Capitolo 14

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Dopo la chiamata di James, io e Lars correvamo per le strade buie

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Dopo la chiamata di James, io e Lars correvamo per le strade buie. Scesi dalla macchina, ci avvicinammo all'entrata. L'eco dei nostri passi rimbombava tra i vicoli, un ritmo martellante che accompagnava i miei pensieri.

L'immagine di Luna al ristorante, con quegli occhi che evitavano i miei, era ancora viva nella mia mente. Il suo sguardo distaccato, il modo in cui si era ritratta da me, tutto mi bruciava dentro come fuoco.

La vecchia fabbrica abbandonata si stagliava davanti a noi, un colosso d'acciaio e cemento che nascondeva i nostri segreti. Il portone si aprì con un cigolio sinistro, come un richiamo da un passato oscuro.

Entrammo e trovai James già lì, accanto a un uomo legato su una sedia al centro della stanza. La luce fioca gettava ombre inquietanti sulle pareti scrostate, ma era sufficiente per vedere il viso tumefatto del prigioniero. Ogni livido, ogni taglio, era una mappa della sua sofferenza, e ogni segno alimentava la mia rabbia.

Osservai quell'uomo e sentii la furia crescere dentro di me. Ripensai al livido sulla guancia di Luna, a quel segno che le aveva lasciato. Il pensiero di qualcuno che aveva osato toccarla, ferirla, mi bruciava come acido. La mia mente tornava al bacio che avevamo condiviso, un ricordo dolce-amaro che ora mi tormentava. Dopo quel bacio, lei aveva iniziato a evitarmi. Non rispondeva ai miei messaggi, non mi guardava. E ogni volta che mi ignorava, era come un pugnale nel petto.

Il desiderio di vendetta era una fiamma viva dentro di me. Mi avvicinai all'uomo legato, il suo sorriso sfacciato mi irritava oltre ogni limite. Senza pensarci, gli tirai un pugno. Sentii le ossa sotto le mie nocche scricchiolare.

"Per chi lavori?" ringhiai, la voce tremante di rabbia contenuta.

Lui non rispose, ma il suo sorriso si trasformò in una smorfia di dolore. Un suono che mi diede una macabra soddisfazione. Gli tirai un altro pugno, e un altro, e un altro...

James e Lars mi tirarono indietro, i loro volti erano maschere di preoccupazione. Mi resi conto che il prigioniero era ridotto a un ammasso di carne tumefatta. Sussurrò qualcosa, la sua voce era un filo spezzato. Disse che avrebbe parlato. Presi un secchio d'acqua e glielo lanciai in faccia. L'acqua fredda lo svegliò, lo ripulì dal sangue e dalle lacrime, gli restituì una parvenza di lucidità. Era necessario che fosse in grado di parlare, che le sue parole fossero chiare.

L'uomo, tremante e bagnato fradicio, ci guardava con occhi pieni di paura.

"Stavamo cercando il fratello della rossa che lavora al ristorante," sussurrò.

Capii subito che parlava di Sam. La mia mente corse veloce. Perché Sam? Cosa c'entrava suo fratello?

Gli chiesi, la mia voce era un ringhio feroce. "Cosa volete da lui?"

L'uomo esitò, poi confessò. "Ci è stato ordinato di minacciarla, per fare pressione su di lui. Sta nascondendo qualcosa di importante, informazioni che qualcuno vuole a tutti i costi."

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