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Settimana prima


Aurelia


Stavo ammirando il riflesso nello specchio. Il mio corpo avvolgeva un abito a tubino color smeraldo ricoperto da una rete sottile di strass che finiva per terra. Guardai come mi stava di lato – splendido, mi girai più volte per assicurarmi che l'indumento mi donava un certo potere. Sentii una presa calda attorno alla mia vita, una mano robusta mi stava avvolgendo in un caloroso abbraccio.

"Sei perfetta",  il ragazzo vestito di nero con una maschera nera guardava il mio riflesso, aveva i capelli arruffati, guardavo incuriosita la sua maschera quando tutto attorno a me iniziò a mutare, tutto diventò nero. Lo specchio, era di nuovo davanti a me, ma non più solo un ogetto, aveva un'anima. Non c'era il mio riflesso, ma una faccia pallida, di forma strana e anomale. La sua bocca era troppo grande per il suo viso, i suoi denti gialli, aguzzi...Mi stava fissando e d'un tratto sorrise.

"Tu", sogghignò, mentre un liquido nero e denso scendeva lungo il suo mento, riprese a parlare con un sorriso - "Ti aspetto", fissavo terrorizzata quel viso deforme con i denti neri nello specchio davanti a me, il mio cuore stava impazzendo, ero spaventata. La paura prese il sopravvento e chiusi gli occhi per non vedere ciò che stava accadendo.

"Svegliati", una voce mi riporta nella realtà e vedo zia Ashley in piedi davanti a me.

 "Sei tutta bianca, hai visto un fantasma?", mi punzecchia sapendo che molto spesso faccio gli incubi a base di presenze spiritiche malevoli. Mi sedetti sul letto senza dirle niente ma guardandola intensamente. La donna stava in piedi al mio letto, già vestita e truccata. I suoi capelli biondi erano luminosi e ben pettinati. Aveva un aspetto bello e fresco, mi chiedevo come facesse lei ad essere così la mattina presto.

"Auri, io esco, tu preparati. Ci vediamo più tardi", mi diede un leggero bacio sulla fronte, e se ne va. Sento la zia aprire la porta d'ingresso e rinchiuderla qualche secondo dopo. Ero in ritardo per la mia lezione e stavo raccogliendo i libri che avevo lasciato per terra. Uscii di corsa sbattendo la porta alle mie spalle tenendo in mano il blocchetto con gli appunti. La mia scuola non si trovava lontano da casa mia. La città era piccolina e circondata dalle montagne. Isolata dal mondo, immersa nel verde. Per questo amavo Grinderwald. Mi piaceva la tranquillità e pace che girava qui, le famiglie che vivono qui da secoli e nessun vai e via di gente sconosciuta. Avevamo tutto, come grandi città ma in quantità estremamente ridotta e naturale. Cercavo di accelerare il passo mentre sorpassavo gli studenti che passeggiavano con la tranquillità in cortile. 

Non fu uno spasso sta maledetta lezione. Due ore passate a scrivere sul mio quaderno e pure non stavo dietro. La storia contemporanea è una delle materie più odiate da me, ma sono fortunata ad avere una brava professoressa che ci lascia la libertà di parola o fare le richieste affinché noi seguivamo le sue lezioni dettate.

"Professoressa, mi sono persa", sbuffai lasciando cadere la penna sul banco, mi passò silenziosamente dei fogli.

"Restituisci da sola al proprietario dopo", replica e continuò a spiegare la lezione. Il mio sguardo si posa subito sul nome scritto con la calligrafia a mano in alto a destra sul primo foglio dell'alunno, Nils Moore, era seduto sull'ultimo banco vicino alla finestra, mi girai inconsciamente per guardarlo e mi resi conto che mi stava già guardando. Il suo viso fu percorso da una espressione schifata – di sicuro rivolta a me. Altrimenti non potrebbe essere. 

Mio padre era un buon amico del suo, un detective della nostra città Charles Moore. Sua madre è venuta a mancare quando lui era piccolo. Tra di noi non è mai nata l'amicizia nonostante passava un po' di tempo a casa mia quando eravamo bambini. Col passare del tempo Nils diventò sempre più cupo e meno socievole. 

NightmareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora