⚔️REGNO CRYFDER- VII⚔️

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Le voci degli ospiti rendeva l'aria assordante. Ciascun invitato era euforico: c'era chi stava per incontrare amici e chi parenti o fratelli, ma soprattutto terminava una guerra che aveva dissanguato i tre regni di denaro e vite. Era stato innalzato un tendone color panna e allestiti banchetti con cibo e bevande, così come angoli adibiti alle danze e palchi per i musicisti.

Le sei principesse e la novella regina Diana si muovevano tra il popolo, elargendo saluti e sorrisi. Con i loro abiti scintillanti e il loro fascino richiamavano su di loro tutta l'attenzione.

Uno squillo di tromba fece calare il silenzio.

‹‹Signore e signori!›› gridò un valletto dai capelli rossi. Gli sguardi di centinaia di sudditi si incollarono alle sue labbra, attendendo con impazienza il suo annuncio. ‹‹Ecco a voi i soldati più valorosi dei tre regni, coloro che non solo ci hanno difeso da un popolo rozzo e barbaro, ma che hanno conquistato nuove terre e ci hanno donato nuove ricchezze, rendendo il nostro futuro più prospero. Accogliamoli con ardore!››

Un gregge di individui entrò nel salone con visi sconvolti. Per qualche secondo, il silenzio che l'annuncio del valletto aveva creato rimase sospeso in aria. Poi i due schieramenti cominciarono a fondersi in baci e abbracci. I militi sciolsero le loro espressioni confuse nel momento in cui riconobbero le proprie madri e le proprie fidanzate e subito l'atmosfera si riempì di allegri singhiozzi e chiacchere.

Meera fece il giro della sala due volte, aveva visto Boris, Hector e Spiro, amici di infanzia, e li aveva abbracciati con commozione per poi ricominciare a cercare. La pomposa gonna dell'abito si incastrava sotto le calzature degli invitati, la pelle umida si appiccicava a quella degli altri ospiti. In cuor suo sapeva che chi non si trovava al ricevimento era morto in battaglia, ma per qualche motivo non voleva arrendersi.

Con la coda dell'occhio vide dei fitti riccioli sobbalzare. Si voltò e lo vide. Saul si insinuava tra la folla con il suo solito passo celere, sembrava saper esattamente dove andare, ma a un occhio esperto come quello di Meera, risultò evidente che fosse spaesato.

La principessa se lo ricordava con le spalle larghe e con una matassa di impenetrabili riccioli scuri che gli coprivano il viso; ora invece si legava i ricci in una piccola coda che balzava a ogni suo passo. Il corpo era asciutto, quasi scheletrico, e il viso era scavato da profonde occhiaie scure. La pelle mulatta si era scurita appena e una leggera peluria gli circondava il mento. Coperto da una giacca nera troppo pesante per l'afa della serata sembrava un sicario. Saul cercava qualcuno tra la folla, mentre distribuiva sorrisi a chi lo chiamava e lo fermava. Poi anche lui la vide.

I loro sguardi si agganciarono e si attrassero, facendoli avvicinare come due calamite. Si strinsero forte, in mezzo ad altrettanti abbracci. Si tuffarono nel passato, a quando guerre e doveri di corte non li avevano ancora divisi. A quando le piccole effusioni scambiate tra un allenamento e un altro erano le loro più grandi trasgressioni e li facevano sentire vivi. 

Saul fece scivolare le sue mani lungo le braccia agghindate della principessa fino ad afferrarle le mani. Strinse le sue dita nei suoi ruvidi palmi e per un po' nessuno dei due trovò le parole giuste, poi il ragazzo percepì un oggetto metallico. Spostò lo sguardo dai grandi occhi verdi di Meera alle sue mani e vide la fede nunziale. La principessa ritrasse le mani.

‹‹È successo da poche settimane›› quella fu l'unica giustificazione che riuscì a balbettare.

Prima che il ragazzo riuscisse ad aprire bocca qualcuno si gettò tra le sue braccia.

‹‹Saul! Che bello rivederti amico mio›› Darius diede delle forti pacche sulla schiena del ragazzo.

‹‹Anche per me›› Saul ricambiò l'abbracciò e poi notò che anche sull'anulare di Darius c'era lo stesso anello della principessa. ‹‹Siete sposati››.

