26-𝓛𝓲𝓷𝓰𝓾𝓪 𝓽𝓪𝓰𝓵𝓲𝓮𝓷𝓽𝓮

46 27 11
                                    

Quella che sentivo per Ares era la stessa identica sensazione che provavo per Malakay. Le situazioni si stavano incrociando e ingarbugliando ogni secondo di più.

Iniziavo a collegare i pezzi. Tutti stavano giocando con me. Clelia mi aveva appena fatto un incantesimo o qualcosa di simile e io lo sapevo benissimo. Non avevo idea di come avesse fatto. Aveva bevuto una goccia del mio sangue per poi pronunciare delle parole incomprensibili. Mi aveva legata a lui, incatenata come una bestia che tentava di rompere quelle catene ma, per quanto forte potesse tirare per tentare di spezzarle, le stesse, parevano essere sempre più robuste e la bestia sempre più debole.

Mi sentivo esattamente in quel modo. Sapevo di non provare sul serio ciò che credevo, ma quella convinzione era tanto potente quanto impossibile da sciogliere, da distruggere e, pur tentando, non riuscivo a non pensare a quell'uomo, ai suoi lunghi capelli scuri, a quegli occhi dal colore più nero della notte che si perdevano con la loro candida pupilla bianca. I tratti del suo viso divennero meravigliosi, in un attimo. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla sua pelle. Desideravo solo toccarla ed essere toccata e tutto quello che pensavo era sbagliato nel profondo, e io ne ero cosciente.

*****

Tornata nella mia stanza continuavo a osservarmi allo specchio, mentre Effe, la donna che sembrava volesse aiutarmi, mi conciava i capelli con un pettine circolare e un aggeggio che sputava aria calda da una specie di becco. Pian piano, rendeva i capelli sempre più lisci e morbidi, tipo un miracolo. Terminata l'opera divina che la donna aveva compiuto, il riflesso che vedevo non era distante da me, ma più ordinato ed elegante.

I capelli sembravano più lunghi di quanto fossi abituata a vedere. I ricci, con il loro disordine, avevano lasciato il posto a una chioma vellutata al tatto.

«Ecco, meraviglia, sei davvero splendida.» Effe lo disse, mentre portava le mani alla bocca, incredula. «Sei così bella da rischiare di fare fermare il cuore a qualcuno, mia piccola birbante», strizzò un occhio, fiera del risultato ottenuto. «Ora passiamo a tutto il resto.» Mostrò il mio corpo, seguendo la forma da capo a piedi, come a sottolineare l'importanza del concetto.

Si voltò verso l'armadio, una volta raggiunto, aprì le ante e ne estrasse, senza il minimo indugio, un abito rosso, lungo, molto lungo... esageratamente lungo.

«Effe, non pensi ci sia poca stoffa qui su», domandai, soffermandomi sul seno, «e troppa qui giù?» proseguii, sfiorandomi le gambe, a scendere.

«Perchè non hai ancora visto la schiena, Aledis.» Girò l'abito dalla parte del retro e, fino all'attaccatura del sedere, non vi era alcun accenno di stoffa.

Era un vestito bellissimo, non potevo dire il contrario, ma non poteva considerarsi uno di quelli da festa regale, dove a farla da padrona erano pizzi e merletti. La volgarità primeggiava su quella roba striminzita.

Lo indossai e iniziai a vedere l'effetto che potevo fare. Quel vestito aderiva perfettamente alle mie forme. Sul seno cadeva morbido con un laccetto che aveva la particolarità di rendere la scollatura più, o meno profonda. Due bretelle sottili, fatte di piccoli diamanti, accarezzavano le spalle fino a scendere giù per la schiena che rimaneva nuda, per davvero. Uno spacco caratterizzava il lato destro, rimaneva chiuso per poi aprirsi a ogni passo, come tanti soffi di vento, e uno strascico abbastanza lungo sfiorava il pavimento.

«Non dovrete ripassare il panno per la polvere, quantomeno.» Ero estasiata dallo splendore che rifletteva in quello specchio. Bella come non lo ero mai stata, pronta ad affrontare la stanza di Killian.

Da quando la Regina Clelia aveva insinuato che non ci fosse una camera di arsenali destinati a chissà quale donna, la mia mente non riusciva a pensare ad altro.

Behind The Soul-La libertà dietro ai suoi occhi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora