Capitolo 1

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Il suono stridulo di una campanella segnò la fine della prima settimana di scuola per i bambini della scuola primaria davanti a me.
Un branco di bimbi corsero felici verso il cancello verde dell'istituto, recandosi dai propri genitori e nonni che li aspettavano per andare a casa.

Proseguendo per la mia strada, con lo zaino in spalla, una vocina mi fece voltare. «Elly!» esclamò un bambino dai capelli rossi, correndo verso di me.
Tolsi l'auricolare dal mio orecchio. «Ciao Nic!» lo salutai.
«Volevo darti questo» a corto di fiato mi porse un foglio di carta ripiegato. Quando lo aprii una moltitudine di brillantini e colori sgargianti, accompagnati da una scritta cubitale, mi creò un pizzicore agli occhi.
"Per la migliore babysitter dell'universo. Buon viaggio Elly. Da Nic"                 

«L'ho fatto prima e volevo portartelo questo pomeriggio, ma ti ho vista passare».      
«Oddio ma è meraviglioso! Lo porterò con me a Londra, così ti penserò, ok?!» annuì abbracciandomi.
Nel momento in cui lo salutai, una punta di tristezza investì il suo volto angelico contornato dalla chioma ricciolina e ramata.

Camminando per le vie della piccola città in cui vivevo fin da bambina, mi guardai attorno pensando a come, in meno di ventiquattro ore, mi sarei ritrovata a chilometri di distanza.
Non avrei più visto le persone che vedevo ogni giorno, i luoghi che facevano parte della mia vita, il profumo familiare dei dolci appena sfornati della pasticceria e la quiete che regnava questo piccolo paesino.                         
Tutto sarebbe scomparso a breve, trasformandolo nella vita frenetica della capitale del Regno Unito.
                           

Appena varcai la porta di casa, il tipico profumo della cucina della mamma mi riempì le narici, facendomi emettere un mugolio dato dall'acquolina.
«Oh ciao, paperella!» mi salutò mia madre, presa dalle pentole sui fornelli.
«Mamma...!». Sentendo quel soprannome  alzai gli occhi al cielo.

«Che c'è?! Non posso più chiamarti "paperella" soltanto perché te ne vai via?!» mi rimproverò ironicamente.
Mi avvicinai a lei per stamparle un dolce bacio sulla guancia, sorridendo.
«Mamma dopo viene qui Greta ad aiutarmi a finire di preparare i bagagli».

Greta si presentò alla porta di casa nostra non appena scoccarono le due del pomeriggio.
Mi fiondai ad aprire la porta e in un lampo una chioma bionda si riversò addosso a me stringendomi in un caloroso abbraccio.
«Avanti donzella andiamo a preparare queste valigie» esclamò entusiasta dopo aver salutato mia madre.

«Voglio i dettagli» mi disse appena chiuse la porta della mia camera dietro di lei appoggiandosi su di essa. «Mi hai promesso che mi avresti raccontato tutto, quindi parla!».

Alzai gli occhi al cielo, sedendomi sul pavimento. «Hai presente la domanda che ho fatto l'anno scorso? Quella per l'università?» cominciai a parlarle mentre tirai fuori dall'armadio la valigia. Greta annuì, sollecitandomi a continuare. «Ecco mi hanno preso... e l'altro giorno una famiglia di Londra mi ha risposto per il posto da babysitter» continuai, impacchettando le varie scarpe nei sacchetti.

«Hai presente i Collins, che...» non mi lasciò nemmeno continuare la frase.

«I COLLINS?! Quei Collins?» esclamò incredula mentre si dirigeva verso il letto in cui si sedette subito dopo.
«Perché li conosci?» le chiedo.
«Lee, i Collins sono una delle famiglie più famose di tutta l'Inghilterra; Michael Collins è il proprietario di una delle aziende più importanti: la CBE; la Collins British Enterprises. Oddio!» si alzò di scatto andando alla finestra, voltandosi poco dopo emettendo dei gridolini e dei saltelli in preda alla gioia.

La osservai «Tita, va tutto bene?».
«Michael Collins ha un figlio» cominciò lei.
«E quindi?!» scrollai le spalle continuando a pregare gli indumenti da porre in valigia.

Andò di fronte al letto e si lasciò cadere di schiena sul materasso, lasciando rilassare il corpo su di esso.«Ha un anno più di noi ed è in cima alle classifiche per essere uno dei ragazzi più seguiti sui social e fotografato dai paparazzi».
«E' il sogno di ogni ragazza» commentò osservando il soffitto della mia stanza, lasciando che il suo viso assumesse un'espressione estasiata.

«Be'... sono l'eccezione, a quanto pare» dissi continuando a piegare i maglioni caldi da portare via.
Greta,si alzò di scatto, venendo verso di me cercando di strapparmi di mano i pantaloni della tuta.
«Eh no cara mia, questa robaccia non la porti! Piuttosto porta questo...» sorrise maliziosamente cominciando a muovere i fianchi tenendo in mano il vestitino blu notte che aveva trovato.

«Greta, ma tu sei impazzita?! Si gela a Londra e poi non posso mettermi questa roba» marcai con una smorfia ogni singola parola.
«E perché no?» mi chiese la mia amica.
Alzai gli occhi al cielo. «Perché ci vado per studiare e fare la babysitter ad una bambina di otto anni, non a fare la gallinella che va dietro ad un ragazzo famoso» dissi riprendendo a piegare gli indumenti oversize.
Si sedette  nuovamente sul letto, ma questa volta con espressione sconfitta, mentre lasciava dondolare le gambe.

«Vabbè, vedi tu...» disse. «...tanto non terrai addosso molto nemmeno quelli» mormorò cominciando a sorridere.
                        
«Ma sei scema?!» urlai sgranando gli occhi, per poi tirarle un paio di calzetti addosso.
                                  * * *

Alcune ore dopo, con l'aiuto di mia madre, riuscimmo  a finire di preparare tutto e quando Greta se ne fu andata, salutandomi in lacrime, decidemmo di trascorrere l'ultima serata solamente da madre e figlia.

«Mi mancherà non poter più avere questi momenti con te per un'intero anno» la sua voce si incrinò, mentre mescolava il ghiaccio del suo aperitivo.

Poggiai la mia mano sulla sua, accarezzando le lievi rughe della pelle.«Oh mamma... prometto che ci sentiremo ogni singolo giorno, ok?».

Lei annuì, ma senza far sparire la sua tristezza.

«Sembra l'altro giorno che ho dovuto abbandonare tutto per crescerti: i miei sogni, la vita che tutti si sarebbero aspettati da me... e invece quel tempo l'ho utilizzato per un piccolo esserino che cresceva innocentemente dentro di me» mi guardò mentre alcune lacrime le rigarono le guance rosee.

«Ma sai non posso essere più felice e fiera della donna che stai diventando».
I miei occhi divennero lucidi all'istante e in un attimo il suo volto venne illuminato da un dolce sorriso.

«E' buffo come a volte tu sia molto più matura di me, facendo sembrare che io sia la figlia che deve apprendere come affrontare la vita e tu la mamma che la aiuta».
La abbracciai. «Ti voglio bene, mamma».
                           
                                 * * *

La stanchezza minacciava il mio corpo, ma la trepidazione e l'emozione per il giorno seguente non mi aiutava di certo a prendere sonno facilmente.

Non d'aiuto nemmeno le parole dette da mia madre qualche ora prima, che solo al pensiero le lacrime minacciavano di uscire a cascate dai miei occhi.

Il nostro legame era  forte e sempre era stato tale: lei era l'unica che mi stava sempre accanto, ad ogni difficoltà o caduta.
Aveva lottato molto, si era  dovuta creare una corazza protettiva per le voci che erano state messe in giro prima della mia nascita e poi, con il mio arrivo, tutto divenne più complicato.

Ma lei non mi abbandonò mai. L'unico familiare vicino era sempre stata lei.

La mia casa era sempre stata lei.
Noi.
Sempre state la nostra prima scelta, a vicenda.

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Spazio autrice

Ciao a tutti, ecco pubblicato il primo capitolo di questa nuova avventura.😍
Ora avendo più tempo sto piano piano sistemando e continuando a scrivere questi primi capitoli.

Beh non siete curiosi di sapere qualcosa in più su questi personaggi?!😏
Vi tocca soltanto aspettare per continuare a leggere... (prometto che non vi farò aspettare troppo).

Un bacio,
Catason💋

Everything can endDove le storie prendono vita. Scoprilo ora