31-𝓑𝓪𝓽𝓽𝓲𝓽𝓲

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Malakay

Una bambina!

Una dannatissima bambina frignona.

Il viaggio, fino alla mia dimora, era stato a dir poco bagnato. Quelle lacrime, che Aledis non riusciva a frenare, m'infastidivano. L'avevo tenuta stretta per non perderla nell'oscurità del passaggio.

Quando ero ancora un Killiuk, il teletrasporto era fatto di colori accecanti che avrebbero potuto togliere la vista, per la loro magnificenza. Preferivo il buio che, l'essere diventato un Drasoul, mi aveva donato.

Mi divertiva passare da un posto a un altro con uno schiocco di dita, ma quella ragazzina aveva reso tutto troppo... umido.

«Mi hai sgualcito la camicia, con i tuoi drammi.» dissi non appena la liberai dalla presa, arrivati a destinazione.

«Scusami.» rispose in un sussurro.

Si lasciò andare e, sedendosi sul prato, abbracciò le sue stesse gambe, come a tentare di consolarsi.

Sentii un piccolo fastidio dalle parti di quel cuore che avevo deciso di spegnere ormai da tempo. Era minuscolo, quasi impercettibile, lo imputai a quelle lacrime che continuava a versare senza alcun senso. Rimasi in piedi, giocherellando con la scarpa sull'erba fresca.

«Beh, Fiorellino, non c'è bisogno di piangere. Ho altre camicie.» Mi voltai con indifferenza a perlustrare il posto che conoscevo come le mie tasche.

«Che problemi hai, Malakay?» chiese con un tono di sfida, mentre si alzava con aria minacciosa. «Cosa cazzo ti ho fatto?»

«A me? Niente, ragazzina. Ti ho anche salvata, ma non mi sembra di aver ricevuto ringraziamenti, da parte tua.» risposi con una leggera smorfia di arroganza.

Aledis si avvicinò al mio viso, lo strinse con entrambe le mani e lo portò, prepotente, a sfiorare le labbra con le sue. Occhi negli occhi; quella sensazione fastidiosa nel petto si fece più pesante. Mi sentivo opprimere da dentro in una confusione astratta che non riuscivo a decifrare.

«Grazie... un dannato niente!» sussurrò, digrignando i denti, per poi lasciarmi con rabbia.

Mi voltò le spalle e incrociò le braccia.

«Sei una ragazzina viziata.»

«Sei una ragazzina viziata.» ripetè, facendomi il verso.

«Anni pervenuti... due.» dissi a bassa voce.

«I tuoi, non pervenuti, invece.» Forse, non così bassa come pensavo.

Mi allontanai di qualche passo, per entrare nel palazzo. Non ero neanche annoiato, mi divertiva battibeccare con quella ragazzina. Ed era proprio quello il problema, più o meno.

«Non vuoi vedere la tua stanza, prima di cena?» chiesi, senza scompormi.

«Oh, ho anche una stanza tutta mia, wow!» disse, mostrando un finto entusiasmo. «E io che pensavo mi avessi riservato una cella in questo posto di merda.»

Si girò, finalmente, a osservare ciò che la circondava. Notai il momento esatto in cui il suo sguardo cambiò espressione. Probabilmente, immaginava di ritrovarsi in un luogo in disuso, ma le mie proprietà erano tutt'altro.

Behind The Soul-La libertà dietro ai suoi occhi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora