capitolo nove

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Il suono del telefono che squilla mi fa svegliare di colpo.
Sento Marc che grugnisce e poi cambia posizione però sta ancora dormendo.
Afferro il telefono che si trova sul comodino e sul display leggo: numero sconosciuto.
«Pronto?» Rispondo con un filo di voce. «Chi è?»
Sento dei rumori confusi in sottofondo e poi la voce di una donna che mi domanda: «Lei è Alice Young, giusto?»
«Sì... Perché?» Sussurro confusa, chi mai potrebbe chiamarmi nel bel mezzo della notte.
«Avrei bisogno che venisse al più presto all'ospedale Mckenzie, sua mamma sta male, ha avuto un incidente automobilistico.»
Per un attimo mi si blocca il cuore ma poi mi affretto a chiedere: «Lei sta bene?»
«Adesso si.» Risponde la donna con dolcezza. «Però ha chiesto di lei, è sua figlia?»
«Sì. Arrivo subito, mi dia il tempo di vestirmi e sono lì.» Chiudo velocemente la chiamata e poi telefono a John.
«Alice? È successo qualcosa?» Risponde preoccupato dopo circa venti squilli.
«John, mia mamma ha avuto un incidente! Riesci a portarmi al Mckenzie?» Le lacrime mi rigano il viso e con il dorso della mano cerco di asciugarle.
«Sì, tesoro. Arrivo subito.» Dice prima di riattaccare.
Cercando di fare meno rumore possibile apro l'armadio e cerco dei vestiti adatti da mettere. Prendo una camicia azzurra a maniche lunghe ed un paio di jeans grigi, poi tiro fuori dal cassetto dell'intimo color pesca e vado in bagno a lavarmi.
Ritorno in camera per indossare il tutto. Prima di uscire dalla stanza, mi avvicino al letto e do un bacio tra i capelli a Marc, gli accarezzo la guancia e mi affretto ad andare in salotto per mettermi un paio di All Stars azzurre.
Gli scrivo un post-it dicendogli dove vado.
Esco velocemente di casa e mi metto seduta sul marciapiede ad aspettare John.
La via è illuminata a stento da alcuni lampioni e le stelle mi vegliano dal cielo.
Con tutto questo trambusto non mi sono neanche preoccupata di guardare le ore.
Tiro fuori il telefono dalla tasca dei jeans e con stupore vedo che sono le quattro del mattino.
Mi sento terribilmente in colpa per non essere andata da mia madre i questi giorni, lei è una donna di cinquant'anni che si è data da fare tutta la vita per la sua unica figlia.
Mio padre è morto dieci anni fa e a stento ricordo il suo viso, lui non era mai a casa. Passava lunghe giornate nei pub a bere e qualche volta, mi ha raccontato mia mamma, è ritornato a casa strafatto.
Lo odio. Lui non mi ha mai voluto bene e non amava neanche mia mamma dato che la picchiava tutte le sere.
I faretti dell'auto di John mi risvegliano dai miei pensieri.
Ferma la macchina davanti a me e mi invita a salire.
"Grazie John." È l'unica cosa che riesco a dirgli prima di crollare in un pianto disperato.
Cerca di consolarmi ed intanto guida verso l'ospedale Mckenzie.
Il viaggio non è molto lungo ma per tutta la durata non faccio altro che piangere.
Quando arriviamo davanti all'edificio imponente, mi getto fuori dalla macchina e corro nella hall dell'ospedale.
Non c'è nessuno, a parte qualche volontario del pronto soccorso che vaga qua e là. Mi avvicino alla reception e chiedo alla donna dietro il bancone dove si trova mia mamma.
"La signora Hudson è ricoverata nella stanza 394 del corridoio E." Risponde con voce annoiata come se il suo lavoro le pesasse.
La ringrazio velocemente e con John, che intanto mi ha raggiunta, prendo l'ascensore per andare alla camera 394.
L'aria nella cabina è soffocante e il fatto che John non dica niente per rassicurarmi, non aiuta.
Quando finalmente le porte si aprono, corro attraverso un corridoio che puzza di disinfettante e le pareti bianche trasmettono una strana sensazione di angoscia.
Leggo velocemente i numeri accanto alle varie porte: 390... 391... 392... 393... 394, finalmente sono davanti alla camera di mia mamma.
Busso leggermente e subito un'infermiera si avvicina a me.
"Sta dormendo. Forse è meglio se passi tra qualche ora." Dice con voce assonnata.
"No! Ho bisogno di vederla subito!" Grido con la voce che si spezza ad ogni parola.
"Calmati ragazza. Lei sta bene." Cerca di farmi allontanare dalla camera.
John mi prende per le spalle e mi strascina via.
"Alice, calmati. Ti hanno detto che sta bene. Forse è meglio se torniamo a casa e ritorniamo qui dopo. Che ne dici?" Sussurra con voce gentile.
Annuisco e lui mi prende per mano.
Ritorniamo alla macchina e poi lui mi accompagna a casa, promettendomi che sarebbe passato alle nove per ritornare da mia mamma.

+

Quando finalmente sono di nuovo nel mio piccolo e famigliare appartamento, mi tolgo le scarpe e vado in cucina per farmi un tè bollente. Tanto sono sicura di non riuscir più ad addormentarmi.
Dopo qualche minuto la bevanda calda è pronta, quindi posso mettermi seduta comoda sul divano a guardare qualche stupido programma televisivo che passano alle cinque di mattina.
Finisco con il guardare qualche vecchia puntata di Ghost Whisper però dopo mi sento terribilmente priva di forze e decido così di andare a stendermi un po' sul letto.
Marc, naturalmente, non si è mosso e continua a dormire beatamente.
Cerco di addormentarmi ma non ci riesco, anche se sono terribilmente stanca.
Vorrei essere vicina a mia mamma in questo momento.
Vorrei stringerle la mano e dirle che va tutto bene.
Penso che dovrei mandare un messaggio a mio zio, nonché suo fratello, per dirgli che mamma ha avuto un incidente e così lui potrebbe avvisare gli altri parenti.
Cerco il telefono e scorro la lista dei contatti e, quando trovo 'zio Jeremy', gli mando un breve messaggio spiegandogli cosa è successo nelle ultime ore.
Chiudo gli occhi e finalmente il sonno cala su di me.

+

Quando mi risveglio, Marc mi sta fissando e sorride non appena apro gli occhi.
"Hey piccola." Sussurra con la voce impastata dal sonno.
"Hey Marc." Sussurro a mia volta e subito mi torna alla mente cosa è successo prima.
Mi alzo di scatto dal letto e mi fiondo in bagno per lavarmi.
Sono già vestita e perciò mi affretto a guardare l'ora sul telefono.
Cazzo, sono già le nove.
Ho tre messaggi di John in cui dice che alle nove e un quarto sarebbe passato a prendermi.
"Marc, ieri sera mia mamma ha avuto un incidente con la macchina e adesso è all'ospedale Mckenzie." Gli spiego e lui si affretta a raggiungermi.
"Mi dispiace, piccola." Cinge le braccia attorno ai mie fianchi ed appoggia le labbra sulla mia testa.
Mi sciolgo nel suo abbraccio e poggio la testa sul suo petto muscoloso.
Continua a rassicurarmi per qualche minuto, poi io mi allontano da lui e gli dico che presto sarebbe arrivato John.
Coglie il messaggio e si riveste.
"Quando possiamo vederci ancora?" Mi chiede, è già sulla soglia di casa.
"Non lo so, Marc. Ti chiamo io, okay?" Gli dico dolcemente.
Lui annuisce ed esce.
Mi affretto a seguirlo perché sento il desiderio di dargli un bacio.
Lo afferro per un braccio e lo faccio girare verso di me.
Sul suo volto è dipinta un'espressione confusa che scaccio via con un bacio dolce e sensuale.
"Ciao Marc." Gli sussurro riprendendo il respiro.
"Ciao Alice." Mi ruba un ultimo bacio a fior di labbra ed apre il portone, uscendo poi.
Esco anche io e c'è già John che mi aspetta.
Oh cazzo, spero che non abbia visto Marc.
Salgo in macchina e lui mi fa il terzo grado. Naturalmente l'ha notato.
"Ho visto che è uscito di casa il tuo vicino stalker." Dice con tono che sembra tanto un'accusa.
"Si, abbiamo fatto le scale insieme. Stava andando al lavoro." Gli rispondo per sviare qualsiasi dubbio. "A che ora abbiamo la prima lezione oggi?" Cambio argomento.
"Ehm... Alle dieci, riusciamo ad andare da tua mamma e poi andiamo a scuola, okay?"
"Aspetta, vado a prendere la borsa con i libri allora." Scendo dalla macchina e mi catapulto in casa.
Dopo qualche minuto siamo in viaggio verso l'ospedale.
Ripeto i gesti che ho fatto qualche ora fa e, conoscendo la strada, arrivo in fretta davanti alla camera dove c'è mia mamma.
Busso alla porta e la sua voce roca mi dice di entrare.
Lei è sdraiata sul letto, la coperta candida è poggiata sul suo corpo magro.
I capelli mori sono spenti e gli occhi azzurri non sono vivaci come al solito.
Mi avvicino al letto e mi siedo sulla sedia accanto al piccolo comodino.
"Ciao tesoro mio." Sussurra con voce stanca.
Le stringo la mano e la porto alla bocca, lasciandoci sopra un bacio dolce.
"Mamma. Stai bene?" Le chiedo spaventata.
"Sì, tesoro. Non ti devi preoccupare. Adesso vai pure. L'università ti aspetta." Cerca di sorridere.
"No, mamma! Io sto qui con te." Ribatto, non posso lasciarla da sola.
"Sì, invece ci vai."
Mi sembra di avere ancora dieci anni, quando lei mi rimproverava.
Sorrido e le stampo un bacio sulla fronte.
"Mamma, ritorno quando ho finito." Le sorrido un'ultima volta e poi raggiungo John che intanto mi ha aspetta nel corridoio dell'ospedale.

THE GOALKEEPERS || M. Neuer & B. Leno & M. A. ter StegenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora