Capitolo 12

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Il mio corpo veniva cullato dal calore del suo, mentre le sue dita cominciavano a muoversi sulla mia pelle.
Potevo percepire i respiri pesanti attraverso i movimenti del suo petto, mentre espirava aria calda sulla mia nuca, provocandomi dei piccoli brividi sulla pelle.

Le sue mani cominciarono a percorrere tutta la mia pelle; salirono sulla schiena, alzando il tessuto della maglia e lasciando la pelle completamente scoperta.
Mi accarezzò con veemenza, tastando ogni mio centimetro; scese arrivando ad accarezzare il fianco destro, lo esplorò con le dita facendomi percepire la sua bramosia.


Continuò a perlustrare la mia figura, emettendo di tanto in tanto qualche lamento roco fra i miei capelli.
Affondò il viso tra i riccioli della mia chioma, inspirando profondamente; avvicinò la mano e prese a maneggiare delicatamente delle piccole ciocche tra le dita affusolate.

Alzai appena lo sguardo per guardare il suo viso.

Abbandonò la testa all'indietro sul cuscino, lasciando che la poca luce dei lampioni lambisse il suo profilo rendendo la carnagione del suo viso ancora più pallida.

Teneva ancora la presa salda su di me, mentre notai il pomo di Adamo muoversi prima che proferisse parola.
«Non andartene» sussurrò.

Esitante, poggiai una mano sul suo petto cominciando a tracciare dei piccoli cerchi.

Continuai a guardarlo. «Non me ne vado, sta tranquillo».

Improvvisamente sospirò, rilassando ogni fibra del suo corpo sotto il mio tocco.

«E' stata colpa mia... l'ho trascinata io in questo mondo di merda» parlò a bassa voce facendo notare la voce roca.

Mosse la testa alla ricerca di una posizione più confortevole. «Non sarebbe morta. E probabilmente sarebbe potuta essere ancora viva se non fosse per quelle fottute foto».

«Maledetti, maledetti Davies» cominciò ad agitarsi, borbottando sempre di più.

Mi raddrizzai, restando seduta al suo fianco; il suo braccio scivolò lungo il mio corpo, mentre cercavo di placare l'agitazione che aveva in corpo.

«Benjamin, sta tranquillo» sussurrai.

Scosse la testa, continuando a mugugnare. «No, lui, lui è un bastardo...» continuò. «Fa sempre così e, e tutte ci cascano».

«Benjamin...» lo richiamai.

«Devi stargli alla larga perché lui, lui farà così anche con te» parlò mentre alcune lacrime calde scesero sulle sue guance.

«Non potrai tornare indietro, lui ti rovinerà e poi... e poi...» iniziò a singhiozzare lasciando che le parole si impastassero con le sue lacrime.

Mi avvicinai ulteriormente a lui accarezzando le sue guance bagnate con i palmi delle mani, cercando di tranquillizzarlo. «Benjamin, va tutto bene. Non devi preoccuparti».

Con la mano carezzai delicatamente i capelli che si trovavano sparpagliati sulla fronte imperlata di sudore, spostandoli.

«Benjamin devi prendere qualcosa per abbassare questa febbre» dissi non appena sentii l'elevato calore della sua pelle.

«Vado a prenderti un ibuprofene, altrimenti non riuscirai nemmeno a riposare» lo informai allontanandomi dal suo corpo.

Ma Benjamin mi fermò, trattenendomi per il braccio. «Dove vai?»

Mi scrutava nella penombra con i suoi occhi gonfi e socchiusi, mantenendo la presa salda sul mio arto; accarezzai dolcemente la mano con cui mi teneva, cercando di fargli allentare la stretta.

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