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Katherine


I giorni sono volati senza che me ne accorgessi.

Tra l'Università e lo stage dagli Evans, sono stata sommersa di impegni e lavoro da sbrigare.

Ho cominciato ad orientarmi nell'attico prestigioso di Diego, malgrado la mia riluttanza nel condividere il mio tempo con suo figlio, sono riuscita a trovare un equilibrio.

Credo ancora di non essere all'altezza del cognome di mio padre e sono ancora fermamente convinta che tutti-specie la zia Jane-abbiano commesso un errore a caricarsi di tante aspettative su di me.

Nonostante ciò, il tempo che trascorro nello studio mi aiuta a potenziare le mie abilità, seppur da novellina, e riesce a far conciliare lo studio acquisito alla pratica.
Inoltre, il team di professionisti di Diego è molto disponibile con me, mi guidano e mi assegnano lavori che possano migliorare le mie prestazioni.

Le tecniche che imparo con loro mi hanno riportata a disegnare.
Prima non lo facevo più tanto spesso, adesso invece trascorro la metà del tempo libero a creare nuovi schizzi, a cogliere i dettagli e, tra un corso e l'altro, ho ricominciato a riprodurre tutto ciò che c'è intorno a me.

Seattle è talmente bella che sarebbe impossibile creare qualcosa che possa darle davvero il giusto onore, però mi piace provarci.

Ho scoperto quanto sia rilassante sedermi su una delle panchine di fronte al porto che affaccia ai ferry boat, prima del tramonto. E quanto sia immensa la torre Space Needle se vista da vicino, così imponente da farti sentire un magone al cuore, ma di quanto risulti minuscola se osservata da lontano, che brilla assieme ai grattacieli della città spiccando tra tutti.

Mi piace riacquistare, anche se per poco, un contatto con le mie emozioni che non sia per forza burrascoso. Mi fa sentire in un certo senso stabile.

Una cosa che non si può dire del rapporto tra me e Adrian Evans.

Ogni volta che io dico qualcosa per lui è sbagliata. Se io scelgo rosso, lui dice nero. Se io cerco di essere collaborativa, lui mi provoca e finisce sempre in una guerra a chi ottiene l'ultima parola.

Non riesco davvero a capirlo.

Ho incontrato altri ragazzi sicuri di sé e con la riposta sempre pronta in passato e ho sempre saputo gestirli, ma lui è così diverso.

Non riesco ad inquadrarlo, delle volte mi sembra che sia diviso a metà.

Ha un atteggiamento ironico, mi parla come se fossi una bambina e si compiace delle mie reazioni aggressive, si comporta con spavalderia e con profonda saccenza.
Altre volte, invece, l'ombra che gli costeggia il volto si fa più scura ed è autoritario, severo, rigido e composto.

L'ho osservato molto durante i nostri incontri allo studio, e quando non è impegnato a dettare ordini e a impartirmi lezioni, un'altra facciata della sua personalità si fa più nitida.

Ha lo sguardo di chi ha vissuto mille vite o di qualcuno che ne ha vissuta una devastante.

È proprio questo che lo rende così irresistibile e pericoloso: la sua capacità di navigare tra il caos e il controllo, di indossare la maschera della razionalità quando sotto la superficie infuria una tempesta.

Stronger Than AllDove le storie prendono vita. Scoprilo ora