Capitolo 11

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Stecco fluttuava in un mondo ghiacciato in cui il suo corpo era trascinato come un iceberg, alla deriva della corrente e incapace di scegliere la propria direzione.

Bloccato, in un mondo vuoto, aveva un solo compagno.

Il suo dolore.

E, con esso, i ricordi.

Di suo padre ricordava il tono caldo della voce, i suoi gesti ruvidi, ma ogni giorno gli sembrava di ricordare sempre meno il suo viso e il suo corpo. Ma gli sembrava di sentire ancora il suo odore di fango caldo che lo avvolgeva quando tornava la sera e lo abbracciava.

Di sua madre ricordava meglio i tratti, in particolare il suo viso dolce. Aveva una voce leggermente acuta, ma ricordava sempre meno le favole che gli raccontava la notte e le parole che gli rivolgeva. Però ricordava bene le sue carezze colme di dolcezza, e il suo odore, simile a pane appena sfornato.

Ora, iniziavano a sommergerlo anche i ricordi dolorosi di suo padre adottivo, perché non era morto, ma sapeva bene che non lo avrebbe più rivisto. Il suo tono burbero, i suoi gesti secchi, il suo odore di rolcopa selvatico, e le mani callose che, a modo loro, lo avevano accompagnato e protetto quando si era svegliato nell'infermeria. Ma, sopra tutto, ricordava i suoi occhi, gli occhi con cui lo fissava impaurito quando era esploso nell'infermeria, rischiando di ucciderlo.

Tutti questi ricordi lo lambivano, si accavallavano, lo sommergevano.

Avrebbe voluto urlare, ma non poteva fare niente, solo rimanere in quel mare ghiacciato di nulla.

Poi, lentamente, un nucleo caldo iniziò a pizzicare all'altezza del cuore. Era timido, appena accennato, eppure era lì, assieme al dolore. C'erano ambedue, i ricordi dolorosi e quel pizzicore debole, caldo, in cui sostava volentieri.

Per la prima volta, qualcosa riusciva a fargli compagnia quando era solo nel suo dolore. Non gli era mai accaduto.

Quel cuore pulsante si ampliò, estendendosi dal petto e riempiendolo, fino a giungere sulle punte delle sue dita e fuoriuscire da lui.

Saette blu e gialle iniziarono a lampeggiare tutt'attorno, attraversando il mondo ghiacciato che lo circondava in lampi accecanti e rendendolo luminoso.

Il tempo passava, con il dolore che lo accompagnava e il pizzicore che gli scaldava il cuore, fuoriuscendo da lui in saette che illuminavano quel luogo immobile.

Finché il mondo ghiacciato si mosse, e iniziò a stringersi su di lui. Divenne sempre più asfissiante, facendogli sentire la sua morsa fredda che lo azzannava. Il fianco, dove i denti del darkai erano affondati, iniziò a diventare talmente caldo che gli sembrava di sentire la pelle liquefarsi sotto la forza di quel calore incandescente. E più la morsa si stringeva, più il fianco sembrava essere lambito da lingue di lava incandescente.

Le folgori blu e gialle presero a vorticare tutt'attorno, come cercando di lottare con quella morsa, aumentando di numero e intensità.

Parvero riuscirci, bloccando quella morsa stritolante e donando un leggero sollievo al fianco. Lottarono, saettarono, e quei ghiacci tutt'attorno parvero quasi regredire, ma fu la sensazione di un attimo.

Dopo una breve vittoria, i fulmini sembrarono tremolare e diventare appena più fochi, mentre il mondo ghiacciato riprendeva la sua corsa e il fianco diventava nuovamente incandescente.


In un barlume di una strana consapevolezza, che non capì da dove gli arrivasse, comprese che stava per morire.

Non sembrava una brutta prospettiva. Fine del dolore, fine della solitudine. L'inizio di qualcosa di nuovo.

Magari, avrebbe persino rivisto i suoi genitori.

Il mondo in cui era confinato arrivò a stringergli il corpo nella sua morsa. La sua presa era talmente ghiacciata che gli parve gli stesse strappando lembi interi di pelle e carne, mentre il fianco bruciava a tal punto che gli sembrò di sentire le ossa sotto scricchiolare mentre iniziavano a fondersi per il calore.

Benché non potesse fare nulla, fece l'equivalente di quello che poteva essere chiudere gli occhi, annullandosi in un angolo della sua mente mentre il corpo urlava in un dolore talmente estremo da non essere quasi concepibile.

Doveva solo resistere un altro attimo, e la morte lo avrebbe preso in consegna.

Unica cosa che non faceva male, quel pizzicore piacevole all'altezza del cuore...

Era bella quell'energia. Sapeva di totalità, aveva la capacità di espandersi con docilità, quasi come se chiedesse il permesso di poterlo fare. Lo colmava, e gli piaceva poter soffermarsi in essa, poter fare fluttuare il suo corpo in quell'energia dai bordi levigati pronti a donargli un leve pizzicorio.


Sapeva di...

...vita.

Una vita piena, colma, pigiata, traboccante.

Fece l'equivalente di quello che poteva essere aprire di scatto gli occhi.

Lui non voleva abbandonare quella vita, voleva percorrerla appieno!

Si accorse del dolore lancinante che lo attraversava. La sua mente urlava impazzita, ma lui provò a ignorarla e a chiedersi cosa potesse fare.

I lampi fuori di lui non potevano opporsi alla morsa, erano troppo deboli.

Ma quella forza non era solo esterna, era anche in lui.

Mentre iniziava a non sentire più alcune parti del suo corpo, provò a usare quell'energia. Ma non come aveva fatto quando aveva cercato di difendere Selean. In quel caso, aveva provato a imbrigliarla e a lanciarla fuori da lui. Ora, le permise di allungarsi nel suo corpo, di attraversarlo interamente, riempiendogli anche la mente, i pensieri, la sua stessa volontà.

Quel pizzicore non fu più una cosa estranea che lo attraversava e che doveva buttare fuori, ma qualcosa a cui diede il permesso di fondersi con lui.

Divenne parte dei suoi pensieri, del suo sangue, della sua pelle.

Le permise di circolare liberamente dappertutto. Dentro di lui, ma anche fuori da lui. Come se fosse un'espansione del suo corpo, come se fosse un suo arto, le permise di ampliarsi oltre il suo corpo.

E l'energia impattò con la morsa stritolante di quel mondo ghiacciato.

Tentò quella morsa di resistere, ma non c'era possibilità. Non fu cacciata indietro, fu vaporizzata, in un istante.

L'energia si allungò, libera di fluire ovunque, e poi tornò in lui, attraversandolo di quel pizzicore piacevole.

Chiuse gli occhi, beandosene.

Poi, li riaprì. Questa volta, per davvero.

Per primo, sentì alcune voci sorprese e qualcuno che diceva qualcosa.

Per secondo, sentì il bruciore di uno schiaffo che gli attraversava la guancia.

Per terzo, sentì il calore di un abbraccio condito da grosse lacrime.

Lo Stregone delle Ombre - Il viaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora