Capitolo 19

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Rio de Janeiro, qualche giorno dopo


Annabeth


Incredibile come la vita possa sembrare un esperienza bella ed entusiasmante quando si è felici e spensierati. Basta un sorriso, un piccolo gesto, una parola detta al momento giusto, e tutto si sistema. Così, come una magia molto efficace. Si viene stregati, si viene ingannati, ma finché si sta in quella bolla idilliaca nulla ci può incupire più. Il sole sembra splendere più forte, le persone paiono più buone, il male scompare dalla faccia della terra. Ai tuoi occhi è come essere arrivati improvvisamente in paradiso.
Oppure è sufficiente la presenza di un'altra persona a renderti felice, chi lo sa. In quel caso il paradiso cambia residenza: non sta più intorno a te, ma dentro di te nell'istante esatto in cui vedi quella persona. In quel momento il paradiso spalanca le ali e include l'altra persona nel tuo mondo, stringendovi in un bozzolo protettivo, riservato solo a voi due.
Insomma, senza ulteriori giri di parole, ci si isola dalla realtà della vita e si entra nella zona vip, accessibile solo a coloro che hanno sperimentato e toccato con mani proprie l'esperienza più sconvolgente di tutte: l'amore.
Questa, però, è una menzogna, o quasi: sì, l'amore può cambiare molte cose in meglio, ma la vita non è mai del tutto felice perché, dietro l'angolo, qualcosa sarà sempre pronto a sconvolgertela, a rovinartela. Io lo so bene. Bisogna solo saper apprezzare quei brevi istanti di pace.

***

Sbadigliai rumorosamente, spalancando la bocca come un serpente che attacca. Piper sosteneva che sbadigliare in quel modo mi avrebbe procurato delle rughe profonde nel momento in cui avessi compiuto quaranta anni ma, da buona sostenitrice dei metodi naturali quale ero, non riuscivo a cogliere la logica di quell'affermazione, soprattutto visto che lo sbadiglio era un riflesso immediato e naturale.
Stropicciandomi gli occhi, mi misi a sedere sul letto. Non sapevo esattamente che ora fosse, visto che il giorno prima qualcuno –leggasi, il miopresunto fidanzato- mi aveva rubato la sveglia, affermando di aver accidentalmente fatto cadere la propria nella vasca. Cosa ci facesse in bagno una sveglia, per me rimaneva un mistero. Così, dovendomi arrangiare alla solita maniera moderna, mi allungai verso il comodino per prendere il cellulare.
La prima cosa che vidi sulla schermata principale, oltre all'ora, fu un messaggio di Piper, ricevuto intorno alle tre di notte. Che diavolo ci faceva sveglia a quell'ora?

"Ehi, tesoro! Come va con Mister Occhi-Verdi? (a proposito,
sono andata a cercarlo su Facebook... ragazza mia, hai fatto Jackpot!)"


Contro la mia stessa volontà mi ritrovai a sbuffare, divertita da quel messaggio. La mia migliore amica sapeva proprio essere buffa certe volte. Digitai una breve risposta, promettendole di chiamarla non appena avessi avuto un po' tempo per raccontarle tutto. O almeno, una parte del tutto.
Malgrado tutto, non ero ancora pronta a condividere alcuni dettagli di ciò che era successo con Percy qualche giorno prima. Preferivo gustarmi il momento ancora un po' prima di raccontarlo a Piper.
Era Sabato quindi, in teoria, potevo tornare a dormire tranquillamente, ma non ne avevo voglia per vari motivi, primo fra tutti l'urgenza e il bisogno di vedere Percy. Suppergiù, conoscendo le sue abitudini, doveva essersi svegliato da poco anche lui.
Bene.
Mi alzai, scostando le coperte e, per prima cosa, mi misi davanti allo specchio a figura intera. Indossavo la mia solita tenuta per dormire, pantaloncini di cotone e una canottiera, senza reggiseno, e mi stupii di quanto il riflesso fosse diverso da quello della settimana precedente, la sera del gala.
Ero sempre io, sì, ma sembravo un'altra ragazza.
Passandomi una mano tra i capelli disordinati dopo la notte di sonno, sorrisi alla mia immagine, la quale ovviamente ricambiò, poi mi spostai per andare a rifare il letto. Ero incredibilmente aperta al mondo e alle sue possibilità, propensa a fare qualsiasi cosa senza sentirne il peso o la fatica.
Persa nel mio mondo com'ero, non mi accorsi nemmeno del lieve rumore proveniente da fuori, finché non sentii un miagolio indistinto e insistente.
Aprii la porta, guardando a destra e a sinistra nel corridoio ma, con una punta di delusione, appurai che non c'era anima viva ad esclusione del gatto, seduto sulla soglia con accanto un foglietto bianco e delle... scarpe?
Frappola mi osservava con il muso piegato, in attesa di una mia qualche reazione che non tardò ad arrivare. Sospirai, accovacciandomi sulle ginocchia per accarezzargli la testa e lui prese a fare le fusa. Quel gatto era un ruffiano, ma a malincuore dovetti ammettere che l'apprezzamento era reciproco.
Presi le scarpe e il bigliettino, prima che mi sfuggisse di mano, e mentre mi rialzavo, osservai le prime. Erano fin troppo familiari. Ricordavo bene che in principio erano rosa pastello, di raso, ma dopo la brutta fine che gli avevo fatto fare, ora tendevano ad essere più verdi che non del colore originale. Mi dispiaceva immensamente averle rovinate, abbandonandole sul prato davanti a casa, perché, in fin dei conti, erano un regalo di Percy, il primo regalo di Percy.
Un momento.
Che diavolo ci facevano davanti alla mia porta, una settimana dopo che le avevo buttate? Guardai di nuovo nel corridoio silenzioso, ma, ovviamente, non c'erano nessun altro oltre a me e al gatto. Chi era stato a trovarle e a riportarmele?
Con perplessità voltai il foglietto bianco, curiosa di scoprirne il messaggio contenuto.

Love the way you live     [PERCABETH]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora