PROLOGO

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Nove anni prima

La paura è la condanna peggiore che possa esistere al mondo.

Essa ci imprigiona, ci rende schiavi e vulnerabili.
Non è facile per noi umani scinderci tra la paura e la realtà. La nostra fragilità ci impone di cedergli e lasciarci annientare.
Spesso ci serve, riesce a dimostrare il valore che attribuiamo alle cose, ai sentimenti, alle persone. Quando si ha paura di perdere qualcuno che si ama, si farebbe qualsiasi cosa per far sì che questo non avvenga mai.
Ma la paura che si presenta come forma di pericolo è la peggiore.
Non rispondi delle tue azioni, sei in costante agitazione e avverti la brutta sensazione che qualcosa di orribile stia per accadere.

Quella paura ti consuma, ti logora, ti lascia senza respiro.
Ti senti impotente di fronte ad essa, incapace di mandarla via e di contrastarla.
Ho avuto paura nella mia vita, tantissime volte.
Temevo di non riuscirmi a sottrarre dal severo e rigido futuro che i miei genitori avevano pianificato per me. Temevo che non sarei mai riuscita a far sentire la mia voce, a farmi amare con tutte le mie imperfezioni o a realizzare quei sogni silenziosi e solitari che giacevano nel mio cuore.

La più grande paura che mi sono ritrovata ad affrontare è stata la genitorialità.
Più quelle vite crescevano in me, più mi domandavo: "Ne sarò in grado?".
Il solo pensiero di dare ai miei figli l'infanzia che ho avuto io mi terrorizzava e l'idea che un giorno il mio matrimonio sarebbe diventato freddo, cupo e distante come quello dei miei genitori mi mangiava da dentro.

Ma poi, con il tempo, ho capito che per quanto quella paura potesse essere grande e persistente sarei riuscita a contrastarla, perché io non ero come i miei genitori.
Nessuno di noi lo è.
Questa è una paura che sorge nel momento in cui ci si rende conto di non aver avuto un esempio a cui potersi ispirare. Malgrado tutto, è una verità che ho iniziato a vedere nitida quando mi sono trovata davanti le vite umane che avevo generato.

E noi avremmo fatto il meglio per loro.
Adesso, tuttavia, ci troviamo ad affrontare la paura di poterli perdere.
Una paura che potrebbe spezzarti per quanto è incombente.

<<Sei ancora preoccupata?>>
Harry mi posa una mano sulla spalla con dolcezza.

Si siede accanto a me nel silenzio ad ammirare i nostri bambini dormire.
Lo facevamo ogni volta che c'era qualcosa che non andava, venivamo qui di soppiatto e li osservavamo dormire beati nel loro mondo ingenuo.
Questo riusciva a tranquillizzarci sempre.

<<Ho un brutto presentimento>>, rifletto sottovoce in modo tale che solo lui possa sentirmi.

<<Non devi tormentarti, Evans ci aiuterà e risolveremo ogni cosa. Possiamo fidarci di lui>>, annuisce convinto.

Per quanto le sue parole siano delicate, tranquille e calme, il mio cuore non lo è.
Mi fido di lui più di chiunque altro al mondo, ma siamo davanti ad un ostacolo ben diverso da quelli che abbiamo superato nel corso degli anni.

<<Confido e non metto in dubbio le sue capacità...>>

<<...ma sai meglio di me che quell'uomo è malvagio, c'è qualcosa in lui di così maligno da farmi tremare. L'hai sentito tu stesso, è fuori di senno e questa situazione sta diventando pericolosa per te>>, stringo la mano in un pugno.

Il mio istinto di sopravvivenza si attiva ogni volta che lo nominiamo, ormai il mio cervello lo ha associato a tutte le cose che ha fatto, alle cose che sono uscite dalla sua bocca: le parole di un uomo avido e squilibrato.
Con la coda dell'occhio lo scorgo alzare una mano per posarla delicatamente sulla guancia della nostra bambina.
Vi lascia una lieve carezza e i miei occhi corrono a guardarli con adorazione, entrambi nei loro letti, a sognare ignari della nostra presenza accanto a loro.
Harry smette di accarezzarla e con la voce chiara e limpida torna alla nostra conversazione.

<<È proprio per questo che andrò a Seattle, farò in modo che questa situazione finisca al più presto>>, dichiara calmo, ma deciso.

<<Non è a questo che mi riferisco Harry>>, dico in preda all'agitazione.

<<Parlami, che succede?>>

<<Ho paura per la nostra famiglia, per la tua incolumità. Non voglio che tu parta senza di me, non mi sento sicura>>, mi lascio andare ad un profondo respiro.

<<Meredith>>

La sua mano afferra la mia inaspettatamente, così mi volgo a guardarlo.
Il cuore sembra agitarsi nuovamente ma questa volta per l'impatto che i suoi occhi hanno su di me. Sono così pieni di vita e speranza che me ne innamoro ancora.
Non avrei mai saputo spiegare l'effetto che Harry scaturisce in me, è come trovarsi dentro una radura in cui il sole batte alto e l'odore della natura fresca invade l'aria. Un posto dove c'è quiete e freschezza, il luogo in cui posso rifugiarmi quando c'è troppo rumore.

<<Tornerò da te prima che tu te ne accorga>>, sorride intrecciando le sue dita alle mie in una presa forte e carica di conforto.

Scuoto la testa <<È troppo rischioso e se qualcosa andasse storto?>>, chiedo con la preoccupazione ad espandersi nella mia espressione.

Le sue labbra si posano sul dorso della mia mano, prima di incastrare i suoi occhi nei miei, come gesto di rassicurazione, e sussurrarmi:

<<Andrà tutto bene, qualunque cosa accada troveremo il modo di farcela per i nostri figli e per noi, te lo prometto. Alla fine di questa partita saremo i vincitori>>

E io gli credo, gli avrei creduto sempre.

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