18. Riflessioni e polveri sottili

224 40 117
                                    

Quella mattina, Gabriel si era svegliato teso, con i muscoli doloranti, il cranio che sembrava sul punto di esplodere, saturo di pensieri, frammenti di ricordi di sogni non proprio piacevoli. E la sensazione delle labbra di Blaze sulle proprie. Le dita che continuavano a tamburellare sulla pelle in cerca, forse, di indizi su quel bacio. L'ansia per il dopo, per tutte quelle domande – troppe domande. Era il rischio che si correva, probabilmente, nel rendere impercettibile il velo che separava capo da dipendente, quando baciavi il tuo capo e quello smetteva di essere soltanto il tuo datore di lavoro, e cominciava a sentirsi autorizzato a farti domande scomode.

«Stai lavorando?»

Distolse l'attenzione dallo schermo del portatile, spostando lo sguardo su Martha, sbucata dal corridoio che conduceva alla zona notte, accompagnata da un irritante suono di tacchi. «Sì.» borbottò con poco entusiasmo, chiudendo il portatile.

In realtà, aveva smesso di comprendere il senso delle immagini sullo schermo già da un po', da diverso tempo prima della sua interruzione. Troppi pensieri, le dita che continuavano a giocare con le labbra, il ricordo del respiro di Blaze sulla pelle, la sua mano intrecciata alla propria, il calore del suo palmo, la delicatezza del suo tocco. Patetico.

«Beh, fai una pausa. Accompagnami a fare shopping!»

Aggrottò la fronte. «Perché?» era la prima volta che la donna gli chiedeva di farle compagnia in quel modo e la cosa lo insospettì.

Quanto erano legati madre e figlio? Era una situazione che non era ancora stato in grado di comprendere fino in fondo. Che Blaze le avesse raccontato del bacio?

«Perché Lucy è da un'amica. Drake è voluto andare in ufficio con suo padre. Oscar russa sotto al condizionatore,» e indicò il cane beatamente addormentato sul divano. «Fa caldo, ho quasi... anni,» ribatté, abbassando troppo la voce prima della parola “anni”, impedendogli di comprendere appieno quello che aveva detto. «E ho assolutamente bisogno di un nuovo paio di scarpe!»

Le fissò i piedi: le décolleté che indossava gli sembravano assolutamente immacolate. Sbuffò e mise da parte il portatile. «Maurice è appena andato via...»

«Fa nulla,» lo interruppe. «Guido io!»

Sgranò gli occhi stupito. «Lei guida?»

«No, di solito no, ma che ci vuole!»

«Tipo una patente?»

Martha gli rivolse uno sguardo di sfida. «E tu hai la patente?»

Avrebbe potuto mandarla a quel paese, invitarla a chiamare un taxi, ma cominciava sempre più a sospettare che lo shopping fosse tutta una trovata per ben altro. «Sì.» rispose in un sussurro contrariato.

«Visto? Perfetto! Andiamo!»

«Va bene.» acconsentì – anche perché temeva di non avere grandi alternative.

Gli dispiacque lasciare l'appartamento, di infilarsi nel forno che erano diventate le strade di Los Angeles. Il cielo cupo, saturo di polveri sottili, sabbia rossa, caldo. Troppo caldo.

Accompagnò la donna, nell'ordine, ad acquistare un paio di scarpe, un tailleur dal taglio moderno, due camicette, una borsa. Si abbandonò sui divanetti imbottiti, rivestiti di pelle, dell'ennesima boutique, sentendosi come se stesse impersonando il tipico cliché di un marito poco ben disposto davanti le maratone di shopping della propria partner.

I dolori che lo avevano accompagnato al suo risveglio si erano intensificati, sentiva le gambe e le caviglie gonfie e doloranti, i muscoli di collo e spalle tesi, la testa più pesante.

Perché diavolo ti sei fatto convincere? Di tutti i prognostici che aveva fatto sull'invito di Martha non ne aveva azzeccato neppure uno. Non c'erano state domande scomode, allusioni, frecciatine da parte sua riguardo al bacio che si era scambiato con Blaze.

FIREFLY ~ Una Luce Nel BuioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora