PROLOGO

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CAITLYN

Sto per avere una crisi di nervi.

Rettifico: ho una crisi di nervi.

Dodici chiamate, nessuna risposta, altrettanti messaggi nella segreteria telefonica ignorati.

Sono esausta.

I preparativi per questo matrimonio, il mio, si stanno rivelando essere più impegnativi e spigolosi di quanto potessi immaginare. Dovevo aspettarmelo, d'altronde; un Dixton non si sposa tutti i giorni. E soprattutto, un Dixton non si sposa su una spiaggia "qualsiasi" di LA.

L'espressione perplessa della mia futura suocera è ancora vivida davanti ai miei occhi; ci teneva affinché suo figlio si sposasse nella loro "umile" dimora – composta da quattro piani, troppe stanze, due piscine e un campo da golf – e il fatto che io abbia osato cambiare i suoi piani, ha scaturito in lei una reazione inaspettata ma lecita. Sono due mesi che non mi rivolge la parola.

Due.

Non che io ne senta la mancanza, onestamente parlando.

Tuttavia, avrei preferito di gran lunga affrontare questa spiacevole situazione assieme a qualcuno che c'è già passato e non in completa solitudine. Ma si sa, non si può avere tutto dalla vita.

«Finirai per sprofondare al piano inferiore se non la smetti di fare avanti e indietro», Christopher mi saluta affettuosamente, baciandomi una guancia.

Il profumo deciso della sua colonia invade le mie narici, portandomi ad arricciare il naso in segno di disgusto.

«Ciao anche a te, fratellone», ribatto, bloccando il telefono e posandolo sulla scrivania.

«Non dovresti essere in riunione con papà?», chiede, accomodandosi su una delle poltrone poste in un angolo dell'ufficio.

«Potrei dire lo stesso», lo incalzo, imitando i suoi movimenti, «perché non sei di là?»

Christopher sospira, allentando la cravatta e i polsini. I suoi gemelli con lo stemma di famiglia – una H ricamata in oro con un piccolo serpente ornamentale – provocano un rumore sordo non appena incontrano il vetro del tavolino posto al lato della poltrona.

«Diciamo che abbiamo avuto un piccolo inconveniente ed è meglio che io non stia nei suoi paraggi», borbotta.

«Definisci piccolo inconveniente», l'espressione trionfante sul mio viso tradisce tutto il divertimento che sto provando in questo momento.

Christopher alza un sopracciglio in segno di disappunto, schiarendosi la gola.

«Un piccolo inconveniente da cinquecentomiladollari».

Sgrano gli occhi, perplessa.

Non me l'aspettavo.

«Maledizione, Chris», lo rimprovero, «cosa diavolo hai combinato?»

Accavalla una gamba sopra l'altra, sfiorando la caviglia esposta con una mano. Il suo tocco è leggero nonostante l'angoscia stia attraversando il suo corpo ora. Lo vedo dall'espressione tesa, dalle spalle leggermente ricurve e dai muscoli contratti. Non serve un genio per capire che il danno fatto è molto più grande della cifra appena sparata.

«Ho rotto con Samantha, la modella di Victoria's Secret», prende una pausa, «la ricordi?»

Mi prendo qualche secondo in più per pensare ma nessuna Samantha affiora alla mia mente.

E non penso di averla mai sentita nominare.

«Onestamente no», ammetto, scrutandolo a fondo, «vai al sodo, comunque».

Chris alza gli occhi al cielo per qualche secondo, tornando con lo sguardo su di me subito dopo. I suoi occhi azzurro mare s'incastrano alla perfezione nei miei; è l'unica cosa che condividiamo, fisicamente parlando. Per il resto, capelli lunghi e rossi per me, corti e scuri per lui. Fisico asciutto e poco allenato per me, muscoli e tartaruga per lui. Insomma, non si direbbe che siamo fratelli. Se non per il sangue e l'azienda che condividiamo, ovviamente.

«Mi ha chiesto un piccolo regalo che possa permetterle di tenere la bocca chiusa mentre si rilassa su un'isola tropicale», sbuffa, massaggiandosi lentamente il naso con due dita.

«La bocca chiusa?», giuro che non lo seguo. Mi sforzo ma proprio non ci riesco.

«Diciamo che ha delle foto un po'...», si guarda intorno, l'espressione sempre più tesa. «Un po' compromettenti».

Non ci posso credere. Non posso credere che mio fratello, l'uomo di quasi quarant'anni che è a capo di una delle aziende più prestigiose al mondo, si sia fatto fottere così. Nel vero senso della parola.

«Quanto compromettenti?», sbuffo, alzandomi.

«Secondo te?», ribatte, un velo d'ironia avvolge le sue parole.

«Non posso credere che tu sia stato così idiota», borbotto, avvicinandomi alla scrivania e controllando il telefono.

Nessuna notifica.

Ancora.

Potresti venirmi incontro, Dio?

«A mia discolpa posso dire che ero leggermente ubriaco», alza le mani in segno di resa.

«Questo non ti assolve dai tuoi peccati», ribatto acidula, mantenendo lo sguardo fisso sullo schermo.

«Si può sapere cosa stai aspettando?», chiede curiosamente.

«Una telefonata dalla mia wedding planner», sbuffo quando noto che non ha ricevuto i miei innumerevoli messaggi su whatsapp.

«Perché sei così tesa?», continua, alzandosi a sua volta.

Respiro a fondo, contando mentalmente fino a dieci. Inviare un altro messaggio non servirà a nulla dato che, probabilmente, mi ha bloccata. Una pec dall'avvocato? Forse quella risolverebbe le cose. Chi diavolo si comporta così dopo aver deciso di accettare un lavoro dalla portata simile?

Un'idiota, per forza.

Non ci sono altre spiegazioni.

«Sono così tesa perché», sposto lo sguardo nella sua direzione, «non ho più una wedding planner. E il matrimonio è tra un anno esatto».

«Cazzo, sei nella merda», impreca, assumendo un'espressione che è un misto tra lo stupore e il divertimento.

Già, sono nella merda. In un mare di merda.

«Forse, potrei avere la soluzione per te, però», continua, accendendo in me un barlume di speranza.


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