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Katherine


Ho sempre amato correre.
Specialmente negli ultimi anni, mi aiuta a combattere l'insonnia.
Dal giorno dell'incidente mi è capitato spesso di uscire presto la mattina per andare a correre e prendere un po' di quell'aria che iniziava a mancarmi durante la notte.

E non ero la sola.

Di tanto in tanto anche John si univa a me. Dopo che lo studio di famiglia è stato chiuso, aveva iniziato a lavorare a Thrumpton, perciò, doveva alzarsi presto per raggiungerla e così mi faceva compagnia per un pezzo del tragitto.

John era un uomo di poche parole e questo a me stava più che bene. Sapevo che lui fosse a conoscenza dei miei problemi di insonnia, tuttavia, non ha mai detto nulla alla zia e non è mai venuto da me a dirmi qualcosa.

Lui parlava con i gesti, comunicavamo così io e lui.
Il fatto che ci allenassimo insieme mi faceva sentire in qualche modo sicura.

Anche se ci scambiavamo solo qualche parola di circostanza, avvertivo la sua presenza come un porto sicuro al mio fianco e a quello della zia.

Naturalmente non era la stessa cosa per lui.

Da quando era andato via avevo sospeso per un po' le mie mattinate di corsa per prendermi cura della zia Jane.
L

ei non ne è mai stata a conoscenza, sia io che John eravamo molto discreti a riguardo.

La motivazione era semplice, se avesse saputo che trascorrevo le notti insonnie e le curavo con una semplice corsa mi avrebbe spedita di nuovo dalla strizzacervelli ed io volevo evitarlo a tutti i costi.

Mia zia non aveva bisogno di altre preoccupazioni, è sempre stata troppo fragile malgrado sia un medico e abbia a che fare con la morte tutti i giorni.
Ora che siamo solo io e lei è molto più facile nasconderle questa parte della mia vita.

Sono uscita da circa mezz'ora, l'alba è sorta da poco. Ho dovuto cercare di fare il più piano possibile poiché la zia Jane ha rimandato il suo primo giorno di lavoro a domani per potermi accompagnare all'università. Ieri sera si é addormentata sul divano mentre esaminava le cartelle cliniche dei suoi nuovi pazienti.

Qui a Seattle le temperature sono molto più glaciali che a Nottingham, per questo motivo ho dovuto indossare una vecchia tuta di John così da potermi riscaldare.

Sono appena le sei del mattino e il cielo è colorato da sfumature di rosa che divengono sempre più chiare all'avanzare del tempo.
Le rondini si librano in volo creando una vista talmente romantica da sembrare di ammirare un dipinto.

Conosco l'alba a memoria, la attendo quasi tutte le mattine con l'illusione che possa polverizzare le ombre che di notte vengono a trovarmi da così tanto di quel tempo, da non ricordarmi più come sia dormire un sonno tranquillo, piacevole, ingenuo.
Correre e guardare l'alba mi fa immaginare di rivivere quegli anni in cui i miei sonni erano delicati e magici, come il cielo al sorgere del sole.

Anni in cui ero impaziente di chiudere gli occhi per scoprire in quale mondo colorato sarei giunta o semplicemente con quanta pace mi sarei risvegliata.

Non temevo il calar del sole, il tramonto non mi inquietava e la luna non mi impressionava a tal punto da non poter sopportare di vederla.

Adesso dormire è letteralmente un incubo.

Non c'è più nessuna favola, nessun posto incantato, nessuna melodia armoniosa. Sono stati spazzati via dal buio fitto di quella notte, dal rumore dell'impatto brusco, dai vetri che si schiantano al suolo e dalle grida.

Stronger Than AllDove le storie prendono vita. Scoprilo ora