La testa leggera mancava a Melissa da anni.
Cosa significava andare in un locale e bere? Cosa significava lasciarsi andare?
Non lo sapevo più, il mio corpo non lo sapeva più.
Leggerezza: nuvole morbide e grigie che davano l'impressione di essere così soffici. Io mi davo l'impressione di essere assente. Mi davo l'impressione di essere anche libera.
Se così potevo non ricordare George e quello che aveva fatto, non avevo niente da rimpiangere, niente di cui pentirmi.
Era strana la vita, no?
Un giorno eri in compagnia di certe persone, il giorno dopo avresti voluto non conoscerle mai.Un giorno avevi confini inavvicinabili; l'altro, ti sembrava di non aver mai vissuto nel modo giusto.
La melodia del pianoforte che da lontano, ovattata, avevo sentito per tanto tempo, diventava più udibile, alta, piena, libera.
Le luci stroboscopiche mi giravano intorno, i neon del Jimmy'z sembravano sorridermi per quanto sfocati fossero. Il calore della grande sala vedeva me, Charles e Natalia in pista a ballare nel modo più scoordinato che conoscessimo.
Erano ore che eravamo lì. Avevo perso la cognizione del tempo, ma non volevo tornare a casa. Non volevo pensare di George, né rivedere gli oggetti dei miei genitori in giro per l'appartamento: volevo essere libera.
Libera dalla mia mente, dai miei pensieri, dalla loro pesantezza, dalla leggerezza che non conoscevano.Mi avvicinai al bancone per bere ancora. Persi di vista i miei amici, ma tornai in pista, perché avevo deciso di godermi tutto, persino la solitudine in mezzo a una marea di persone.
Con le mani nei capelli, iniziai a seguire il ritmo confuso della canzone, ma furono dita sconosciute ad appropriarsi della mia attenzione. Mi voltai, confusa dal buio del locale, e lo sconosciuto mi sorrise, continuando a ballare.
I led cambiarono colore, e il rosso si impossessò anche dei miei pensieri, lasciandomi andare a quella situazione nuova.I suoi palmi si appoggiarono sui fianchi; mi girai per dargli le spalle, riprendendo a muovermi su di lui come se avessimo davvero sintonia. Finsi che non ci fosse abbastanza a lungo da dimenticarlo, ma poi le sue dita scesero lungo i lati delle mie gambe; mi toccò guardarlo e vedere i suoi capelli neri riflettere la luce, che magicamente era diventata blu.
Mi prese il viso con decisione, e grazie alla patina di confusione nella mia mente, offuscata dall'alcol, mi lasciai baciare, senza oppormi.
Le sue labbra non assomigliavano a nessuno che conoscessi, e questo mi diede un sollievo nello stomaco inaspettato. Le sue mani scesero sul mio collo, le mie si persero nei suoi capelli.
Le sue labbra erano nuove, sconosciute, e il sollievo era proprio lì. Nessun ricordo di nessuno, nessuna traccia del passato.
Non c'era niente in quel bacio; era il nulla, ma per una volta non ero io il significato di quella parola.
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Adrenaline | Max Verstappen
Fanfiction𝗔𝗱𝗿𝗲𝗻𝗮𝗹𝗶𝗻𝗮 /a·dre·na·lì·na/ [𝑂𝑟𝑚𝑜𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑛𝑑𝑢𝑐𝑒 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑓𝑢𝑔𝑎𝑐𝑖, 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙'𝑒𝑐𝑐𝑖𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑓𝑖𝑠𝑖𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑚𝑎 𝑛𝑒𝑟𝑣𝑜𝑠𝑜 𝑠𝑖𝑚𝑝𝑎𝑡𝑖𝑐𝑜]