Capitolo Quattro

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Nel mondo esistevano due tipi di persone che, dopo la scenata di George Russell davanti a degli estranei, avrebbero reagito in due modi completamente diversi

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Nel mondo esistevano due tipi di persone che, dopo la scenata di George Russell davanti a degli estranei, avrebbero reagito in due modi completamente diversi.

Quelli che avrebbero riflettuto prima di parlare. Avrebbero osservato la situazione con oggettività e trovato un comportamento consono per reagire, mentre, dall'altro lato quelli che, invece...

«Qualcuno mi può spiegare che cosa cazzo succede?!» Urlai osservando Charles, l'unico con cui, più di una volta, avevo fatto davvero conversazione. Gli altri, oltre ad Hamilton, non li conoscevo nemmeno, se non per ciò che mostravano e facevano in pista.

«Credo che...» Iniziò proprio il monegasco, guardandosi intorno per cercare confronto, ma poi restò in silenzio insieme al resto dei piloti.

«Fanculo.» Mormorai, passando oltre Max Verstappen e camminando spedita verso dove avevo visto sparire George.

«Melissa!» Qualcuno urlò il mio nome e voltandomi, trovai il viso di Lewis vicino al mio. 

«I fotografi hanno deciso di rimanere, sapendo della nostra riunione. Sono ancora nel paddock... George non voleva farsi vedere con...» Le luci bianche della stanza mi avevano fatto venire mal di testa, non sapevo più come ragionare, mi sembrava un incubo. Silenzio per favore, nessuna parola, le persone non devono sapere. Basta, basta, basta.

«Fermati!» Gridai scoppiando, dovendo nascondermi da quell'angoscia di diciannove piloti fermi e confusi a guardarmi. Mi stavo per rompere, mi stavo per rompere in mille pezzi sul cemento del paddock davanti a degli sconosciuti.

George non voleva farsi vedere con te.

Con me.

Non voleva farsi vedere con me e ora lo sapevano tutti.

E ora non solo dovevo sopportare quanto facesse male questa affermazione e la scenata di qualche momento prima, dovevo anche digerire quegli sguardi esterrefatti.

«Torno in taxi.» Sospirai guardando Charles per un millesimo di secondo, spaventata dalle parole che avrebbero urlato i suoi occhi.

Lui scosse la testa, mi superò e andò verso l'uscita del paddock. Rimasi immobile per un momento, un secondo o forse un minuto. Tolsi delle pieghe invisibili dalla gonna, cercando di riformulare i miei pensieri e l'umiliazione data dal comportamento di George davanti a delle persone che non dovevano sapere.

Non me ne importava niente che fossero suoi amici, un bel cazzo di niente.
Fidanzato o meno, non mi meritavo di rimanere impalata nel pavimento, con i piedi così incastrati da far male e per giunta senza una spiegazione.

«Ci muoviamo?» Una domanda retorica mi fece sussultare. Alzai lo sguardo davanti a me, vedendo Leclerc sparire alla fine del mio campo visivo, poi mi voltai, osservando Verstappen quasi perdere la pazienza per il mio ritardo a partire.

Adrenaline | Max VerstappenWhere stories live. Discover now