mia giacca di pelle e decisi di incamminarmi verso il lavoro. Ero riuscita a trovare un posto come cameriera qualche giorno dopo essermi trasferita qua.

Trasferita.

Mi sembrava un parolone, visto che ancora non ero riuscita a trovare una casa e mi toccava spendere i miei risparmi per un motel squallido con i muri talmente sottili che sentivo anche quante volte starnutivano, per non parlare di quando facevano altro.

Camminai velocemente cercando di non guardare in faccia nessuno ed entrai da Carlos.

"Ciao Luna" mi girai e vidi una ragazza minuta con i ricci rossi che mi sorrideva in attesa di ricevere un sorriso di ricambio, peccato non sarebbe accaduto.

"Ciao Sam" la mia risposta arrivò in maniera secca mentre mi dirigevo negli spogliatoi per cambiarmi e notai con la coda dell'occhio Sam abbassare la testa, sconsolata, e per un attimo avrei voluto tornare indietro e ricambiarle il sorriso, ma sarebbe stata una pessima scelta e quindi continuai ad andare dritta.

Il primo giorno in cui mi ero presentata al lavoro ero stata accolta dal suo sorriso e avevo provato invidia, non ricordavo l'ultima volta in cui avevo sorriso spensieratamente come lei.

"Sei la nuova ragazza?", mi aveva chiesto.

"Io sono Sam, sono così felice tu possa iniziare a lavorare qui con noi, ti troverai veramente bene, io ormai sono tre anni che lavoro qua e non me ne andrei mai, ti spiegherò ogni cosa, ma sono sicura sarai bravissima, poi se vuoi potremmo andare a berci qualcosa insieme, c'è un bar in fondo alla strada molto carino". Mentre parlava mi ero soffermata sulle sue lentiggini, era veramente tenera, e parlava veramente tanto.

"No, grazie.", mi ero limitata a quella risposta e me n'ero andata.

Da allora il nostro rapporto si limitava a lei che cercava di chiacchierare con me e io che la evitavo. Non potevo fare amicizie, le amicizie erano pericolose e io non potevo mettermi in pericolo, di nuovo.

Uscii dallo spogliatoio pronta a iniziare il mio turno.
Guardai la mia divisa e sospirai. Quando mi avevano chiesto la taglia, non avevano specificato fossero petit, quindi mi ritrovavo in una maglietta striminzita nera con il logo del ristorante e una gonna troppo corta che dovevo cercare di sistemare ogni volta per paura si intravedesse qualcosa.

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