Capitolo 16

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È notte e non faccio altro se non rigirarmi nel letto dormire qualche minuto e rimanere sveglia il doppio.

Mi alzo e siedo ancora assonnata davanti il camino.

Guardo le fiamme e forse per la stanchezza vedo delle figure danzare tra esse.

Figure longilinee e strane, ballano in cerchio.

Le osservo curiosa, probabilmente della mia stessa immaginazione, ma sento gli occhi bruciare e presto lacrimare.

Mi alzo con qualche difficoltà e non appena sono in piedi traballo, ma riesco ad appoggiarmi al pilastro del baldacchino.

Guardo verso la porta, come sempre chiusa e osservo la luce che passa dallo spiraglio, una leggera luce calda illumina il pavimento in lunghezza.

Mi avvicino, vado per spostarla, sperando che per qualche motivo sia aperta e sembra che per la prima volta, avere speranza abbia aiutato.

Mi ritrovo in corridoio, poco illuminato se non dai candelabri e le torce alle pareti.

Mi guardo attorno, pare non esserci nessuno.

Anche solo l'idea di lasciare la camera mi fa battere il cuore forte e sudare freddo, ma non mi lascio abbindolare dalla parte di me spaventata dalle conseguenze.

Non voglio che mi vedano e non lo faranno.

Con passo lesto mi sposto da un corridoio all'altro, ma ciò che in questo mese ho imparato del palazzo sembra essersi smaterializzato dalla mia testa.

Mi sembra di girare intorno, non ho nessun punto di riferimento se non i quadri, e delle guardie che però continuano a spostarsi; perciò, ho anche paura di ritrovarmele alle spalle.

Scalza e confusa continuo a pensare a come uscire da questo labirinto.

Non ho idea di cosa io voglia fare, specialmente in queste condizioni.

Scappare?

Impossibile, almeno credo.

Le guardie, il freddo, il labirinto fatto di corridoi da cui non so sfuggire, la paura e la stanchezza.

Sembra io mi voglia arrendere, ma la verità è che devo trovarmi in una situazione più favorevole di questa.

Vorrei passare per le cucine, mangiare qualcosa, ma non so dove si trovino, il massimo che posso fare è questo, anche perchè non credo potrà mai ricapitare di poter uscire senza la figura di qualcuno nei paraggi.

Anche se credo che qualcuno potrebbe anche esserci, se non nelle cucine, davanti la porta per accedere o nei paraggi.

Non riesco ad arrivare a nessuna conclusione perché la nube nel mio cervello viene fatta sparire da un soffio leggero, che in questo caso è quello della voce di una guardia, che subito riconosco, grazie le cicatrici.

Halkar mi guarda dall'alto, con un'aria minacciosa e scorbutica.

"Non dovreste essere qui."

Cerco di rispondere e giustificarmi ma l'uomo davanti a me non me lo lascia fare.

"dove voleva andare signorina Hallaxe?"

"In realtà non vi è una meta prestabilita, volevo fare un giro."

"Voleva scappare forse?"

"Voglio tu mi dia del tu."

Cerco di deviare il discorso con un sorriso forse un po' troppo forzato.

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