Capitolo 12

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Dopo quello che era successo, lasciai il mio numero di cellulare a Sam, dicendole di scrivermi in caso di bisogno

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Dopo quello che era successo, lasciai il mio numero di cellulare a Sam, dicendole di scrivermi in caso di bisogno. Quella sera, Sam avrebbe dormito da Carlos e sua moglie, che si erano offerti di ospitarla vista la sua evidente fragilità. Io, invece, mi ritrovai a casa, sola con i miei pensieri. Ayla non era lì, ma mi aveva lasciato un messaggio con la sua scrittura incerta: "Va tutto bene." Quelle parole infantili, cariche di innocenza, mi diedero un breve sollievo, un'oasi di tranquillità in un deserto di incertezze.

La mia guancia pulsava dolorosamente, ricordo tangibile dello scontro recente. Mi diressi verso la cucina, aprendo il freezer con mani tremanti, e afferrai una manciata di ghiaccio, avvolgendola in un panno. Premetti il freddo contro il livido, un sollievo temporaneo per il dolore fisico che faceva eco a quello emotivo.

Un rumore improvviso alla porta mi fece sussultare. Il ghiaccio scivolò dalle mie mani, frantumandosi a terra. Il mio cuore accelerò, una morsa di terrore che mi strinse il petto. Afferrando un coltello dal blocco sul bancone, mi avvicinai alla porta, i muscoli tesi, pronta a difendermi.

"Luna, apri, sono io. Silas."
Il solo sentirlo mi fece sentire meglio, come se la sua voce avesse il potere di scacciare i miei demoni. Riposi il coltello e aprii la porta. Mi ritrovai subito tra le sue braccia. Mi strinse forte, il calore del suo corpo contro il mio era una barriera contro il mondo esterno. I suoi occhi fiammeggianti percorrevano ogni centimetro del mio viso, soffermandosi sul livido sulla mia guancia. La rabbia deformò i suoi tratti.

"Ammazzo la persona che ti ha fatto questo," disse con voce grave, carica di una furia repressa.

Cercai di minimizzare. "Non è niente, davvero. Sto bene."

Ma Silas non mi permise di sminuire la situazione. "Non dirmi che non è niente," disse, il suo tono una lama affilata di preoccupazione. "Nessuno deve farti del male."

Mi ricordai dell'uomo che aveva assunto per seguirmi e la rabbia iniziò a montare. "E tu? Tu pensi che sia giusto farmi seguire da qualcuno senza dirmi nulla?" cominciai a litigare con lui. "Non ho bisogno di una guardia del corpo. So difendermi da sola!"

"Luna, vivi in un posto pericoloso," disse Silas, cercando di mantenere la calma mentre la sua frustrazione ribolliva sotto la superficie. "Quello che è successo dimostra che ho fatto bene ad assumere qualcuno. Diversamente, chissà cosa ti sarebbe successo."

"Non ho bisogno di nessuno!" urlai, sentendo le mie parole echeggiare nel vuoto della stanza. "Ho passato la vita a difendermi da sola, e continuerò a farlo!"

La sua rabbia si trasformò in disperazione mentre mi riprendeva tra le braccia. "Lo so che sei forte," disse, il fuoco che lambiva il suo sguardo. "Ma per una volta, smetti di lottare da sola. Affidati a qualcuno. Il solo pensiero che qualcuno possa farti del male mi fa impazzire."

La sua sincerità mi colpì profondamente, come una freccia scoccata da un arco teso. Potevo sentire l'intensità delle sue emozioni, la sua paura, la sua rabbia, il suo desiderio di proteggermi. Mi sentii a pezzi, ogni frammento di me brillava di una vulnerabilità che avevo sempre cercato di nascondere.

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