Capitolo 13

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“Quanto dovremo ancora restare in questo buco inutile?”

Sbuffò, dando un calcio a un sasso grosso quanto il suo pugno, che rimbalzò per alcuni metri prima di fermarsi tra le ombre.

“Secondo me, dovresti abituarti alla vita in questo villaggio. Non credo che al comando o alla corte si ricordino nemmeno di aver mandato qui due soldati. Alla taverna c’è quella cameriera che ti lancia sempre occhiatine, prova a parlarle. Potrebbe rendere meno noiosa la permanenza.”

“Pfff, non ho possibilità con lei. Secondo me, non si ricorda nemmeno il mio nome.”

“Quando mi ha chiesto di te, il nome lo ricordava molto bene.”

Il soldato parve ridestarsi. Lo sguardo, fino a quel momento un misto di noia e rabbia che ciondolavano assieme nel vento leggero della sera, ebbe un fremito di interesse.

“Ti ha chiesto di me? Quando?”

“Quando sono andato a cercare il guaritore per il ragazzino. L’ho cercato direttamente alla taverna, tanto era lì sicuro, e la cameriera mi ha chiesto di te.”

Abbassò nuovamente lo sguardo, cercando di concentrarsi sulla polvere del terreno. Aveva chiesto di lui?

“Improvvisamente, il villaggio non è più tanto noioso, ve…?”

La frase fu interrotta da un grugnito strozzato, poi il corpo cadde a terra. Il suo compagno scattò sull’attenti, estraendo di scatto la spada dal fodero, mentre la figura che aveva colpito il compagno con un grosso bastone usciva dall’ombra.

“Fermo! Butta a terra il bastone e allontanati dal mio compagno, lentamente!”

“Oh, non penso tu abbia compreso la situazione. Ora sarai te ad abbassare la spada.”

La voce, talmente profonda che sembrava uscire dal fondo di una caverna, proveniva da un uomo mezzo nascosto nell’ombra, che solo in quel momento fece un lento passo avanti rendendosi visibile. Era tanto alto quanto grosso, e il viso pingue mostrava un enorme naso a patata, schiacciato nella parte finale come se fosse stato spiaccicato da un urto violento. Una cicatrice, dai bordi grossi e irregolari, gli attraversava la guancia destra fino all’orecchio, nascosta solo in parte da una barba mal tagliata, di uno strano colore grigio che in alcuni punti tendeva al nero scuro, in altri variava fino al giallo sporco. Strabuzzò gli occhi porcini, e le labbra carnose si piegarono in un ghigno, mettendo in mostra grossi denti squadrati.

“Adesso ti spiego cosa succederà. Tu butterai a terra l’arma, o perché tieni alla vita del tuo compagno tramortito – così dicendo, l’uomo col bastone estrasse un lungo pugnale e lo puntò alla gola del soldato a terra – o perché tieni alla tua.”

A quelle parole, le fronde di un albero lì vicino si mossero chiassose, e la punta di una freccia brillò sotto il riflesso della luna, puntata verso il soldato armato.

Deglutì, ragionando se potevano esserci soluzioni che in quel momento non trovava. Non vedendone, tentò di prendere tempo.

“Vi rendete conto che state minacciando una guarnigione del re? Cosa volete?!”

“Tranquillo soldato, non vogliamo noie col re, siamo sudditi fedeli. Infatti, appena appoggerei l’arma a terra, noi semplicemente ti legheremo, assieme al tuo compagno, e passerete una semplice notte in compagnia, con solo un bernoccolo in ricordo di questa spiacevole avventura.”

“Se non avete niente contro il re, potete girare i tacchi e andarsene.”

“Oh, assolutamente niente contro il re. Ma abbiamo saputo che in questa casa di guardia trovano rifugio tre cacciatori di frodo, che hanno ignobilmente messo le mani su una testa di darkai. Un crimine orrendo, uccidere una così preziosa creatura. Vogliamo requisire quella testa, e spartircela fra noi. Fra me, il mio amico con il pugnale sulla gola del tuo collega, il mio compagno che ti tiene sotto mira, e i due che stanno per immobilizzarti.”

Lo Stregone delle Ombre - Il viaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora