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Adrian


L'immensità dello studio Evans mi accoglie quando varco la soglia d'uscita dell'ascensore.

Raffinato nelle sue pareti avorio, è invaso da professionisti e specializzandi che si muovono da una parte all'altra alla ricerca della perfezione.

I ricordi dei pomeriggi trascorsi in questo luogo riaffiorano con una certa insistenza.

Nonostante non l'abbia mai ammesso, mi è sempre piaciuto soggiornare nell'edificio dall'accoglienza gentile, adornato da sculture di classe e dal designer accurato di Diego.

I primi anni mi ostinavo a combinare qualche casino cosicché mi avrebbero rispedito a calci in orfanotrofio.
Ricordo di aver fatto scattare l'allarme anti-incendio durante una conferenza importante, in cui presenziavano diversi ministri per cui l'azienda aveva progettato nuove strutture per il Parlamento.

Un'altra volta, invece, avevo rovesciato di proposito il thè bollente sulla futura regina di Liechtenstein per la quale avevano ideato nei minimi particolari la villa reale.

Per non citare gli innumerevoli danni che avevo procurato per tutta l'azienda.

Qualcun altro al posto loro mi avrebbe mandato via al primo oggetto di valore che avevo distrutto, e ce ne sono stati parecchi nel corso della mia adolescenza.

Ero un vero diavoletto, si.

Ma Diego ed Elizabeth non hanno mai mollato.
Sono sicuro che li avessero implorati di sbarazzarsi di me il più in fretta possibile, ero diventato un intralcio dopotutto.

Eppure, gli Evans erano di tutt'altro avviso e, anche se col tempo ho iniziato ad apprezzare questo posto, riportarmi da dove sono arrivato era la scelta giusta.

Sarebbe stata la cosa migliore da fare per tutti.

<<Buongiorno Adrian, gradisci del caffè?>>, la segretaria di mio padre mi viene incontro con una tazza tra le mani e il solito sorriso allegro, lo stesso che mi accolse la prima volta che ho messo piede in questo posto, alla veneranda età di dieci anni.

È una donna sulla cinquantina, lavora a fianco di Diego da più tempo di chiunque altro qui dentro, se non altro è una delle poche che tollero.

Sfilo la tazza dalle sue mani irritato, senza ringraziarla.
È abituata ai miei modi da anni ormai.

<<Saltiamo gli inconvenienti, dov'è mio padre?>>, chiedo andando dritto al punto.

<<È nella sala riunioni, al momento è occupato con una specializzanda>>, m'informa con la gentilezza che la contraddistingue.

Sbuffo sonoramente.

<<E allora che cazzo faccio io qui?>>, rispondo bruscamente, pentendomene subito dopo.

La nottata insonne al club comincia a manifestarsi e Diego non fa altro che tenermi sulle spine da settimane.

Maledetto me quando ho accettato di rientrare a far parte dell'azienda.
Avrei dovuto dettare le mie condizioni prima di accettare.

Mi passo la mano sul viso <<Senti Evangeline, dì a mio padre che sono passato e che se avesse bisogno di parlarmi, mi trova al Nyx>>, affermo con fare sbrigativo.

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