Capitolo 19 - L'inferno sono io

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L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme

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L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

Fisso da ore sul mio computer la traccia del tema che ci è stato assegnato a lezione dal professore di scrittura creativa.

Sono seduta tra Ley e Wes dal primo pomeriggio e, mentre loro fanno battere ripetutamente le loro dita sulla tastiera, io non sono riuscita a scrivere una sola parola.

Vorrei poter dire la verità.

Affermare in che modo io abbia affrontato il mio inferno.

Ma non ci sono orecchie tanto coraggiose da poter ascoltare la mia storia.

Se potessi essere sincera scriverei qualcosa come:

L'inferno sono io,

di Dawn Bennett

C'è stato un tempo in cui ignoravo l'esistenza dell'Inferno. Tra le luci della mia alba scorgevo il Paradiso. Vedevo delle ombre agitare le loro mani nella mia direzione ed io ricambiavo ai loro gesti con gioia, attendendo con ansia il momento in cui sarei passata dall'altra parte, diventando un'altra ombra felice tra le ombre. Un giorno, però, ho capito cosa fosse l'oscurità e in essa ho intravisto il rosso infernale. Ho compreso tardi quale fosse il mio Inferno, poiché non mi ero mai guardata allo specchio per davvero. Vedevo solo un involucro perfetto, o almeno ciò che credevo fosse una perfetta manifestazione di me stessa. In realtà, in me c'era molto altro. Ero malattia ancor prima che me ne diagnosticassero una. Ero demone sin dalla nascita, ma la mia trasformazione era avvenuta definitivamente soltanto quando nel mio mondo era stata spenta la luce. Il mostro che albergava in me cresceva di giorno in giorno, alimentato dalla mia stessa paura e disperazione. Avevo iniziato a vedere l'Inferno ovunque: nelle persone che incontravo, nei luoghi che frequentavo, persino nei miei sogni. In essi, c'era una figura. Mi somigliava al punto da essere più me stessa di quanto non fossi io. Un giorno, però, un primo frammento di verità ha bussato alla mia porta e allora ho compreso ancora di più su me stessa e su come la mia esistenza disperata potesse andare avanti. Ho dovuto accettare che l'Inferno fa parte della nostra esistenza, ma che non deve necessariamente definirla. Perché oltre l'Inferno, c'è un Paradiso, e la strada che porta a esso si chiama vendet-.

«L'Inferno sono io?», Wes lesse titubante il titolo del testo che stavo scrivendo.

Non appena mi accorsi di come i suoi occhi si stessero muovendo lungo la prima riga del mio componimento, chiusi di scatto il portatile, producendo un rumore improvviso e causando sconcerto nei miei due amici.

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