‹‹Eh? Ah sì, novelli sposi›› scherzò il ragazzo.

‹‹È stato un matrimonio combinato›› precisò Meera con la voce che le si rompeva in gola. ‹‹Voi come vi conoscete?››

‹‹Abbiamo combattuto insieme alle Isole, eravamo nello stesso regimento›› le spiegò Darius senza guardarla in volto. Aveva la pelle tesa e ricoperta da lividi.

‹‹Darius mi ha salvato la vita›› Saul lo ringraziò con lo sguardo. ‹‹Vi lascio. Vado a salutare un po' di gente›› fece un inchino alla principessa e strinse la mano all'amico, poi fu inghiottito dalla folla.

Meera lo seguì con gli occhi lucidi fin a quando non riconobbe più la crespa chioma tra mille acconciature diverse.

Darius aveva imparato a comprendere gli stati d'animo della moglie attraverso le minuscole variazioni del suo viso, dato che la principessa gli rivolgeva di rado la parola e mai per rivelargli i suoi sentimenti. Capì subito che qualcosa la turbava.

«Conoscete Saul, dunque?»

Meera lo lasciò da solo al centro della sala senza rivolgergli la parola.

*

Magda non riusciva a sbollire la rabbia della sconfitta, non importava quanti amici incontrasse o quanti bicchieri di vino bevesse, il viso beato di Rabirio che le strappava la vittoria non smetteva di tormentarla. Ogni invitato sembrava ridere di lei, la schernivano per aver avuto la presunzione di poter sconfiggere un generale tanto potente quanto Rabirio. 

I loro sghignazzi avrebbero fatto tremare la terra se avessero saputo della loro storia d'amore. Immersa nei suoi pensieri, si muoveva come un automa tra la folla e non si accorse di essersi scontrata contro una figura minuta.

«Principessa» era la principessa Diana.

La loro diversità era tangibile. L'una esile con il corpo fasciato da un abito blu di seta pregiata, i capelli corti e chiari agghindati dalla corona impreziosita di gemme. Il volto truccato, dai lineamenti sottili, gli occhi di ghiaccio imbronciati appena da un'espressione di superiorità. L'altra altrettanto minuta ma con muscoli sodi, ancora vestita con gli abiti da combattimento, i capelli neri arruffati e intrecciati in nodi grandi come nidi di uccelli.

«Siamo entrambe delle donne dirette io e te, per cui parlerò senza veli. L'idea di sedurti per il nostro scopo è stata architettata da Rabirio dopo il vostro incontro nella capitale, questo per dirti che poteva esserci chiunque delle tue cugine al tuo posto» disse la regina stringendo il calice di vino tra le nocche.

Canaglia, questo era ciò che voleva urlarle Magda. Nessuna delle sue cugine sarebbe caduta nel tranello che Diana e Rabirio avevano architettato perché nessuna delle due aveva un vuoto da colmare. Rabirio l'aveva vista ingannare il suo dolore con l'alcol e aveva ben pensato di sostituirsi e proprio come una dipendenza, ora Magda ne era tormentata.

«Credo che delle scuse siano inutili» continuò Diana. Il silenzio e lo sguardo fisso di Magda la innervosivano. Il volto pezzato da lividi bluastri e gli occhi languidi ricordavano quelli di un cadavere.

«Solo il sangue può riparare il torto che ho subito» perse nell'esultanza della folla, quelle parole fuoriuscirono come sussurri che sferzarono il bel volto della regina.

«È una minaccia?» chiese Diana.

«Solo un'insensata tradizione Cryfder».

Magda non era tipa da minaccia, ma da assalto. Voleva, però, essere il pensiero fisso di Diana come lei e Rabirio erano il suo. Con gli anni Diana si era dimenticata di quanto Magda potesse essere irruenta e lei glielo voleva ricordare. Desiderava che brividi taglienti pungessero la pelle della regina ogni volta che chiudeva gli occhi, domandandosi quando la Cryfder si sarebbe vendicata. Entrambe sapevano che Magda non avrebbe lasciato quel torto impunito finché era in vita. 

LA GUERRA DEI TRE REGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora