Capitolo 6

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I giorni seguenti, la proposta di Silas continuava a risuonarmi nella testa, soprattutto la cifra importante offerta. Poi, una situazione imprevista mi costrinse a prendere una decisione. La caldaia del mio appartamento si era rotta, e non avevo né le competenze per ripararla né i risparmi sufficienti per pagare un tecnico. L'inverno stava arrivando e non potevo permettermi di restare senza riscaldamento.

Con questi pensieri a tormentarmi, mi ritrovai a camminare a passi spediti verso l'edificio in cui Silas lavorava. L'edificio era maestoso, con torri di vetro che si innalzavano verso il cielo, riflettendo la città circostante come un castello di cristallo. Entrai attraverso le porte girevoli e fui subito accolta dall'aria condizionata e dall'eleganza opulenta della hall. Marmi lucidi, colonne imponenti e opere d'arte contemporanea adornavano ogni angolo, mentre il tintinnio discreto dei passi sui pavimenti lucidi accompagnava il mio ingresso.

Alla reception, una giovane donna mi accolse storcendo il naso. Il suo outfit, impeccabile e lussuoso, parlava di alta moda: un tailleur grigio perla perfettamente aderente, tacchi alti e sottili, e un profumo che sapeva di orchidee esotiche. Io, al confronto, sembravo fuori posto con il mio semplice abbigliamento: jeans scuri, una camicia bianca e la mia solita giacca di pelle nera.

"Salve, devo vedere il signor Wood" riferii.

"Ha un appuntamento?" mi chiese con un sorriso appena accennato.

"No," risposi con voce ferma, "ma se gli dice che Luna lo cerca, sicuramente capirà."

La ragazza mi guardò con uno sguardo di sufficienza, "Mi dispiace, senza appuntamento non è possibile."

Sentii il calore della rabbia montare dentro di me che aveva già iniziato a farsi vivo quando il suo sguardo di sufficienza si era posato su di me. Sapevo come funzionavano le ragazze come lei: indossando profumi costosi e vestiti firmati, credevano di essere superiori e di poter trattare chiunque come volevano. Mi avvicinai a lei, con il mento tirato in su, lo sguardo gelido, e il mio tono di voce glaciale.

"Prova a chiamare il signor Wood e vediamo cosa succede," dissi lentamente, ogni parola una lama affilata.

La ragazza esitò, il suo sorriso di sufficienza si affievolì, "Senza un appuntamento non posso..."

La interruppi, "Prova a chiamarlo. Se lui non vuole vedermi, me ne andrò subito. Ma se non lo chiami, e lui scopre che ero qui, sarà un problema tuo, non mio."

La sicurezza iniziale della ragazza sparì. Alzò la cornetta e, dopo aver riferito a Silas che c'ero io, annuì e abbassò la cornetta.

"Il signor Wood la sta aspettando all'ultimo piano," disse con voce meno sicura, "prego, vada pure."

"Sapevo che avresti capito," risposi con un sorriso tagliente, mentre mi incamminavo verso l'ascensore.

Entrai nell'ascensore, i muri di specchio riflettevano la mia immagine, il mio viso determinato e i miei occhi freddi. Il viaggio verso l'ultimo piano sembrò durare un'eternità, ogni secondo scandito dal ronzio meccanico dell'ascensore. Finalmente, le porte si aprirono su un corridoio elegante, illuminato da luci soffuse.

Silas mi aspettava davanti alla sua porta. I suoi occhi scuri mi scrutarono con un'intensità ardente mentre mi avvicinavo.

"Luna," disse, la sua voce profonda risuonando nel silenzio, "prego, entra."

Una volta dentro il suo ufficio, Silas mi indicò una sedia di fronte alla sua scrivania di legno scuro mentre lui si accomodava dietro, sedendosi con un'eleganza naturale che trasudava potere. Le grandi finestre dietro di lui offrivano una vista panoramica sulla città, ma i miei occhi erano incatenati ai suoi, come una falena attratta da una fiamma.

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