Fattoria, il Sabato seguente
Annabeth
Un'insistente bussare alla porta seguita dall'istantanea apertura di quest'ultima, senza l'attesa di un mio invito esplicito, preannunciò l'orgogliosa entrata in scena di Percy.
-Da quando si è soliti venire a ficcare il naso nella mia stanza senza prima ricevere una risposta? Un giorno o l'altro entrerai mentre sarò nuda, e credimi, non vuoi avere a che fare con me quando sono incazzata.- commentai, ripiegando una delle magliette nel cesto dei panni che avevo ritirato poco prima dalla lavanderia.
A prima vista, invece, i vestiti che indossava Percy non erano stati affatto ripiegati. La maglietta era ricca di pieghe, come se una gallina ci si fosse seduta sopra.
Forse era la mia immaginazione, o forse dovevo seriamente prendere un appuntamento dell'otorino per un controllo all'udito, perché mi sembrò di sentir mormorare a Percy un: -Ne varrebbe la pena...-. Pensando a quel commento, mi sentii arrossire, ma evitai tenacemente il suo sguardo, convinta di essermi confusa.
Io non piacevo a Percy, e lui non piaceva a me, di conseguenza lui non faceva commenti di apprezzamento mirati al vedermi nuda. Mai e poi mai sarebbe accaduta una cosa del genere. Era scientificamente dimostrato.
-Che ci fai qui? Non dovevi tipo andare a una specie di fiera con Grover?- gli chiesi, riprendendo a piegare i miei indumenti, per poi riporli nell'armadio.
Lui sorrise, ed ecco che comparvero quelle fossette adorabili sul suo volto.
-Sì, però poi il furgoncino ha avuto dei problemi... e quindi niente fiera dei cavallucci marini.- disse quasi deluso, come se i cavallucci marini gli interessassero veramente.
-Aspetta... cavallucci marini? Da quando ci sono fiere dedicate ai cavallucci marini? Pensavo fosse qualcosa sulle capre... o bovini.- dissi prendendolo in giro.
-Da quando il traffico illegale di cavallucci ha spopolato nel paese...- rispose, aggrottando la fronte. -Comunque, dato che il programma per la giornata è saltato, ho dovuto pensare ad un piano B per non annoiarmi, e visto che il medico sostiene che tu sia guarita, sei compresa nel mio piano.- disse, come se io avessi già accettato di fare quello che lui aveva in mente.
Il che non era per nulla scontato, ma il signorino sembrava non avere preso in considerazione l'ipotesi.
-Fermo, fermo, fermo. Time out, Jackson. Quale sarebbe questo piano B? Perché non sono sicura di voler essere compresa...- misi le mani sui fianchi, cercando di darmi un'aria seria perché il ghigno birichino sul viso di Percy non prometteva nulla di buono.
-Andiamo, Sapientona! Lo sai che io ho sempre ottime idee. Ti sei dimenticata della spiaggia? E non venirmi a dire che è stato noioso, perché saresti una pessima bugiarda.- disse, avvicinandosi lentamente alla mia persona. Dovetti reclinare il capo per guardarlo negli occhi.
Strinsi le palpebre, cercando di capire dove volesse andare a parare.
-Va bene, ammetto che l'idea della spiaggia è stata carina, ma non accetterò di prendere parte a questo "piano B" finché non avrò sentito tutti i dettagli.-
Lo vidi chinarsi molto lentamente su di me, avvicinando la bocca al mio orecchio. Sentivo il suo fiato caldo sulla pelle, già bollente per un'altro motivo. Il mio cuore batteva all'impazzata, ma cercai di mantenere il controllo mordendomi un labbro.
-E va bene, Sapientona, se proprio insisti...- la sua voce roca, quasi un sussurro, mi provocò dei brividi lungo il corpo.
All'improvviso Percy si ritrasse, dando vita ad una sferzata di vento che mi costrinse ad avvolgermi le braccia attorno al corpo.
Sorrise, e gli occhi gli si illuminarono.
-Che ne dici di andare alla giostre?-
Quella non ero io. Io non arrossivo quando un ragazzo invade il mio spazio vitale. Mi concessi un secondo per riprendermi, perché ne avevo seriamente bisogno, poi tornai in me.
-A una condizione...-
Lui alzò un sopracciglio divertito.
-E sarebbe?-
-Ora mi dici che ci facciamo qui?- chiese Percy quando gli ordinai di accostare sul ciglio della strada quasi deserta.
Anche se il furgoncino di Grover era fuori uso era venuto fuori che Chintia possedeva una vecchia Ford da poter usare, testuali parole, "quando quella mammoletta di macchina di Grover tirerà le cuoia definitivamente". Così ecco come il "piano B" di Percy era iniziato.
E, sinceramente, dovevo ammettere che la sua idea non era poi così pessima come invece avevo pensato all'inizio. Se poi fossi riuscita a fare anche questa cosa, ero certa che tirando le somme sarebbe stata proprio una bella giornata.
-Ora vedrai.- dissi con un sorriso enigmatico. Aprii la portiera dell'auto e uscii, mettendomi gli occhiali da sole sulla testa a mo' di cerchietto. Scrollai i capelli e, chiudendo la portiera, mi avviai al di là del cancelletto diroccato che doveva separare la casetta da quelle adiacenti.
Percorsi con sicurezza quel tratto che in pochi giorni mi era diventato famigliare e bussai, lanciando nel mentre un'occhiata alle mie spalle dove Percy mi stava raggiungendo.
Sul suo volto era disegnata quella che ritenevo un'espressione perplessa, con le sopracciglia aggrottate e la bocca leggermente imbronciata.
Aprì la bocca, probabilmente per chiedere chi abitava in quella casa, ma in quel momento la porta fragile si aprì e Katya occupò la soglia con il grande pancione che cresceva ogni giorno di più.
-Annabeth! Che piacevole sorpresa.- mi sorrise sinceramente, mentre piegava da un lato la testa, incuriosita. -Come mai qui? È qualche giorno che non ti fai vedere. Tutto bene?-
-Sono stata male a inizio settimana e il medico mi ha consigliato di rimanere a letto per un po'. Mi dispiace non poter essere venuta...- era vero. Non vedevo Nico da quasi una settimana, e a causa della malattia non ero riuscita nemmeno ad andare a scuola. Percy mi aveva raccontato che avevano compensato facilmente la mia mancanza con una supplente, e questo mi aveva fatto pensare ai quelli che, ormai, erano diventati i miei bambini. Mi mancavano tutti, in particolare Nico.
-Come sta Nico?- domandai non sentendo rumori provenire dall'interno. Il che era strano perché due bambini producevano molto chiasso.
Katya si illuminò in viso, e un candido affetto accese i suoi occhi.
-Oh, molto bene. Sta leggendo quel libro che gli hai portato tu l'ultima volta. Sinceramente, non sapevo nemmeno che sapesse leggere. Ne sono rimasta colpita.- disse orgogliosa. Poi, colta da un pensiero improvviso, sussultò.
-Che maleducata che sono. Entra, entra, sarà felice di vederti.- si scostò di lato, ma guardando alle mie spalle per la prima volta da quando aveva aperto, si stupì.
-Vedo che non sei sola.-
Lanciai una breve occhiata a Percy che se ne stava con le mani in tasca e l'aria impacciata.
-Già... lui è Percy Jackson. Insegna anche lui alla scuola, e sfortunatamente dobbiamo vivere nella stessa casa per i prossimi cinque mesi, circa.- dissi, sussurrando l'ultima parte con circospezione. Accidentalmente il diretto interessato mi sentì e non sembrò molto contento.
-Ehi! Lo dici come se fosse chissà che tragedia.- fece un passo avanti e tese la mano in direzione di Katya, facendo quel suo sorriso con le fossette. -Piacere di conoscerti.-
Katya spostò lo sguardo da Percy a me, facendo una faccia che non riuscii a interpretare, e nel mentre gli strinse la mano.
-Forza entrate! Non è il caso soffermarsi qui fuori a lungo.-
Appena Katya chiuse la porta dietro di sé, un piccolo uragano con i capelli in disordine mi corse incontro, stringendosi alla mia vita.
-Annabeeeeeeth!- urlò Nico, sorridendomi dal basso. -Dove sei stata?-
Risi del bizzarro saluto che il bambino mi aveva riservato. Era la prima volta che lo vedevo così entusiasta di vedermi. -Ti sono mancata, vero? Cos'è quella finestrella nulla tua bocca?-
Il suo sorriso si allargò ancora di più. -Mi è caduto un dente!- disse tutto orgoglioso.
Allungai un braccio e gli arruffai i capelli, quando un'altro uragano rosa, più piccolo, mi si aggrappò alla gamba destra. Dopo tutte quelle visite a casa di Katya, pian piano mi ero affezionata anche a Bianca che nutriva una certa ammirazione, inspiegabile, nei miei confronti. Era una bellissima bambina, con grandi boccoli mori e due occhi scuri, molto simili al fratello maggiore. Il suo sorriso, poi, era la fine del mondo.
-Bianca!- mi chinai per prenderla in braccio. La bambina mi buttò le braccia grassocce al collo e appoggiò la testa sulla mia spalla. Il suo corpo era morbido e piccino, ma tanto tanto confortante.
Incrociai lo sguardo di Percy che mi guardava con una strana espressione sul volto.
Non l'avevo mai visto così assorto da un pensiero, anche se, involontariamente, arrossii come un'adolescente in piena crisi ormonale.
Insomma, Annabeth Chase, datti una regolata!
Mi stava guardando solo perché avevo in braccio Bianca? Oppure avevo qualcosa in faccia? Mi schiaffeggiai mentalmente. Santo cielo quant'ero paranoica! Dovetti costringermi con la sola forza di volontà a distogliere lo sguardo. Mi dissi che andava tutto bene.
Nel dubbio spostai Bianca sul braccio sinistro così da potermi passare una mano sul volto.
Annabeth, concentrati. Sei venuta qui per un motivo. Cerca di arrivarci prima di sera.
Cercai di ricompormi, facendo un respiro profondo, poi mi concentrai.
-Nico ti andrebbe di venire con me e Percy al Luna Park?- poi, visto che in realtà il permesso non doveva darlo lui ma la madre, mi voltai verso Katya.
-Lo so che è Sabato e che non vi ho avvertito prima, ma è stata un'idea dell'ultimo minuto e pensavo che a Nico potesse far piacere...- mormorai, mordendomi un labbro.
Katya aggrotto la fronte, e nel suo sguardo scorsi una nota di esitazione.
-Non credo che...- ma non riuscì a terminare la frase perché Nico cominciò a saltellare e urlare correndo per la casa con le bracci alzate. Lo guardammo attoniti fare due giri del tavolo e poi cadere in ginocchia difronte alla madre.
-Ti prego, ti prego, ti preeeeego. Posso andare?- disse con le mani congiunte, il labbruccio inferiore sporgente, e gli occhi da cucciolo smarrito.
Non so quale fosse il problema, ma sembrava che nella testa di Katya stesse avendo luogo un conflitto tra due opinioni.
-Nico... ecco... non ho abbastan- Percy la interruppe, mettendole le mani sulle spalle.
La superava di parecchi centimetri in altezza, ma percepii il senso di pace e controllo che emanava anche senza doverlo guardare negli occhi.
-Ascolta, per noi non è affatto un problema portare Nico; anzi ci fa molto piacere. Inoltre mi sembra che lui muoia dalla voglia di venire.- in accordo con la sua affermazione, Nico, ancora in ginocchio, annui energicamente. -Tranquilla, pensiamo a tutto noi. Baderemo a Nico come se fosse nostro figlio.-
E anche se era solo una metafora, quella frase ebbe il potere di farmi battere il cuore al doppio della normale velocità.
Io e lui non avremmo mai avuto un figlio assieme, quello era chiaro a tutti. Inoltre pensai che per fare un figlio bisognava per forza passare per la fase "tabù", che sembrava essere il centro del pensiero di tutta la popolazione maschile sopra i dodici anni.
Katya tacque per qualche istante, poi sospirò chiudendo gli occhi brevemente.
-Okay, va bene, ma il signorino deve essere a casa entro le nove.-
Con un grido di pura gioia, Nico ricominciò a correre per la stanza come un tornado. Solo quando Katya lo acchiappò per un bracciò lui si fermò, ma sul suo volto persisteva un largo sorriso, quasi folle.
Non lo avevo mai visto così felice.
Non riuscivo a concepire come fosse possibile che solo qualche settimana prima Nico piangesse, tutto triste e solo, ai margini di un campo da calcio, escluso dai suoi compagni perché troppo piccolo.
Nico era semplicemente un bambino bisognoso di affetto, con una padre defunto e una madre che faceva di tutto per renderlo felice e crescerlo nei migliore dei modi, anche se le circostanze e il destino non avevano contribuito.
Per la prima volta capii davvero quanto mi fossi affezionata a quel bambino.
Per la prima volta da tanto tempo sentivo di volere profondamente bene a qualcuno che non fosse mio padre, Piper e pochissime altre persone.
Per la prima volta da quella notte, lasciai cadere le barriere che avevo retto intorno al mio cuore, e sorrisi alla vita perché era bella.
-Possiamo andare sulle montagne russe? Ti prego, ti prego, ti preeeeego.- disse Nico mettendosi a saltellare in tondo attorno a Percy, che stava cercando di camminare e nel mentre di evitare di finire addosso al bambino.
Per tutto il viaggio, da quando avevamo lasciato la casa di Katya, Nico non aveva smesso un attimo di parlare. E di assillare Percy con domande a cui non era necessario rispondere dato che sembrava non importargli nemmeno.
Avevo sperato che i due andassero d'accordo, ed ero pronta anche a fare qualunque cosa perché ciò accadesse, ma sembrava che il mio intervento non fosse necessario.
Da quando Percy aveva convinto Katya a lasciar venire Nico con noi, il bambino sembrava provare una concreta ammirazione dei suoi confronti, e io non potevo sperare in qualcosa di meglio.
Dal canto suo, Percy sembrava apprezzare la vivacità di Nico, perché gli rispondeva pazientemente, sorridendo ogni volta che lui gli rivolgeva la parola, e prendendolo per mano quando raggiungemmo la biglietteria del parco.
Mentre eravamo in fila, Testa d'Alghe si abbassò, per essere allo stesso livello di Nico, così che potesse guardarlo in faccia.
-Ho bisogno che tu mi faccia una promessa, campione.- disse serio. Non avevo mai pensato di poter vedere un giorno quel lato così autoritario e apprensivo, tipico dei padri, sul volto di Percy visto come si comportava sempre. Ne rimasi profondamente colpita.
-Mi devi promettere che terrai per mano me o Annabeth per tutto il giorno. Non devi mai lasciarci la mano, okay? E se ti dovesse capitare di trovarti da solo per qualche motivo, stai fermo dove ti trovi, non parlare con nessuno e non dare corda agli sconosciuti, d'accordo? Me lo prometti, Nico?- il bambino, evidentemente colpito dal discorso, annuì con decisione, allungando poi una manina davanti a Percy.
-Te lo prometto. Però possiamo salire sulle montagne russe?-
Percy sollevò un angolo della bocca e poi l'altro, lentamente, prendendo la mano di Nico nella la sua.
-Certo che sì, campione. Possiamo fare tutto quello che vuoi tu.-
Mi stupii quando sentii una manina calda insinuarsi nella mia, stringendola forte. Abbassai lo sguardo e sorrisi calorosamente a quella meravigliosa creatura che avevo avuto la fortuna di incontrare.
-Guarda c'è lo zucchero a velo!- urlò tutto felice Nico, tirando con insistenza per mano Percy in direzione del chiosco dove vendevano vari dolci. Il carrello dello zucchero filato era in bella mostra, in modo da attirare più clienti. O meglio, più bambini.
Percy si lasciò trascinare in quella direzione, con una mano già nella tasca dei pantaloni, in cerca del portafoglio. Li seguii tacitamente e insolitamente felice.
Nico sorrise al venditore della bancarella che fece una smorfia. Che problemi aveva? Era un uomo sulla quarantina, con i capelli brizzolati e due baffi incolti. Indossava un grembiule che tirava sull'addome prorompente e una maglietta a righe orizzontali rosse e bianche.
Non mi piaceva affatto.
Aggiunse lo zucchero alla macchinetta e avviò il tutto, mentre con un bastoncino raccoglieva i filoni di zucchero che si formavano pian piano. Quando alzò lo sguardo e mi vide, mi fece letteralmente la radiografia da capo a piedi, distraendosi da quello che stava facendo.
Ripeto: non mi piaceva proprio per niente.
-Le conviene concentrarsi su quello che sta facendo. Il bambino ha una certa fame.- disse bruscamente Percy, porgendogli una banconota.
Poi fece una cosa che, al momento, non capii. Allungò il braccio sinistro, mettendomelo attorno alla vita, e mi tirò al suo fianco con decisione.
-E preferirei che non guardasse la mia fidanzata in quel modo. Sa, sono un tipo geloso.- aggiunse quando il venditore gli porse il bastoncino di zucchero. Lo mise in mano a Nico che si avventò su quel batuffolo bianco come se ne dipendesse la sua vita.
-Buona giornata.- disse poi, mentre ci giravamo per andarcene.
Resistetti finché non superammo un angolo nascosto, poi tolsi bruscamente la mano di Percy dalla mia vita, guardandolo storto.
-Perché l'hai fatto?- chiesi, incrociando le braccia al petto.
Lui alzò un sopracciglio, poi scrollò le spalle.
-Ti guardava in un modo strano, e non mi piaceva affatto.- disse come se fosse ovvio. E in effetti dovevo dargli ragione, ma questo non giustificava quello che aveva detto.
Aveva affermato che io ero la sua fidanzata. La. Sua. Fidanzata. Non sarebbe successo, mai e poi mai, nemmeno nei suoi sogni.
-Questa non è una buona ragione per dire bugie. E poi, non sei tenuto a immischiarti nei miei affari. So difendermi da sola, grazie mille.- il che era una bugia, visto quello che era successo due anni prima, ma lui non lo sapeva e io ero arrabbiata.
-Non mi piace vedere una donna trattata in quel modo, come se fosse solo oggetto di desiderio sessuale. Non ho dubbi che tu sappia difenderti da sola, ma se non altro quel tizio non ti darà più fastidio.- disse guardandomi negli occhi. Aveva ragione ma per qualche motivo quando aveva detto che ero la sua fidanzata, la cosa mi aveva fatto un certo effetto. E poi, quando la sua mano mi aveva stretta a sé, per un momento solo, avevo desiderato che non mi lasciasse più andare.
Ovviamente il mio subconscio era stato preso alla sprovvista da quel gesto fulmineo, altrimenti non avrei mai pensato una cosa del genere.
Eravamo così immersi nella nostra discussione che non ci accorgemmo di Nico che, sempre con in mano il suo bastoncino di zucchero filato, ci guardava incuriosito, spostando lo sguardo da uno all'altra come se stesse seguendo una partita di tennis.
-Quindi è vero che siete fidanzati?- chiese innocentemente.
Diventai rossa come un peperone mentre mi affrettavo a distogliere il mio sguardo da quello di Percy che, ora, stava sogghignando.
-No, campione, stavo solo scherzando prima.-
-Oh, peccato. Se stavate insieme potevamo far finta di essere una famiglia. Tu il papà, Annabeth la mamma e io il figlio.-
Non so se c'era un limite alla quantità di sangue che poteva affluirmi alle guance, ma in qualche modo diventai ancora più rossa. Per non parlare poi di quanto mi batteva forte il cuore. Stavo per morire di infarto.
Addio mondo crudele, sappi che non ti ho mai voluto bene.
-Ehi, ora possiamo entrare nella casa degli orrori? Dopotutto sono un uomo, io.- incredibile come un bambino potesse passare da un argomento ad un'altro in così poco tempo.
L'assurdità della frase unita al senso di disagio che stavo provando mi fece scoppiare in una fragorosa risata.
Percy, dal canto suo, sorrise scuotendo il capo.
-Certo, ometto. Scommetto che morirai di paura lì dentro.-
-È una sfida?- chiese Nico imbronciato, con le sopracciglia aggrottate e la mano chiusa a pugno, come se si stesse preparando a fare a botte.
Percy scoppiò a ridere di gusto, poi alzò il mento e sghignazzò.
-Sfida accettata, campione.-
Alla fine quella che morì di paura fui io.
Innanzitutto c'è da dire che poche cose nella vita mi mettevano paura. Pochissime. Un ragno, per esempio, era in grado di farmi urlare come una pazza, anche se si trovava a dieci metri di distanza ed era completamente innocuo.
Mentre varcavamo i cancelli per entrare nella casa stregata, Nico proclamò a gran voce che, essendo un uomo, non aveva bisogno di dar la mano a nessuno. L'aria sicura con cui lo disse mi fece ridere, perché immaginavo che appena fosse comparso il primo fantasma lui sarebbe corso a piangere da Percy.
Dovetti ricredermi perché mano a mano che procedevamo in quel lungo corridoio oscuro, con sagome alate e ragnatele finte un po' dappertutto, Nico sorrideva e indicava entusiasta.
