capitolo 8

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Per la colazione, vengo accompagnata da una delle guardie, alla sala dal grande tavolo e dal camino sempre acceso.

Mi accomodo al mio solito posto, fredda come il ghiaccio.

Saluto cordialmente tutti i presenti e prendo a mangiare, come se niente fosse.

So che per Hades vedermi qui, adesso, dopo il suo tentativo invano di farmi sbranare dai lupi, è un pugno alla pancia, ma rimane serio, mentre sorseggia del succo dalle sfumature dorate e arancioni.

Credo sia giusto fare finta di nulla, specialmente davanti al re, ma le risatine dei gemelli e le occhiate rubate di Hades mi fanno diventare il sangue acqua.

Respiro lentamente, tenendo con fermezza le posate nelle mie mani, cerco di rilassarmi e restare in me.

<<Al più presto, mia manipolatrice, affronterai l'iniziazione, abbiamo delle faccende da sbrigare e abbiamo bisogno di te.>>

Rompe il silenzio il re, con qualcosa di inaspettato che mi drizzare sulla sedia, come se solo così io possa capire le sue parole.

Tossisco per schiarirmi la gola, poi però non dico nulla.

Non vuole io risponda, è evidente, voleva solo informarmi.

Ma come per farsi perdonare, mi chiede se mi piaccia leggere.

Non sono un capo, specialmente con la lettura, non ho mai avuto modo di studiare o di farmi insegnare a leggere, girando in continuazione per Lakefair e non avendo mai avuto un posto fisso in cui stare, per intuito e per necessità ho imparato da sola.

Quando in uno dei tanti villaggi visitati ho ricevuto il mio primo libro, da una delle donne più sagge e mi ci sono messa davvero d'impegno.

Ricordo ancora l'odore di muschio tra le pagine ingiallite, che cosi come aveva detto lei, risalivano a circa cento anni prima, a quando il fratello glielo aveva donato per festeggiare il giorno dell' Eldrithorn, in cui compieva i suoi cento anni spaccati.

Poi non mi ricordo come, l'ho smarrito, ma in ogni caso, quel poco che so lo devo a lei e a quelle pagine.

Alla domanda del re, perciò rispondo sì.

Così al posto di tornare in camera vengo accompagnata nella libreria del palazzo.

Quando la porta che mi divide da essa si spalanca una serie di candelabri si accendono mentre, una forte corrente d'aria mi smuove i capelli e la gonna.

Rimango senza parole.

Un susseguirsi di camere, tutte dalle pareti tartassate di librerie e libri sovrasta la mia visuale in una danza tra sogno e realtà.

Per un istante penso che vorrei viverci davvero in un posto così, in un palazzo caldo, pieno di camere da esplorare.

Ma sapere che sono qui, perché costretta e perché privata della mia unica arma, mi fa diventare pazza, non riesco ad accettarlo e non riesco a godermi neppure lo stupore.

Quando la porta alle mie spalle si chiude inizio a guardarmi attorno.

Inizialmente penso a come poter scappare sfruttando questo momento da sola in una stanza che spero abbia qualche difetto a me utile.

Il vetro di una delle grandi finestre che governano la parte più alta delle pareti.

Un pugnale dimenticato o caduto sotto qualche scaffale.

Un passaggio nascosto che straordinariamente conduce all'esterno o a un'aria segreta del palazzo.

Insomma, qualcosa che mi sia d'aiuto.

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