Capitolo 83- I follow your voice in the dark

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E poi ti ho visto con la forza di un aeroplano, prendere in mano la tua vita e trascinarla in salvo

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E poi ti ho visto con la forza
di un aeroplano,
prendere in mano la tua vita
e trascinarla in salvo.
-Jovanotti

Mi alzai di scatto.
Erano le quattro passate e Ryan non era accanto a me.

Non ricordavo esattamente come mi ero addormenta né quando.
Scesi dal letto infilandomi una felpa al volo. E iniziai a cercarlo per casa.

Ryan non c'era.
Nessuna traccia.
Niente.

Lo chiamai ad alta voce, cercandolo in bagno, in cucina, nella sala da pranzo.

Urlavo il suo nome ma non ricevevo nessuna risposta.

Ritornai in cameretta e notai che i suoi vestiti non c'erano, il telefono, le sigarette.
Se ne era andando.
Di nuovo.

La tachicardia prese il sopravvento, mentre cercavo invano di essere lucida e capire cosa fare.

Presi il telefono, di corsa, per chiamare Wendy e Lily, e forse anche Yuri, magari sapeva dov'era.

La prima cosa che vidi quando accesi il telefono fu un messaggio da parte di George.
Dove mi indicava orario e luogo di incontro.

Sbiancai.

Alle tre di notte alle Western Street.
Con i soldi.

Iniziai a sudare freddo, la mia mente correva e non riuscivo a fermare i pensieri.

Ryan ha letto i messaggi.
Ryan è andato al posto mio?

Ommioddio.
Era andato lui a incontrare George?

Mi sentivo confusa, agitata e in preda al panico.

Mentre mi chiedevo cosa fare, corsi a mettermi dei pantaloni e le scarpe.
Scesi correndo le scale, uscii da casa e salii in macchina alla velocità della luce.

Non stavo bene, non mi sentivo bene.
Qualcosa non andava, qualcosa mi diceva che Ryan
era in pericolo.
Sudavo freddo mentre tremando, chiamavo tutto il gruppo.

«Ryan è in pericolo! Ci vediamo alla Western Street tra venti minuti. Corri!» Riattaccai il telefono dopo aver chiamato tutti.
Ignorando i messaggi di Wendy, Katrine e Yuri che allarmati mi chiedevano cosa fosse successo.

Non avevo tempo di rispondere.
Non ora.

Il messaggio lo avevo ricevuto più di due ore fa.
Speravo, e pregavo tra le lacrime che non fosse successo niente.
Che Ryan non fosse lì.
Che non si fosse accollato i miei di problemi.
Ma qualcosa mi diceva che non era così.
Che dovevo sbrigarmi.
Dovevo arrivare lì in fretta.

Acciaccai il piede sull'acceleratore mentre con una mano provavo e riprovavo a chiamare Ryan all'infinito.
Non ricevevo nessuna riposta.
Mai.

Le lacrime iniziavano a uscire senza sosta.
Se George gli avesse fatto qualcosa non me lo sarei mai perdonato. Mai.
Lui voleva me cazzo.

Voleva me! Perché era andato lui? Perché ha deciso di lasciarmi lì così?

«Dimmi che stai bene, ti prego, ti prego» sussurravo guardando la strada, mentre il suono della cornetta senza risposta mi offuscava i pensieri.

Corsi su quella strada come non avevo mai corso.
Lo sentivo, lo sentivo nel petto che qualcosa non andava.
Mi sentivo morire e se mi fossi fermata un secondo mi sarebbe preso un attacco di panico.
Ma non potevo permetterlo.
Non ora, non in questo momento.

Dovevo correre da Ryan.
Aveva bisogno di me.

Arrivai su una stradina deserta.
Parcheggiai la macchina all'inizio del viale e non mi resi conto che tutti gli altri erano già arrivati.
Aprii la portiera, che nella fretta lasciai aperta.

E corsi.

«Evelyn!» mi chiamò Wendy mentre le sfrecciavo davanti per arrivare al capanno.

Corsi, più veloce che potei per quella strada di sterrato.
Corsi lasciando che le lacrime andassero via con il vento.
Corsi, non curandomi dei passi degli altri che correvano dietro di me.
Corsi, con il cuore in gola e la tachicardia.

Non riuscivo a prendere fiato.
Vedevo Ryan, solo Ryan in pericolo.
Sapevo che era in pericolo.

Così con tutte le mie forze, puntai la porta del capanno.
Una porta completamente bianca.

Lui era lì.
Lo sapevo.
Me lo sentivo.

Vedevo solo quella benedetta porta mentre le lacrime mi offuscavano la vista.
Dovevo correre da Ryan.
Dovevo salvarlo.
Dovevo trovarlo e sapere che stesse bene.

Mi mancava poco, ero quasi arrivata.
Quasi arrivata.

«Ryan!» strillai.

E senza rendermene conto un'esplosione mi fece saltare indietro di chilometri.

Il rumore di un'esplosione.

Il rumore vuoto di qualcosa che cade in mille pezzi.

Il rumore di una palla di fuoco che ti viene incontro e che ti sbalza completamente dall'altra parte del capanno.

Fumo, fiamme.
Era tutto rosso.
Sentivo ovattato, qualcuno che urlava.
Polvere che si era alzata, cenere che volava per aria.

Le mie orecchie si erano attappate.
Non riuscivo a muovermi da terra.
Mi sentivo immensamente pesante.
Un fischio mi crogiolava il cervello.

Provavo ad aprire gli occhi ma vedevo solo fuoco. Fuoco ovunque.

E a un certo punto.
Tra i fischi, udii chiaramente la voce di Ryan.

«Grazie Solcito»

Sorrisi.
E chiusi gli occhi.

 E chiusi gli occhi

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