Capitolo 2

84 25 28
                                    


Il suono assordante e cacofonico della sveglia mi fece svegliare di colpo.
Ma diversamente da tutti gli altri giorni, balzai giù dal letto entusiasta.

Mi diressi in cucina cercando di indossare, in modo maldestro, una felpa e varcando la soglia della cucina, il profumo di dolci appena sfornati mi fece socchiudere gli occhi dalla delizia.

Scorsi mia madre, dietro al bancone della cucina, mentre smanettava con una moltitudine di ciotole e utensili da pasticceria.

«Buongiorno, mamma» la andai ad abbracciare.
«Buongiorno, paperella» mi salutò sfoggiando uno dei suoi meravigliosi sorrisi.

Mi sedetti in tavola e mia madre, sedendosi anche lei, mi porse un piatto zeppo di muffin al cioccolato appena sfornati. «Ho preparato i tuoi preferiti, visto?!».

Sorrisi addentandone uno.

«A che ora hai il volo?» chiese versando del caffè caldo in due tazze, per poi porgermene una.
Sorseggiai il caffè. «Alle due di questo pomeriggio, ma tra un paio d'ore devo essere in aeroporto».

«Ti accompagno io, vero?!» mi supplicò con lo sguardo e io le annuì sorridendo.                               

                                 * * *

«Mamma, sono pronta! Andiamo» urlai dal vialetto di casa.
Uscì afferrando le chiavi dell'auto e mi raggiunse. «Eccomi».

«Come ti senti?» mi chiese qualche istante dopo la partenza.

«Be' sono felice, questo è certo, ma allo stesso tempo, sono un po' triste... insomma, mi mancherà questo paesino» guardai fuori dal finestrino, osservando le casette colorate che fiancheggiavano la strada.
Spostai lo sguardo verso di lei. «E soprattutto mi mancherai tu, mamma».

Venti minuti più tardi mi ritrovai davanti all'aeroporto, abbracciando mia madre che non si sforzava di trattenere le lacrime. E nemmeno io.

«Mi dovrai chiamare ogni giorno» emise  un lieve singhiozzo.
«Te l'ho promesso».

Non appena varcai la porta girevole dell'aeroporto, dopo aver salutato mia madre con un ennesimo abbraccio, l'immensa folla e confusione che regnava dentro l'edificio mi riportò alla realtà.

Raddrizzai le spalle, asciugai i residui delle lacrime che sciolsero il leggero trucco dei miei occhi e mi incamminai cercando il gate del mio volo.

Un'ora più tardi mentre cercavo di capire come raggiungere la mia nuova casa, il telefono dentro la tasca del cardigan, cominciò a suonare.
Tirandolo fuori, notai un numero sconosciuto apparire sullo schermo; indecisa se rispondere o meno, mi guardai attorno intimorita.

Risposi facendomi coraggio. «Pronto?».

«Salve, lei è Eleanor, giusto?» chiese una voce femminile, leggermente metallica, dall'altra parte della chiamata.
«Si, si sono io».
«Perfetto... io sono Daphne, la governante di casa Collins. La signora Karol mi ha riferito di avvisarla che all'uscita dell'aeroporto la attenderà John, il loro autista personale» disse la voce, fortemente caratterizzata dal classico accento britannico, dall'altra parte della chiamata.

«Grazie mille per avermi avvertit-».
Di colpo la telefonata venne chiusa, impedendomi di completare la frase.

Emisi un sospiro, rilassando la schiena contro lo schienale della poltroncina della Departure Lounge.
                              

Le due ore di volo erano passate molto velocemente, tant'è che fino a quando non misi piede fuori dall'aereo e mi investì una folata di venticello fresco che mi fece rabbrividire, non realizzai di camminare sul suolo inglese.

Everything can endDove le storie prendono vita. Scoprilo ora