Avevo vegliato sul petto del nemico.
Una scelta presa da tempo, niente che fosse stato dettato dal caso.
Mi ero concessa di addormentarmi soltanto quando il sole aveva raggiunto un'altezza nel cielo tale da poter dire che l'aurora fosse ormai terminata.
Tutto ciò che aveva preceduto l'alba l'avevo trascorso a osservarlo.
L'avevo guardato ad occhi chiusi.
Per ore.
Un tempo credevo che la vista fosse il senso più importante che un essere umano potesse possedere, ma poi avevo imparato, alla soglia dei miei sedici anni, che avrei potuto fare a meno di tutti e cinque se solo l'avessi voluto.
Del resto, per chi come me aveva continuato a vivere lasciandosi scivolare addosso la vita stessa, non esisteva alcuna ragione per la quale riconoscere nuove immagini, ascoltare suoni sconosciuti, assaporare novità, toccare gli altri, incamerare nei polmoni aria che portasse con sé odori mai sentiti. A quelli come me bastava restare in piedi, farsi trafiggere dal mondo e al tempo stesso pregare che esso rimanesse sempre indifferente alla nostra presenza.
Non esisteva sguardo in grado di trapassare l'oscurità della cella in cui volutamente mi ero imprigionata.
A cosa serviva vedere se non c'era più nulla da guardare?
E così dopo mesi mi ero abituata.
Non c'era dettaglio che potesse sfuggirmi.
Avevo imparato a leggere le persone al pari di una favola per bambini.
Le analizzavo con le palpebre chiuse, con i tappi nelle orecchie, con le mani fuori uso, con le narici tappate e la bocca serrata.
Vega quella notte era inquieto.
C'era qualcosa che lo preoccupava al punto da rendergli il sonno impossibile.
Avrei tanto voluto indurlo a confessarmi ogni sua preoccupazione, ma sapevo perfettamente che prima di azzardarmi a fare una richiesta simile, avrei dovuto entrare molto di più nelle grazie sue e del suo gruppo sgangherato di amici.
Alla Brown li paragonavano alle quattro stagioni.
Dicevano che Vega fosse l'inverno.
Tutti amavano acquistare il divertimento dall'estate, Cece, e quando non potevano, a causa delle imposizioni dall'alto, allora non c'era anima viva che non scegliesse come rifornitore King, la primavera.
Big era l'autunno, ma faticavo a convincermene.
Lui era più freddo di quanto Vega non lo sarebbe mai stato, eppure agli occhi di chi non li conosceva, malgrado i suoi silenzi e i suoi sguardi giudicanti, c'era chi lo considerava più mite.
Io e Vega avevamo molto in comune.
Lui era sempre stato inverno, io lo ero diventata nel momento in cui era entrato senza saperlo nella mia vita.
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Nameless
Roman d'amourNessuno ha idea di chi sia Vega: tutto ciò che gli altri sanno di lui è che ha scelto di legare la sua vita a quella di una stella. Dawn, allo stesso modo, ha eliso una parte del suo nome pur di non rivelare la sua identità. I loro mondi, fatti di o...