Cap.4 Rodeo

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CAITLYN

Il pick-up si ferma in uno spiazzale ampio. Kal frena in modo brusco, facendomi scivolare leggermente in avanti. Lo guardo in modo truce, mordendomi la lingua più volte per non insultarlo. Scende dal mezzo con una sicurezza insopportabile, seguito da Chris e Oliver. Sono l'ultima a lasciare il furgone e anche se detesto il fatto di essere l'unica donna in un gruppo di uomini, non mi dispiace la loro compagnia. Eccezion fatta per l'amico di mio fratello, ovviamente.

Mi ritrovo a osservare con il naso all'insù un locale dalle dimensioni esagerate. Sembra una sorta di collage visto dall'esterno, con la sua enorme facciata e i finestroni ovali. Ma le luci al neon e le diverse bandierine svolazzanti fanno intendere subito che no, non sono tornata al college.

«Questo è il posto?», chiedo, continuando a camminare a passo lento.

«Sì», risponde prontamente, «è di tuo gradimento?»

Sto per rispondere quando Oliver mi anticipa, stupendomi.

«Ho capito che tra di voi non corre buon sangue ma potremmo evitare discussioni almeno stasera?», il suo tono è pacato e tranquillo, «domani saremo già andati via, sopportaci per qualche altra ora».

Kal si zittisce, continuando a camminare verso l'entrata.

Ammetto che Oliver ha usato un tono un po' troppo diplomatico per i miei gusti; i tipi come Kal non devono essere trattati con i guanti bianchi, non lo meritano. Tuttavia, riconosco l'innata dote da pacificatore del mio fidanzato. Tra i due, io sono decisamente quella più focosa. In ogni occasione. Non c'è discussione che io non affronti a testa alta. Non mi piacciono le ingiustizie, gli arroganti e tutti coloro i quali sono convinti di essere un gradino in alto rispetto agli altri. A quanto pare, Kal rientra in questa categoria. E io detesto quando qualcuno agisce in questo modo. Se non fosse che è il migliore amico di mio fratello e che ho davvero bisogno di lui, non sarei qui, oggi.

I ragazzi mi danno la precedenza, facendomi entrare nel locale. Oliver mi tiene galantemente la porta aperta mentre Chris mi segue con passo felpato. Si piazza alla mia destra mentre Kal mi supera, facendoci strada. Oliver ci raggiunge in fretta, mettendosi alla mia sinistra. Pensavo che avrei passato la serata a contorcermi su me stessa e invece, con molto stupore, sono più tranquilla del previsto.

L'aria che si respira qui dentro è surreale; la sala è immensa, ci sono diversi tavoli sparsi e poltrone vintage in marrone scuro che mi ricordano tanto quelle utilizzate nei cinema degli anni ottanta. Della musica texana fuoriesce da altoparlanti datati mentre le sedie in metallo si adattano bene all'ambiente. Diverse insegne al neon e foto raffiguranti cowboy in sella ai tori costellano le pareti. Vengo attratta dall'immenso bancone con alcolici e birre in bella vista, un'insegna al neon con scritto saloon scende dal soffitto, illuminando di viola lo spazio sottostante. Ci sono delle chitarre custodite in teche di vetro tutt'intorno, piccoli sgabelli in legno e l'odore di cibo si fonde alla perfezione con quello dell'alcol.

«Non è male, dai», Chris mi dà uno scappellotto sul braccio, «cerca di sorridere o farai scappare tutti».

«Se solo ci fosse meno gente», sbuffo, spalleggiando l'ennesimo uomo sul mio cammino.

Sono vestiti quasi tutti allo stesso modo: camicie a quadri e pantaloni aderenti con cappello al seguito per gli uomini, mini abiti succinti e stivali texani per le donne. Anche le cameriere indossano degli abiti un po' troppo stretti per il tipo di lavoro svolto; una di loro ha il seno che straborda dalla camicetta bianca che fatica a contenerlo.

«Non guardarle così», Kal sembra aver intercettato la scia dei miei pensieri, «è anche un nightclub».

«Anche? Fantastica idea, la tua», ribatto acidula.

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