Per un attimo penso possa essere stato un sogno, poi guardo allo specchio il mio corpo stravolto, così come il vestito, sporco di rosso.
Allora sono certa di aver passato ciò che ho passato.
Però non capisco chi mi abbia portata qui.
Una guardia, probabilmente.
Da una parte lo spero, così che il re sappia cosa mi è stato fatto.
E dall' altra no, non voglio risultare come la vittima debole agli occhi di nessuno.
L' agnellino indifeso.
Mi lavo sperando di cancellare la notte prima.
E mentre penso.
Mi chiedo perché lo abbiano fatto.
Sadici.
Cattivi.
Crudeli.
Aggettivi tutti riconducibili a loro.
Ma c'è qualcosa che mi sfugge e non riesco a capire cosa.
Mi tormento facendo diverse ipotesi quando sento bussare alla porta.
Velocizzo il tutto e mi metto qualcosa addosso.
"Si, eccomi."
La porta si apre e Krim mi sorride.
"Quindi? Come va?"
"Perché mi chiedi come va?"
Meglio verificare prima di parlare.
Lo lascio passare e va a sedersi sul baule davanti al letto, senza farsi problemi.
Mi posiziono sul letto.
Deve girare il volto per guardarmi negli occhi.
"Dovevo lasciarti lì?"
Esordisce serio.
"Avrei risolto da sola, e risolverò anche il resto...il re lo sa già?"
"Cosa? Che i suoi figli sono crudeli e malvagi con i più deboli? Si, lo sa, ne sono certo.
E non sei né la loro prima vittima, e neppure l'ultima."
"Perché credi siano stati loro?"
"Immagino."
Ghigna mentre si alza.
Non so cosa gli convenga, se dirlo e mettersi contro di loro o non dirlo e fare finta di nulla.
Ma credo sia giusto che lui lo riporti al re.
D'altronde, non penso lui abbia paura di mettersi contro di loro.
E anche se è controsenso, neppure io.
"Certo..." rispondo a bassa voce iniziando a giocare con il lenzuolo del letto, perché la sua altezza rispetto a me, seduta, mi metto a disagio.
"Ti ho portato una cosa."
Alzo il volto e nelle sue mani vi è un fiore.
Un fiore che non ho mai visto.
Rosso sangue ma dalle punte dei piccoli e molteplici petali che la compongono sino a centro, di un rosso acceso.
"Sono bravo con le acconciature, se vuoi posso..."
Mi alzo e siedo davanti la toeletta.
Mi guardo allo specchio, alle luci dell'alba, ma con dietro la sua figura vestita di scuro dietro.
Le sue mani mi afferrano i capelli ancora umidi, delicato e preciso.
Tende le ciocche che sostano ai lati delle mie orecchie fino a dietro per poi legare e abbellirle con il fiore, che stranamente tende a non cadere.
Non mi faccio domande.
Solo assaporo il tocco caldo di qualcuno.
Qualcosa che non accade da un bel po'.
Ma non posso non chiedermi il perché, dei suoi gesti gentili nei miei confronti.
La parte di me bisognosa di amore dice: è sincero, ci tiene a te, non può lasciarti andare solo perché andrebbe contro ciò che ha giurato.
L' altra dice: ti sta addomesticando, ottiene la tua fedeltà e favoritismi grazie a gesti insignificanti.
E non vuole lasciarti andare.
Non può e non lo farà, non perché è troppo buono per andare oltre le regole, ma perché è come gli altri.
È stato detto che resterai qui e così sarà.
"Krim...dimmi, perché sei così con me."
"Così come?"
Lo osservo dallo specchio, sta osservando il fiore e così anche l'acconciatura.
"Ogni giorno passi un po' del tuo tempo con me, mi parli della tua giornata, e scommetto che non potresti neppure farle queste cose."
"Hai ragione, non posso, ma vederti è diventato un mio bisogno giornaliero."
"E...non voglio che tu rimanga qui tutto il giorno, in silenzio, sai potresti diventare pazza."
Passa una mano tra i miei capelli, un brivido mi attraversa.
Sorride alla risposta del mio corpo.
Le sue mani si appoggiano al sedile e si china su di me.
Le sue labbra vicino il mio orecchio ed i suoi occhi che mi guardano dal riflesso dello specchio.
"Qui l'unico che può diventare pazzo sono io, a furia di guardarti e non poterti toccare."
Non so cosa dire.
Arrossisco al pensiero.
Non so cosa dire.
Arrossisco al pensiero.
Abbasso lo sguardo e inizio a giocherellare con le mie stesse dita.
La sua mano mi ferma.
"Se ti rendo nervosa..." mugugna lui.
Mi alzo e rimango calma.
Sorrido, come per dimostrare la mia fermezza.
Si avvicina di nuovo a me.
È indeciso su cosa guardare, se le labbra o gli occhi, ed io lo stesso.
"Non mi rendi nervosa, solo che non sono abituata a questo."
"Questo cosa?"
Una risata nervosa mi attraversa.
"Lo sai." La sua mano è adesso poggiata sul mio volto.
"Concedimi di diventare una tua abitudine, Faye."
E le sue labbra si poggiano sulle mie.
Spalanco gli occhi ma le sue mani sul mio corpo mi rilassano, così decido di avvicinare le palpebre e vedere nel buio il nostro intreccio di braccia.
Riapro gli occhi e lui è ancora qui.
Mi sorride.
"Ci vediamo, Faye."
Le sue parole un po' mi feriscono, anche se prive di cattiveria. Vorrei restasse ancora.
Per studiarlo meglio.
Per abbindolare il suo animo e farmi lasciare andare.
Adesso che ho questa carta, devo giocarmela.
Per quanto ho detto prima, semmai avesse davvero interesse e abbastanza bontà nei miei confronti, l'unica cosa che ancora non quadra è la parte della sua fedeltà nei confronti del re, ciò che gli impedisce di lasciarmi andare.
Quindi, in un modo o nell'altro, diventerò più importante persino di quest' ultima.

STAI LEGGENDO
Bull Bones'
FantasyFaye è una manipolatrice, dotata di un dono raro ma anche pericoloso, con la sola forza del pensiero può comandare i movimenti altrui. Da sempre in fuga per non cadere nelle mani di chi vorrebbe solo sfruttarla per raggiungere le vette più alte dell...