Cap.2 Save a horse...

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CAITLYN

Mi ritrovo seduta sulla comoda poltrona del mio jet privato accanto a Oliver e Christopher. I due chiacchierano animatamente mentre io sorseggio dello champagne in completa solitudine. Convincere mio fratello è stato meno duro del previsto ma d'altronde, si era proposto di sua spontanea volontà per partecipare a questa mini "vacanza". Il pensiero che Kal possa non aiutarmi in questa ardua impresa perseguita la mia mente da ieri notte. Ho chiuso occhio a stento e stamattina mi sento stordita e in preda all'ansia.

Non posso e non voglio deludere nuovamente le aspettative

«Dite che accetterà?», irrompo nel loro discorso senza preavviso, guadagnando occhiate curiose da entrambi.

Oliver si sistema meglio sulla poltrona mentre Chris si sofferma più del dovuto con lo sguardo sul mio viso.

«È preoccupazione, quella?», ironizza, incastrando i suoi profondi occhi azzurri nei miei.

«Piantala di fare l'idiota», l'ammonisco bruscamente, «è solo che non vorrei perdere tempo», continuo, addolcendo il tono.

«Tesoro, andrà tutto benissimo», la mano di Oliver si poggia delicatamente sulla mia coscia nuda, «fidiamoci di Christopher»

«Per una volta», aggiunge in fretta lui, guadagnandosi una linguaccia di scherno da parte mia.

Il viaggio prosegue senza ulteriori interruzioni da parte mia; Chris e Oliver hanno fatto di tutto pur di non farmi pesare la loro presenza. Hanno giocato a ping pong – sì, abbiamo un mini tavolo da ping pong installato su questo jet – hanno chiacchierato di affari e poi si sono addormentati un paio di ore. Al contrario mio, loro sono molto tranquilli. Eccessivamente, oserei dire. Soprattutto Oliver. È pur sempre il nostro matrimonio, dannazione! Possibile che solo io debba spappolarmi il fegato in diecimila pezzi a causa degli eccessivi pensieri?

Atterriamo alle dodici in punto e lo stomaco inizia a contorcersi su sé stesso per l'angoscia e la paura. E forse anche un po' per la fame. Ho mangiato un biscotto prima di uscire di casa e l'assenza di cibo inizia a farsi sentire in modo prepotente e del tutto inappropriato.

«Prendo io il tuo bagaglio», Oliver mi guarda con occhi pieni d'amore, «vai pure avanti».

Lo ringrazio con un cenno del capo e proseguo a passo svelto sulla pista d'atterraggio. Il sole cocente picchia sulla mia pelle e ringrazio di aver indossato degli short e una semplice canotta; non avrei retto, altrimenti. Le temperature sono decisamente più alte e afose di quelle percepite solitamente a Los Angeles e rimpiango già il fatto di non aver portato con me un cappello e degli occhiali da sole. Perché sì, ovviamente, li ho dimenticati.

«Dove siamo diretti?», dico distrattamente mentre mi guardo intorno.

«Lo scoprirai presto»

Christopher mi supera a passo svelto, raggiungendo un SUV nero che sembra aspettarci al lato di un marciapiede. Un uomo si precipita fuori dall'abitacolo, aprendo immediatamente il cofano dell'auto.

«Buongiorno signor Hill», lo saluta cordialmente, afferrando la sua valigia.

«Buongiorno, John. Kal ha mandato te, eh?», sorride sornione, assecondando i suoi gesti.

L'uomo annuisce con un cenno del capo, sorridendo di rimando.

Attendiamo pazientemente che anche i nostri bagagli vengano sistemati in auto e poi partiamo per la meta sconosciuta. La fresca pelle nera attutisce per un momento il calore eccessivo che provo all'altezza delle gambe anche se, a dire il vero, non basta; mi sento tremendamente agitata e sono sicura che il sudore abbia iniziato a scendere lungo il mio corpo, fermandosi in punti non proprio nascosti. Oliver sembra aver intercettato la scia dei miei pensieri; mi guarda con sguardo dolce mentre la sua mano scivola nuovamente sulla mia coscia. L'accarezza dolcemente, creando dei piccoli cerchi con il pollice e facendomi sussultare quando arriva a sfiorare la zona interna vicino al mio inguine.

Not your brideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora