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Katherine


Cammino per le strade, ormai buie ma comunque reattive, ancora per qualche ora prima di tornarmene a casa.
Sembra che la notte non rappresenti alcun problema per gli abitanti di questa città. Se mi fossi trovata a Nottingham a quest’ora avrei avuto solo i lampioni a farmi compagnia nella strada di ritorno.

Qui invece, ci sono insegne di ristoranti, di negozi e locali che luccicano da far sembrare che il sole non sia ancora calato.
L’ebbrezza notturna mi solletica il viso e fa svolazzare i capelli da una parte all’altra.

Mi stringo nella giacca che ho indossato di fretta prima di uscire.
Guardo ancora la città e non posso fare a meno di ammirarne la bellezza.

Seattle di notte ha un fascino diverso da quello che ho potuto scorgere di sfuggita questa mattina.
Il buio gli sta d’incanto, macchiato dalla luce delle case, dall’atmosfera autunnale. Il soffio del vento spazza via le foglie giallastre e rosse incastrate tra quei rami ruvidi.

Mi ritrovo a pensare che nella vita ci siano persone che vengano strappate dal loro nido, dalla loro casa con la stessa potenza con cui il vento lo fa con le foglie.
Senza chiedere il permesso, senza un minimo di considerazione.
Si viene fatti cadere dai propri rami e poi lasciati calpestare dalla gente, incurante del loro valore.

Estraggo il libro dalla borsa per distrarmi da quello scenario che la mente mi ha proiettato.

La figura rappresentata si vede a malapena ma i caratteri del titolo sono ancora leggibili:

La Bella e la Bestia.

Non sono mai riuscita a separarmene, persino durante l’incidente, era accanto a me tra i vetri rotti e il sangue che sgorgava.
C’era in ospedale, in tutti gli anni che mi separano da quel giorno, sin da quando il papà me l’ha regalato per il mio settimo compleanno.

<<Sei un bastardo>>.

Mi arresto di colpo nell’udire delle voci maschili.
Mi rendo conto di aver percorso la strada che porta a casa mia inconsapevolmente.

Individuo delle ombre vicino al viale che conduce alla mia abitazione.
Mi decido a passargli a fianco e fare finta di nulla.

A passi lenti li raggiungo cercando di sembrare il più discreta possibile ma mi blocco nell’udire un grido.

‘Perché proprio a me?’.

Mi nascondo dietro la colonna della casa lì vicino.

'Forse dovrei chiamare qualcuno...'

<<Ti ho detto che io non lo so!>>, grida quella che sembra essere la vittima della situazione.

<<E invece io credo proprio che tu lo sappia>>

L’uomo che ha urlato è inginocchiato con il naso grondante di sangue. Distolgo lo sguardo a quella visione e lo porto ai due in piedi.

Quello alla destra dell’uomo sembra avergli sferrato un pugno a giudicare dalle nocche insanguinate.
Ha un cappuccio e il lampione rivela solo metà volto, a constatare dall’aspetto sembra più giovane dell’uomo a terra.

Il terzo invece è di spalle, di fronte all’uomo.
Visto da questa angolazione ha una corporatura molto più ampia e muscolosa del ragazzo al suo fianco ma non saprei dire se è più giovane o più vecchio.

‘Ma che succede, io voglio tornare a casa!’

<<Te lo chiedo un’ultima volta. Dov’è tuo fratello?>>, continua il ragazzo.

Stronger Than AllDove le storie prendono vita. Scoprilo ora