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Katherine

Buio.
É tutto tremendamente buio.
Ho come la sensazione che i miei occhi siano incollati tra loro, sigillati da una forza maggiore.
Fa freddo, il gelo della notte mi congela le ossa, lo sento quasi impercettibile che mi marchia la pelle.
Avverto un liquido caldo che si contrappone al fresco nell'aria.
Mi brucia... il viso, le mani, il collo. Non capisco. Provo a muovermi, ma il mio corpo non risponde.
Sono bloccata, come se qualcosa di pesante mi schiacciasse il petto.
Cerco di respirare, ma l'aria entra a fatica, densa e satura di fumo.
Un rumore assordante esplode nelle mie orecchie, un fragore di metallo che si spezza, vetri che si frantumano, grida soffocate.
Il mio cuore batte all'impazzata, ma attorno a me è silenzio.
Un silenzio innaturale.

Mamma? Papà? Ryan?

Cerco di chiamarli, ma non riesco a emettere suoni. Solo un eco vuoto risponde al mio grido muto. Provo a guardare intorno, ma vedo solo ombre. Sagome indistinte che si muovono nel buio, come se stessero danzando attorno a me, sfiorandomi appena, lasciandomi brividi.
Un odore pungente riempie l'aria, ferroso, familiare.
Sangue.
Il mio stomaco si contorce.
Poi lo vedo.
Mio padre in un bagliore lontano.
E dietro di lui... una figura.
Una figura che mi osserva, immobile. Non riesco a vedere il suo volto, ma sento il suo sguardo su di me, come se mi stesse giudicando.
Il buio mi avvolge di nuovo, più denso, più soffocante.
E poi... l'impatto. Il suono è assordante, tutto esplode in un urlo disumano.

<<Katherine!>>

Mi sveglio di soprassalto.
Sudata, ansante e con la tachicardia a mille.
Ho come l'impressione che il cuore mi sia scoppiato nel petto.
I brividi mi percorrono le braccia rapidamente facendomi inghiottire dall'inquietudine.

La piccola lucina in fondo alla mia stanza sembra dissolvere le ombre nere che volano veloci davanti ai miei occhi, oscure e raccapriccianti.

<<Era solo un sogno...solo un sogno>>, mormoro tra me e me.

Mi siedo sul letto, toccandomi la fronte sudata con aria stanca.
Getto un occhiata all'orologio che lampeggia le 04:00 del mattino.

Sbuffo sonoramente, conscia del fatto che saranno ore infinite alla rincorsa del sonno che, so perfettamente, non arriverà.
Scosto le coperte e decido di alzarmi dirigendomi in bagno.
Non ho bisogno di incontrare il mio riflesso allo specchio, so già in quale aspetto terribile riverso.

La pelle chiara sarà ancora più pallida, adornata da profonde occhiaie violacee e lo sguardo segnato dal terrore del ricordo.

Frammenti di momenti vividi, eppure, alcune volte mi sembrano così irreali.
Quasi come se non fosse mai accaduto, come se la mia mente volesse torturarmi con immagini sfocate e alternate a istanti di proiezioni inventate.

Ho sempre avuto una fervida immaginazione.
Il papà me l'ha sempre detto, tendevo a idealizzare, creare, fantasticare plasmando la realtà ad un mondo fiabesco, un universo che non c'entra nulla con quello crudele e velenoso in cui abitiamo.

Quanto vorrei che la mia mente avesse solo creato tutti quegli scenari orribili, quanto vorrei uscire dalla mia stanza e trovarli ancora tutti lì, quanto vorrei rifugiarmi tra le braccia di mio padre, ascoltarlo per ore narrarmi la mia favola preferita, quanto vorrei addormentarmi col suono dolce del canto della mamma, mano nella mano con Ryan.

Quanto vorrei...
Quanto vorrei non aver rovinato tutto.

                                 
***

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