🥀REGNO GRACA-VII🥀

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«Sei stanca?» le chiese, creando un passaggio tra i rovi.

«Un po'» rispose Diana con gli occhi puntati sulla schiena muscolosa del generale. «Da quant'è che camminiamo?»

«Resisti, manca poco» rispose con tono premuroso.

Avevano abbandonato gli uomini della scorta di Rabirio in uno spaziale dall'erba bruciata dal sole e si erano allontanati da soli. Si trovavano a piedi della catena montuosa Yssore, proprio fuori dai confini di Giel. Passeggiarono ancora per qualche minuto lungo un sentiero tracciato dagli zoccoli dei cavalli e dalle orme di animali selvatici. Le vette aguzze li osservavano dall'alto, ricoperte di grappoli di abeti. Qualche volatile planava sopra le loro teste per poi piombare tra la vegetazione alla ricerca di una preda. 

Rabirio cambiò direzione e si inoltrò verso un costone roccioso. Si inoltrarono tra le pareti di roccia come un filo attraverso la cruna di un ago. Le fiancate montuose impedivano ai raggi solari di entrare, creando un ambiente fresco o ombreggiato dove insetti dalle mille zampe passeggiavano tra ciuffi di erba carnosi.

Di colpo un rumore violento fece sobbalzare Diana e di fronte a lui comparve una cascata. Aveva sentito parlare dei giganti flutti discendenti del regno Verstand, nulla a che vedere con ciò che aveva di fronte, ma rimase meravigliata. Era come assistere a decine di ruscelli che sfidavano la gravità e si precipitavano, accavallandosi l'un l'altro, verso un punto preciso, invisibile all'occhio umano.

«Siamo arrivati» il re esibì un largo sorriso bianco. Diana lo fissò perplessa, in parte perché si trovavano nel bel mezzo di steppi e alberi, in parte perché non lo aveva mai visto sorridere così.

«Non capisco».

«Guarda in basso» le sussurrò all'orecchio, profumava di castagne.

Ai loro piedi, nascosto tra le fronde brillanti e fresche degli alberi, c'era un piccolo specchio d'acqua limpida da cui i suoni gracchianti delle ranocchie sfidavano il rombo della cascata. Proprio al lato delle rapide vi era un passaggio scavato nella roccia, che permetteva di raggiungere una zolla di muschio e sassolini.

Rabirio le offrì il braccio per scendere a valle onde evitare che il suo vestito di raso rosso si incagliasse tra i rami, che si allungavano neanche volessero avere l'onore di sfiorarla. Quando arrivarono infondo Diana si accorse che i raggi del sole sfioravano la superficie del laghetto, creando degli spettri colorati che volteggiavano tra loro. Rabirio stese una coperta scura e vi sistemò dei cuscini di piuma, un cestino strabordante di frutta e una giara di vino.

Diana, a modo suo, era lieta che la vita coniugale fosse serena e priva delle iniziali incomprensioni. Non erano innamorati, con alte probabilità non la sarebbero mai stati, non si abbandonavano a smancerie eccessive, ma trascorrevano molto più tempo assieme. Erano trascorse settimane dall'incidente di Alicia e Rabirio aveva cominciato a trattarla da regina e non più come un ostacolo e quella sorta di appuntamento adolescenziale era un modo per dimostrarglielo.

*

Quando aveva saputo che la sorella era partita con Rabirio, Chandra aveva avuto diverse reazioni: prima un breve fase di ripugnanza nel pensare all'uscita romantica che avevano organizzato, poi la solita ansia nel vederli insieme le aveva paralizzato le membra, infine si era rassegnata. Ormai la sorella pareva sicura della fedeltà del marito, quando poche settimane addietro avevano cercato di uccidersi a vicenda.

Sebbene non volesse ammetterlo, ciò che la infastidiva di più, era che Diana sembrava essersi dimenticata di lei. Prima trascorrevano le giornate insieme, mentre ora l'aveva abbandonata, pur sapendo che Chandra si sarebbe ritrovata isolata da tutto e da tutti ora che la sua migliore amica era morta.

LA GUERRA DEI TRE REGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora