Cap.12 Diamante nero

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CAITLYN

«Sei qui», sussurro leggermente imbarazzata.

«Proprio dove avrei dovuto essere, no?», ribatte sarcastico.

L'osservo incredula. È impeccabile nel suo smoking nero. Fatico quasi a riconoscerlo; si è rasato appena, ha tirato i capelli indietro con il gel e ha un viso decisamente pulito. Non c'è traccia dell'uomo burbero e privo di buona educazione che ho incontrato in Texas. Al contrario, ho davanti a me un uomo gentile, cordiale, sorridente e... affascinante. Tutte le donne nella stanza si sono voltate nella sua direzione nel momento esatto in cui lui ha fatto il suo ingresso, me compresa. Spero vivamente che non se ne sia accorto. Lo spero con tutta me stessa.

«Dovresti salutarlo, Cait. Ti stanno guardando tutti».

Persa nell'osservarlo a tal punto da aver dimenticato la presenza di Christopher al mio fianco per qualche secondo.

«Sì, certo», dico con tono sicuro.

Muovo un passo nella sua direzione ma mi blocco istintivamente quando me lo ritrovo a due centimetri dal viso. Come dovrei salutare una persona che non si sopporta? Una stretta di mano? Due baci sulle guance? Come?

Inevitabilmente, arrossisco al pensiero di noi due un po' troppo vicini nella sua piscina. Ci guardiamo per una manciata di secondi, un minuto forse. Inumidisce il suo labbro inferiore lentamente mentre i suoi occhi saettano su tutto il mio corpo. Mi sento improvvisamente nuda, decisamente troppo esposta. Sarà forse il fatto che nessuno dei presenti si è soffermato così tanto a osservarmi da quando la serata è iniziata ma sento una strana morsa stringere il mio stomaco.

Inaspettatamente, è lui che fa il primo passo verso di me.

«Ciao Caitlyn», sussurra, afferrandomi per la vita e baciandomi sulle guance, «sei...»

Per un attimo il terrore invade il mio corpo, spaventata all'idea che possa insultarmi senza farsi alcun problema.

«Splendida», conclude, indugiando più del dovuto a due centimetri dalle mie labbra.

Penso di aver smesso di respirare. O almeno, non percepisco più il mio battito. Tutto ciò che sento è la pressione del suo sguardo dritta nelle mie ossa, nelle mie viscere, ovunque. Ha sempre avuto uno sguardo così magnetico?

«Grazie», indietreggio, uscendo dalla sua presa. «Stai bene anche tu».

Kal sorride di rimando, consapevole forse della mia piccola bugia.

In realtà, è davvero splendido. Forse l'idea che non potesse presentarsi qui o peggio l'idea che lui non potesse presentarsi qui in queste vesti, non mi ha permesso di immaginare uno scenario simile. Ma ad essere onesta, la fantasia non potrebbe mai essere migliore di questa realtà.

Spero solo che vada tutto bene.

Deve andare tutto bene.

KAL

Maledizione a me.

Sapevo che non avrei dovuto cedere alle preghiere di Christopher.

Questo posto non fa per me, mi sento un pesce fuor d'acqua. Nonostante io frequenti spesso feste di questa portata – se non più influenti e prestigiose – mi sento eccessivamente nervoso per i miei gusti. È tutto troppo; troppo elegante, troppo sfarzoso, troppo intimo.

Ero convinto che avrei rivisto Caitlyn e gli altri tra qualche settimana, mese. Non subito. Non mi sono preparato psicologicamente per affrontare tutto questo. E ora mi ritrovo a sorseggiare champagne di ottima annata, circondato da gente che non sopporto, con uno stupido sorriso falso stampato in viso.

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