Sembrava inserito nel suo elemento naturale, e questo mi mise i brividi.
Ma non fu vedere Nico sorridere che mi mise paura.
Mentre svoltavamo un angolo particolarmente buio, con la coda dell'occhio vidi qualcosa muoversi. Mi sentivo osservata. L'atmosfera funesta e il leggero venticello che si propagava dai ventilatori al soffitto non fecero altro che aumentare il mio disagio.
E mi arrabbiai con me stessa perché ogni occasione anche lontanamente simile a quella sera, me la faceva ricordare. Mi sentivo particolarmente vulnerabile, e io odiavo essere così esposta e fragile.
Di riflesso cercai la mano di Percy che stava camminando accanto a me, tenendo d'occhio Nico.
Lui girò di scatto la testa, guardandomi sorpreso. Io, semplicemente, gli strinsi più forte la mano, mordendomi la lingua.
Non avevo intenzione né di dargli una spiegazione, né di proferire parola, ma per qualche motivo aveva bisogno di quel contatto come si ha bisogno di respirare.
Il cuore mi batteva forte, ma con la mia mano nella sua, la paura e la vulnerabilità sparirono all'improvviso, così come erano arrivate.
Ero felice che ci fosse lui, perché in due anni non ero ancora riuscita a trovare un modo per far passare quelle "crisi" di paura. E lui sembrava possedere questo potere.
Non sapevo bene come interpretare questa cosa, ma capivo che fosse positiva sotto molti aspetti.
Ben presto uscimmo dalla casa stregata, con Nico in pole position e noi che lo seguivamo.
-È stato bellissimo! Supermegafantastico! Possiamo rifarlo?- chiese entusiasta, saltellando mentre varie persone lo guardavano perplesse.
Scommetto che non avevano mai visto un bambino così felice di ritornare nella casa stregata dopo esserne appena uscito.
Percy sorrise, ma scosse il capo. -No mi dispiace, non si può entrare più di una volta al giorno nella casa.-
Nico aggrottò la fronte, incrociando le braccia al petto.
-E chi lo dice?-
-Lo dico io, ometto. Ora, sarà meglio che tu scelga un'altro gioco su cui andare, altrimenti lo faccio io. Non vuoi rischiare di andare nel tunnel dell'amore, vero?-
Dovevo ammettere che Percy ci sapeva fare con i bambini. Era consapevole che trattandoli in un certo modo, loro avrebbero fatto il contrario di quello che volevano fare in realtà.
Quello che invece non riuscivo a comprendere era il motivo per cui Percy avesse proibito a Nico di fare un secondo giro nella casa stregata.
Lui sembrò leggermi nella mente perché chinando il capo, mi sussurrò nell'orecchio: -Ho pensato che preferissi evitare di entrarci una seconda volta. Mi è parso che non ti fosse piaciuto poi molto.- Detto così sembrava che mi stesse prendendo in giro, ma nei suoi occhi non c'era traccia di scherno. Era sinceramente preoccupato per me. E questo mi colpì più di qualsiasi altra cosa lui avesse fatto prima.
Non solo aveva capito che mi sentivo a disagio, ma, con tutte le occasioni che aveva avuto per approfondire l'argomento, non mi aveva mai chiesto nulla in merito. Dovevo dargliene atto.
Abbassando gli occhi, quasi mortificata, mi accorsi con stupore che la mia mano era ancora intrecciata con la sua.
Arrossendo, mi affrettai a liberarla, per poi inserirla in tasca, imbarazzata.
Quello che sicuramente non mi aspettavo era che lui mi prendesse il polso delicatamente, e ristabilisse quel contatto, stringendola saldamente.
Preferii non soffermarmi troppo su quel gesto, perché la mia testa era già incasinata e un'analisi più approfondita sarebbe stato troppo per la mia salute mentale.
Non sapendo cosa dire, lo trascinai con me, per raggiungere Nico che continuava a parlare imperterrito di quanto fosse stata bella la casa stregata.
Ben presto, per grande dispiacere di Nico, venne l'ora di tornare sotto espresso ordine di sua madre, che lo voleva a casa prima che facesse buio.
Pensavo che durante il viaggio avrebbe continuato a parlare ininterrottamente di quanto fosse stato bello questo, e di quanto fosse stato emozionante quello. Invece, con mia grande sorpresa, poco dopo essere usciti dal parcheggio, guardando dallo specchietto retrovisore, vidi Nico addormentato sul sedile posteriore, con le gambe raccolte, la testa posata su un braccio, e il dito in bocca.
Anche Percy se ne accorse perché sorrise e scosse il capo.
-Lo sapevo che prima o poi gli si sarebbero scaricate la batterie. Quand'ero piccolo ero uno scalmanato come lui. Ne combinavo di ogni, e poi arrivavo alla sera che non riuscivo a restare sveglio più delle 9.- disse divertito. -Bei tempi, quelli.-
-Ah, quindi eri un bambino iperattivo?-
-Iperattivo? Stai scherzando? Ero molto più che iperattivo! Non riuscivo a stare fermo un minuto. Dovevo per forza fare qualcosa, altrimenti rischiavo di impazzire. Le maestre non sapevano che cosa farne di me.- sorrisi, cercando di immaginarmi una versione più piccola di Percy.
Non mi era difficile farlo, sopratutto se prendevo come esempio Nico.
-Cosa faceva tua mamma? Non deve essere stato facile crescere tutta sola un bambino come te.-
-Oh, bhe, lei limitava i danni, per quel che riusciva a fare. A sentire lei, solo il fatto che non sono morto e che non sono rimasto gravemente ferito sono già degli ottimi traguardi.- scoppiai a ridere, e per non svegliare Nico mi misi una mano davanti alla bocca
-Tua madre mi sta già simpatica. Quando torniamo a New York devi farmela assolutamente conoscere.- ed ero sincera. Quella donna aveva tutta la mia stima.
-Stanne certa, cara. Non ho dubbi che la vedrai in aeroporto. Conoscendola, sarebbe capace di raggiungermi qui se solo glielo chiedessi.- Percy amava sua madre, ne ero sicura. Dal suo tono di voce potevo capire quanto le volesse bene.
-E invece la tua, di madre? Che tipo è?- quella domanda mi colse alla sorpresa, perché erano anni che nessuno mi chiedeva qualcosa inerente a mia madre.
Per quanto non amassi parlarne, non mi dispiacque rispondere a Percy. Dopotutto era una domanda lecita.
-Beh, lei è il tipo di madre che non è portata per ricoprirne il ruolo. Diciamo che è uno spirito libero.-
Lui distolse per un attimo lo sguardo dalla strada, guardandomi in modo strano. Aveva capito perfettamente.
-Scusa, non lo sapevo. Non volevo essere indiscreto.- mormorò.
-Tranquillo, non potevi saperlo. Comunque non è una tragedia. Ad un certo punto ha deciso di fare le valigie e di andarsene. Evidentemente io e mio padre non eravamo abbastanza per lei.- dissi senza espressione nella voce. -Non è un dramma, ormai l'ho superato.-
Restammo in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nei propri pensieri.
-L'hai mai più rivista?- chiese lui, ad un certo punto.
-Solo un paio di volte in dieci anni, in occasione del mio diploma e...- e una volta quando ero ricoverata in ospedale, dopo essere stata stuprata da uno stronzo, avrei voluto dire. Ma non potevo, così lasciai la frase in sospeso.
-E...?- chiese lui, sincramente incuriosito.
-E un'altra volta.- tagliai corto, improvvisamente taciturna. -Poi, in occasione del mio compleanno, mi chiama, ma non sempre si ricorda. Io ho mio padre e questo mi basta, perciò non me la prendo tanto.-
Paragonato al fatto che lui non aveva mai conosciuto suo padre, la mia sembrava solo una barzelletta, questo lo capivo benissimo, perciò non avevo il diritto di rivolgermi a lui con quel tono duro.
-Scusa, è che non amo parlare della mia vita passata. Io ho mio padre e lui ha me. È questo l'importante, giusto?-
Per fortuna stavo parlando con una persona che mi capiva. Percy tolse la mano destra dal manubrio e la mise sulla mia, stringendola.
-Giusto.- e questo mi bastava.
STAI LEGGENDO
Love the way you live [PERCABETH]
Hayran KurguAnnabeth ha diciotto anni ed è una ragazza come tutte le altre, forse un po' riservata, forse un po' cauta. Certo è che non sente di meritarsi ciò che le accade quella sera. Il trauma subito è così profondo che non riesce più a sorridere, a ridere...