2. Emma

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50 ANNI DOPO LA GRANDE GUERRA

Mi risveglio di soprassalto. La sedia sulla quale sono rannicchiata non é delle più comode. Osservo il libro di Anatomia caduto a terra: devo essermi svegliata dopo averlo fatto cadere nel sonno. Mi stiracchio e sfrego gli occhi per poi posarli sul letto di mio fratello Alex. Dorme, sembra sereno. Perdo il conto della moltitudine di tubicini che lo collegano alle flebo e ai macchinari che monitorano i sui parametri vitali. Mi avvicino cautamente, non voglio svegliarlo. Durante il giorno i medici mi hanno informato che ha avuto due crisi respiratorie. "Non sta facendo progressi", penso rassegnata accarezzandogli dolcemente il viso segnato dal tormento che lo sta consumando.
Nonostante i miei sforzi per essere il più delicata possibile, dopo un leggero sussulto, Alex apre gli occhi. Mi sorride.
"Emma, sei ancora qui?" Si tira piú su, per sedersi sul letto. Quegli occhi prima limpidi color nocciola ora sembrano velati e offuscati dal dolore. Mi domando dove trovi la forza per essere sempre di buon umore nonostante abbia solo 15 anni e quello che sta passando.
"Ehi, campione! Non volevo svegliarti, scusami."
"Figurati sorellona, sono felice di vederti. Qui dentro ci sono sempre e solo le stesse facce da funerale dei medici! Come sta nonna Margaret?" Mi domanda sempre sorridente. Ha ragione, purtroppo con l'università, le lezioni di danza e le faccende di casa per aiutare la nonna non riesco a passare tutto il giorno con lui. Posso solo limitarmi a fargli visita tra un impegno e l'altro. Esco dall'università, porto i libri con me in ospedale per studiare qualcosa quando trovo Alex addormentato e poi mi chiudo in aula, nella scuola di danza che frequento da quando sono piccola, quattro pomeriggi a settimana.
"Nonna sta bene, ti saluta e mi ha chiesto di portarti i biscotti. Si scusa se oggi non é riuscita a passare, ma doveva fare il doppio turno al supermarket per l'inventario di stagione."
"Quelli che prepara lei con le gocce di cioccolato?"
"I tuoi preferiti!" Rispondo ridacchiando mentre gli arruffo i capelli.
Alex non perde tempo, fionda le mani nella scatolina che gli sto porgendo e porta rapidamente un biscotto alla bocca. Lo addenta e mi invita a prenderne uno, ma mentre sto per pescare il mio inizia a tossire e ad agitarsi: non riesce di nuovo a respirare.
Allarmata, corro fuori dalla stanza per chiamare i soccorsi. Due infermiere accorrono velocemente chiudendo la porta alle loro spalle chiedendomi di aspettare fuori. Sento i miei occhi bruciare e riempirsi di lacrime, la mia vista si sfoca leggermente.
Eccola di nuovo, quella sensazione di impotenza. Ho iniziato a studiare medicina alla Fate's Edge University tre anni fa, forse proprio per evitare di non sapere come intervenire in situazioni come questa. Odio sentirmi inutile quando si tratta di poter salvare delle vite, specie, e dico forse egoisticamente, se si tratta di quella dei miei cari.
Beh si, per questo e per quello che é accaduto a mamma, sette anni fa.
Il suono del mio cellulare blocca il flusso dei miei pensieri, tiro fuori il telefono dalla tasca dei miei jeans e controllo chi mi cerca.
"Noah, ehi."
"Emma! Stavo pensando di prendermi una pausa dallo studio, ti va una passeggiata al parco?"
Noah é il mio migliore amico fin dall'infanzia. Il giorno del suo quarto compleanno i suoi genitori, Karen e Asher Milligan, avevano organizzato la festa di compleanno nel giardino con piscina di casa loro. Ai miei occhi da bambina cresciuta in una casa modesta, nella periferia della Stato 9, quello sembrava il paradiso: il giardino che circondava la loro grande villa era colmo di giochi da esterno come scivoli, altalene e uno di quei tappeti elastici dove passavamo il tempo a saltellare. Tutti i nostri compagni di classe erano arrivati con pacchetti regalo di ogni dimensione e colore mentre io, nel mio vestitino a quadretti marroncino e bianco, avevo con me solo una piccola confezione di pennarelli e un album da disegno come regalo. Al momento del taglio della torta e dell'apertura dei pacchetti, Noah scartava quei doni con famelica curiosità, che si esauriva una volta scoperto cosa celava la carta esterna. Ringraziava e passava a quello successivo. Ricevette una quantità spropositata di Lego, di macchinine e robot. Poi arrivó il momento del mio regalo. Quasi mi vergognavo a consegnarglielo ma quando lo aprí rimase stupito. Era talmente abituato a ricevere ogni cosa costosa desiderasse che trovarsi davanti quel semplice album con i pennarelli scatenó in lui un senso di felicitá inaspettata. "Emma, sono bellissimi! Vieni, andiamo a colorare insieme". Da quel momento siamo diventati inseparabili.
"Sono da Alex, Noah. Sono passata da lui dopo le lezioni e mi sono addormentata nella sua stanza. Poco fa ha avuto un'altra crisi. Sono fuori dalla porta, le infermiere mi hanno fatta uscire. Sono preoccupata, é la terza della giornata" rispondo alla sua proposta.
"Cazzo Em, pensavo fossi ancora in biblioteca a studiare. Mi dispiace. Posso raggiungerti in ospedale se vuoi. Ti serve qualcosa per te o per tuo fratello? Posso chiedere a mio padre di fare un giro a controllare come sta Alex prima di finire il turno."
Asher Milligan, il padre di Noah, é il primario nel reparto di pneumologia del Saint Patrick Hospital, l'ospedale dove mio fratello é ricoverato da tre settimane.
"No Noah, ti ringrazio, non mi serve nulla. Ma se puoi chiedere un aggiornamento sulle condizioni di Alex e far fare un passaggio a tuo padre, te ne sarei grata." La porta della camera di mio fratello si apre all'improvviso. Le infermiere escono e prima che richiudano la porta riesco a intravedere mio fratello addormentato, la scatola di biscotti appoggiata al comodino di fianco al letto.
"C-come sta?" Chiedo in un sussulto senza guardare le infermiere.
"Ora é stabile, lo abbiamo addormentato per sedare la forte crisi che lo stava colpendo. Dormirà fino a domani, per sicurezza. Vai a casa Emma, riposati e fatti un bagno caldo. Pensiamo noi a lui, tu torna pure domani". L'infermiera più anziana, quella rimasta in silenzio, posa un braccio sulla mia spalla per cercare di rassicurarmi, mi rivolge uno sguardo dolce ma rassegnato e segue l'infermiera più giovane che mi ha suggerito di tornare a casa.
"Emma, stai bene? sei ancora in linea?" Noah mi ricorda che sta attendendo dall'altra parte del telefono.
"Ehm, si, eccomi... le infermiere hanno dovuto addormentare Alex per sedare la crisi. Non si sveglierà prima di domani."
"Passo a prenderti tra pochi minuti, il tempo di arrivare dall'università e ti porto a casa."
"Grazie Noah ma posso prendere il pullman, non serve che ti scomodi."
"Tra dieci minuti sono lá, a dopo." Chiude la chiamata.
Mi affretto ad entrare nella stanza di Alex, mi avvicino a lui per postargli un bacio sulla fronte e chiudere la scatola con i biscotti di nonna, raccolgo le mie cose e ripongo il libro di anatomia nello zaino. Mi avvicino alla porta e abbasso la maniglia. Prima di uscire, rivolgo nuovamente lo sguardo ad Alex. "Ci vediamo domani fratellino." sussurro uscendo dalla stanza.

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