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NILS


"Nils! Nils! Nils!", sento urlare il mio nome, proveniente dalla folla, mentre mi scolo un bel brandy alla festa di Jeroen, mi giro verso le urla e vedo Cassie correre nella mia direzione, la migliore amica di Aurelia,"Nils, aiuto...", cerca di riprendere il fiato, appoggiando la mano in mezzo al petto.
"Cosa ci fai qui?", lei mi guarda terrorizzata,
"Dov'è Aurelia?", non rispose ma indicò su con il dito, "Parla!", urlai contro di lei, buttandomi velocemente giù l'ultima goccia dell'alcool che avevo nel bicchiere.


"Jeroen l'ha trascinata su", serrò la mascella talmente tanto che mi faceva male, la forza si sposto il mio pugno che avvolgeva un sottile bicchiere di vetro facendolo saltare in mille pezzi, a volte non serve nemmeno stringere per saltare fuori le cose. Tolsi i vetri incollati alla mia mano, non badando alle gocce di sangue che si stavano facendo vedere. Non importa. M'importa lei.


"Gli avevo detto di starle lontano", dico correndo su per le scale, Cassie mi segue dicendo che non sa in quale stanza è. Apro la prima porta, un ragazzo sta limonando una, non è questa, quando sto per chiudere sento le urla provenienti dall'ultima stanza in corridoio. Non mi devo nemmeno sforzare per far sparire la musica su questo piano. Mi avvicino a passo svelto verso la porta. Chiusa, cerco di calmarmi, do un'occhiata a Cassandra e con veloce movimento do un colpo alla porta e nello stesso tempo muovo la mano per aprirla.
Alla mia visuale si apre subito Jeroen, il coglione che ho avvertito oggi pomeriggio di non avvicinarsi mai ad Aurelia, stare senza i pantaloni al bordo del letto. Il mio sguardo scivola giù sulla ragazza castana che giaceva sul letto con vestito tirato su. Dai suoi piedi scende il sangue che gocciola sul pavimento, tantissimi pezzi rotti del vaso o vetro ricoperto del suo sangue. La testa di Jeroen macchiata di sangue. Stava lottando. Che brava ragazza.


"Brutto pezzo di merda", non aspettai più di due secondi per saltargli addosso sfregiandogli un pugno dritto in faccia, lui barcollò indietro invece io con grandi passi continuai a fargli provare il dolore, come lui ha fatto alla ragazza dei miei sogni. Che sia pugno, che sia gomito, che sia ginocchio se lo merita tutto. Tutto il dolore del mondo per aver toccato ciò che è mio. Trascino fuori dalla stanza il corpo ormai svenuto, chiudendolo nella stanza accanto, ci pensa Jay a farlo sparire dalla stanza dei detersivi e portarmelo.


Ritorno velocemente nella stanza, Cassie cerca di tirare su Aurelia. Gli occhi grigi e freddi della ragazza trovano i miei e mi manca il fiato.
"Grazie", mormorò Aurelia chiudendo gli occhi, sembrava che avesse le palpebre pesantissime e faceva fatica tenere gli occhi aperti.
"Ti ha toccata?", resto immobile in piedi davanti a lei, non rispose, si limita a guardarsi le unghie "Rispondi, cazzo!", stavo perdendo la pazienza, stavo perdendo il controllo, nessuno può toccare la mia ragazza. Mi sono sempre occupato personalmente che nessuno la portasse a letto e nessuno le togliesse ciò che è mio. L'unico che ho lasciato stare con lei era Rafal. L'ho sempre visto innocente, un innamorato perso di Aurelia che non lo noterebbe mai. Ora, invece, la tengo d'occhio. Finalmente ho installato le videocamere anche a casa sua.


"Che te ne importa", urla con le lacrime agli occhi, "Non mi ha stuprata", finalmente dice ciò che volevo sentire più di qualsiasi altra cosa.


Non perdo altro tempo e afferrò Aurelia, una mano va sotto le sue ginocchia e una sulla vita, volevo farlo da così tanto tempo. Per ora mi limitavo solo di guardarla a dormire silenziosamente nella sua camera. La mia presa è stretta attorno alla sua vita piccola. La guardai negli occhi per quei secondi che sembravano un'eternità, un qualcosa che non vorrei finisca mai, lei doveva per forza distruggere questo momento con quella sua boccaccia.
"Cosa fai?", guarda Cassandra e poi ritorna a guardare me.
Il mio cazzo stava pulsando nei miei jeans fino a farmi male. Un suo sguardo basta per torturarmi, se solo lo sapesse.
"Ci penso io", Cassandra mi lancia un'occhiata torva.


"Non mi fido di te", dice lei mettendosi davanti alla porta bloccandomi la via l'uscita.
"Trova un altro, che faccia ciò, che sto facendo io", lei annuisce abbassando lo sguardo. Mi sta sul cazzo, spinge sempre Aurelia a fare cose insensate. Si sposta ed io esco a passo svelto da quella casa. Raggiungo di corsa la mia macchina e la portiera si apre automaticamente.
"Come hai fatto ad aprirla?" Aurelia mi guardò con quei occhi curiosi.
"Sono come te", la metto giù sul sedile e le aggancio la cintura, a passo svelto raggiungo il mio posto e scivolo dentro.


"Nils", sussurra l'angelo al sedile accanto, mi scatto per guardarla. "Ho i piedi sporchi", miagola. Che cazzo pensa, che mi interessa che possa sporcarmi qualcosa? Però mi sono dimenticato di prendere i suoi tacchi. Ora le devo un paio.
"La tua macchina...", balbetta non appena i miei occhi incontrano i suoi, "Non vorrei sporcarla", deglutisce e distolse lo sguardo fissando i suoi piedi.
"Non vedo il problema", metto su la cintura e accendo la macchina, il motore ringhia e noi partiamo. Come è stupida lei di venire con me, a volte mi sorprende, sa perfettamente che sono l'ultima persona della quale potrebbe fidarsi e pure e qui. A forse mi chiedo, se lo fa perché prova qualcosa per me, oppure perché sente nel profondo dell'anima che di me può fidarsi del tutto. Inspiro profondamente e il suo profumo mi travolge, è così dolce e innocente proprio come lei, forse poco innocente, ma per me lei è così. Farò di tutto che questo profumo stia per sempre in questa macchina.
"Dove stiamo andando?", sussurrò Aurelia come se avesse paura di parlare ad alta voce.
"Dove mi sento a mio agio", di sicuro non la riporto a casa sua, una volta è nella mia macchina la terrò più a lungo. Senza distogliere lo sguardo dalla strada, guido, se dovessi guardarla potrei non resistere e saltargli addosso.


"Dove però?", chiede. Non la guardo, respiro.
"Riesci a stare zitta?", averla accanto mi fa sentire strano. Voglio averla, possederla, a tutti i costi – prima è meglio è. La sento mormorare un grazie seguito da un silenzio, solo il rumore della macchina echeggia nel salone. Parcheggio la macchina nel vialetto di casa mia. Mio padre è ancora via, passa poco tempo a casa, ma è meglio così, non andiamo molto d'accordo. Troppi motivi.
"Perché siamo a casa tua?", mi guarda intensamente e riesco a vedere la sua paura, il suo cuore che batte all'impazzata. Non rispondo, e non la guardo nemmeno, mi concentro sul tenere le mani al posto e non saltarle addosso per assaporare ogni pezzettino di lei. Bella sua carne morbida e calda. Basta. Apro la portiera e la prendo in braccio, è estremamente leggera, non ci impiego molto ad arrivare al mio letto e farla sedere sul bordo, non parla, mi guarda e basta. La lascio lì e vado in bagno per prendere il medi kit, mi approfitto di mandare un messaggio a Jay, e chiederli di occuparsi di Jeroen. Apro lo scaffale afferrò la scatoletta, e chiudo l'anta dello scaffale. Davanti a me appare il mio riflesso, i miei capelli sono scompigliati, vanno qua e là facendomi sembrare uno che è appena uscito dalla doccia. La mia felpa è sporca di sangue, qualche schizzo qua e là – è da buttare.


Sospiro. Mi sistemo velocemente il cazzo duro nel pantalone cercando di farlo sparire dalla vista, per quanto possa essere possibile, e ritorno dalla ragazza.
Pulisco bene i piccoli tagli che ha sui piedi e mi assorbo ogni sua smorfia provocata da bruciore. Il suo sguardo è pesante su di me, faccio finta di non guardarla, ma lo sento, non ha mosso gli occhi su di me neanche per un secondo. Ha il respiro pesante e il cuore che le martella nel petto.
"Hai paura?", interrompo il silenzio. Mi siedo sul pavimento di fronte alla ragazza, mi prendo qualche secondo per studiare bene il suo viso. Le espressioni che si cambiano con ogni mio movimento, tristezza, paura, rabbia, curiosità e qualcosa indecifrabile, l'ultima emozione è qualcosa di nuovo.
"No", sta mentendo. Lo vedo.
"Balle", aggrotta le sopracciglia, "Di cosa hai paura?", ritento.
"Di nulla", non si arrende, ma fa uno sbaglio, come faccio a credere ad una persona che quando risponde non mi guarda negli occhi – o meglio dire si guarda attorno in una ricerca di fuga. Ha paura, di me, di stare con me, lo posso sentire. Il potere che esercito su di lei mi fa andare su di giri, il mio cazzo pulsa forte e faccio fatica a mantenermi composto. Pulsa da quando l'ho vista lì seduta sul letto. Cazzo. È la mia rovina.

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