Capitolo 11

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Lee

Tic tac.

Quel suono arrivò alle mie orecchie in modo molto più accentuato del solito, costringendomi a sprofondare tra i cuscini di piume per placarlo.
Tic tac.
Rimbombava fastidiosamente senza interrompersi, come un innocente suono che voleva corrodere la mente di chi gli stava vicino.

Alzai il braccio, andando alla ricerca dell'oggetto da cui proveniva quel rumore che mi impediva di riposare; con gli occhi ancora chiusi, lo lanciai dal comodino  nel momento in cui lo riuscii ad individuare.
Riaffondai il viso in uno dei tanti cuscini e cercai di riprendere sonno.

Ma non ci riuscii... venni distratta, nuovamente, dal suono ritmico di quel aggeggio che si trovava sul pavimento della mia stanza.

Sbuffai girandomi di fianco. Mi sedetti a bordo del materasso portando istintivamente i palmi sugli occhi non appena la luce, proveniente dalla grande finestra, mi accecò con il suo bagliore.

Massaggiai le palpebre, prima di notare il piccolo vassoietto poggiato su uno sgabello di legno, vicino al comodino. Con esso, un biglietto: "Bevi, ti servirà".

Rigirai il pezzo di carta tra le mie dita, osservando ad una ad una le lettere, tracciando con i polpastrelli le linee dalla calligrafia nitida ed ordinata dall'inchiostro blu.

Afferrai il bicchiere, colmo fino all'orlo, e lo bevvi. Il sapore acre del liquido punse subito le mie papille gustative, facendo contrarre involontariamente i muscoli del mio viso a causa dell'acidità.  
Quando deglutii l'ultimo sorso, appoggiai il bicchiere nella stessa posizione nella quale lo avevo trovato e poi sospirai.

Sospirai cercando di rimettere al proprio posto tutte le vicende accadute la sera prima.
Mi ricordavo di aver passato del tempo con Liam, di aver bevuto qualcosa insieme e poi...

E poi... il vuoto.

Qualche rapido lampo di banali ricordi raggiunse l'ippocampo del mio cervello, facendomi rivivere alcuni momenti.
Ero stata con Liam tutta la sera e poi mi aveva accompagnata a casa.

Mi alzai dal letto, sicura della versione dei fatti data dal mio cervello.

E pur c'era qualcosa che non quadrava...

Scesi dal letto aggrappando il cellulare lasciato sulla scrivania. Scrissi subito a Liam, ringraziandolo per avermi riportato a casa sana e salva, e mi diressi verso la cucina.

«Buongiorno, signorina Lee» mi salutò Daphne.
«La colazione è pronta, si accomodi pure» la ringraziai sorridendo.

Presi una fetta di pane tostato dall'alzatina di cristallo posizionata in fondo al tavolo e cominciai a spalmarci sopra della marmellata.

«Stanno ancora dormendo tutti?».
«No, signorina» mi versò del caffè appena fatto in una tazzina di vetro.
«Il signor Michael e il signorino Benjamin sono usciti molto presto questa mattina e poco fa anche la signora Karol» continuò.
Annuii.

«Com'è andata la festa della scorsa sera? Lo avrei chiesto al signorino Benjamin ma non ha proferito parola questa mattina, non aveva una bella cera» disse.

Bevvi un sorso di caffè prima di risponderle. «Bene. E' andata bene, sì».

«Comunque grazie mille per l'aspirina che mi hai lasciato in camera, ne avevo proprio bisogno...» diedi un morso al pane, cercando di non far cadere la marmellata.
«Oh no, mi dispiace ma non sono stata io... quella che le avevo preparato l'ha bevuta Benjamin. Gliene stavo per portare un'altra quando si è svegliata» spiegò dispiaciuta.

Finii di masticare la mia colazione, rimanendo sgomenta. «Aspetta, non sei stata tu?».
Scosse la testa in segno di negazione, aprendo la bocca per dire qualcosa.

«Scusami torno subito» dissi alzandomi di colpo dalla sedia che strusciò sul pavimento, rilasciando un fastidiosissimo rumore.
Camminai di corsa verso la mia stanza, percorrendo il corridoio circondato da porte chiuse. Aprii la porta della mia camera con violenza, facendo cigolare i cardini.

Everything can endDove le storie prendono vita. Scoprilo ora