Cap.10 Ira

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CAITLYN

«A cosa ti riferisci, papà?»

Sento che potrei balbettare da qui a poco per l'angoscia. Non credo di averlo mai visto così teso in volto; arrotola energicamente le maniche della camicia lungo le braccia, fermandole con un gesto secco all'altezza dei gomiti. Christopher non ha più quel sorriso sfacciato e impertinente che solitamente anima il suo viso. Lo sento respirare affannosamente al mio fianco mentre tiene le braccia incrociate al petto.

«Mi riferisco a questo, Caitlyn», pronuncia il mio nome con un tale disprezzo da farmi rizzare tutti i peli presenti in corpo.

Gira lentamente lo schermo del computer portatile nella nostra direzione, invitandomi a osservare la fotografia. O meglio, l'articolo di giornale. Io e mio fratello ci avviciniamo all'unisono alla scrivania, piegandoci leggermente in avanti per leggere meglio.

Non ci posso credere.

Il cuore perde un battito. E un altro ancora.

Mi basta spostare leggermente lo sguardo sui fogli presenti al di sotto del computer per capire che non solo le testate giornalistiche online sono piene della mia faccia spiaccicata in bella vista ma... lo sono anche i giornali cartacei.

La futura signora Dixton alle prese con una rissa in un noto locale del Texas. Chi è l'uomo che la stringe tra le braccia? Perché Oliver Dixton è accerchiato da un'altra donna? C'è forse aria di crisi tra i due?

È un disastro. Anzi, una catastrofe. La peggiore delle calamità.

«Posso spiegare...», tento di giustificarmi, cacciando indietro le lacrime che premono per poter scorrere lungo le mie guance.

«Puoi spiegare?», il suo tono ironico è tagliente, «non basterebbero tutte le scuse del mondo per giustificare e spiegare questo».

«Papà...»

«No, tu stai zitto», lo interrompe prim'ancora che possa aggiungere altro, «è una questione tra me e tua sorella».

Deglutisco a vuoto. La mia gola è più secca del deserto del Sahara. Credo di non avere più saliva a disposizione. Le gambe sono molli, così come lo sono le braccia; ho la pelle madida di sudore e i palmi delle mani sono quasi doloranti a causa delle unghie che sto ficcando dentro a ripetizione.

Christopher mi rivolge uno sguardo sconfitto; gli sorrido teneramente.

Non è la sua battaglia questa.

Sapevo che un gesto avventato avrebbe potuto scatenare un polverone dalla portata mediatica simile a questa.

Lo sapevo ma non ho comunque fatto nulla per impedirlo, anzi.

«È successo tutto a causa di una donna che ha ben pensato di mettere le mani su Oliver», parlo piano, scandendo ogni parola.

Lo sguardo freddo e distaccato di mio padre non è assolutamente d'aiuto; continuo a fissare i suoi occhi e fatico a riconoscerlo. È come se avessi davanti il freddo uomo d'affari e non l'amorevole padre che mi ha cresciuta con tanto affetto, concedendomi tutto ciò che di più bello esiste al mondo. Non lo riconosco. Non riconosco il padre che dovrebbe difendere i propri figli da tutto. Anche da sé stessi, se necessario.

«E secondo te questo dovrebbe interessarmi?», la sua calma apparente è quasi più preoccupante di tutto il resto, «sei finita su tutte le prime pagine d'America, Caitlyn. Ne sei consapevole? O forse pensi che tutto questo sia uno scherzo?»

Letale. Il suo sguardo è letale. Tanto quanto la sua lingua.

«Lo so e mi dispiace per questo», rispondo sinceramente, «ma non era mia intenzione, lo giuro. È solo che non ci ho visto dalla rabbia e ho agito d'impulso. Perdonami».

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