Ergaf
Terre degli Uomini del Sud
Villaggio
Stecco balzò a sedere, un urlo strozzato nella gola. Ogni fibra del suo corpo sembrava ruggire, e si sentiva come se gli avessero rifilato un pugno nello stomaco. La luce lo abbagliò, costringendolo a sbattere le palpebre e ad avere una visione fumosa di quello che lo circondava.
Una mano ruvida, piena di calli, si poggiò sulle sue spalle e lo spinse delicatamente, facendolo tornare steso, avvolto da un abbraccio di morbide lenzuola. Non si ribellò a quella spinta; avrebbe riconosciuto tra mille i calli del suo padre adottivo.
"Cos'è… cos'è successo?"
Le parole uscirono a fatica. Avvertiva un senso di vertigine, e si sentiva strano, come se gli avessero fatto bere a forza un fluido bollente che ora gli riempiva lo stomaco e si diramava in tutte le viscere, i nervi e i muscoli, colpendolo con continui pizzicorii. Che però non facevano male, anzi...
"Te lo spiegherà lui."
Il suono familiare della voce di Kaemont, burbera come sempre, gli diede un minimo di conforto, e calmò il martellare del cuore che gli assordava le orecchie. Sentì che la mano del padre non si era staccata dalla spalla; continuava a udirla salda, come a dirgli che era lì, che non l'avrebbe lasciato.
"Lui chi?"
Una figura apparve nella sua visuale, unica cosa chiara in mezzo ai contorni sfocati. Era piccolo, alto meno di lui, dai lineamenti rugosi e pallidi. Indossava una tunica di un azzurro sbiadito. Gli occhi scuri saettavano dappertutto, senza fermarsi mai a fissarlo per più di una manciata di secondi.
"Non so se ti ricordi di Gandonet. È lo stregone che chiamiamo quando c'è qualche ferito grave, o se abbiamo dei bisogni urgenti che non riusciamo a risolvere da soli."
Stecco collegò quella figura alla stessa che aveva visto una manciata di volte nel villaggio, e quel ricordo parve quasi snebbiargli la vista, fino a quel momento rimasta avvolta da una nube confusa.
Si guardò attorno, vedendo realmente per la prima volta le grandi travi di legno della stanza, il soffitto marrone solcato da venature concentriche. Sentì il lieve sibilo del vento che filtrava tra le assi, e il tintinnio di una campanella che accompagnava il fruscio delle coperte stese ad asciugare, creando un ritmo cadenzato. Tastò il letto candido su cui era posato. Era grande, morbido, e profumava di pulito, ben diverso dal pagliericcio giallognolo che avevano lui e suo padre in casa.
Solo un edificio aveva quei letti, solo in un posto vedeva sempre delle coperte bianche stese tra le palafitte ad asciugarsi.
L'infermeria.
Era malato?
Il cuore iniziò a martellare veloce. Prese grosse boccate d’aria e vide le mani inumidirsi di uno strato di sudore, mentre l'orrore gli invadeva il petto. Stritolò le coperte, sentendone il tessuto morbido accarezzargli i polpastrelli umidicci, e iniziò a emettere spasmi irregolari. Il colore marroncino chiaro della stanza iniziò a sfumare, così come i contorni di ciò che lo circondava.
Quel calore che sentiva nelle viscere, nei muscoli, vibrò, seguendo la sua agitazione, solleticandolo con mille punture d'ago. Gli occhi si riempirono di lampi blu e gialli. Sentiva il bisogno di alzarsi, di correre via, ma le lenzuola sembravano catene che lo ancoravano al letto.
Iniziava così?!
"Ho una delle piaghe?! QUALE?!"
La presa della mano callosa di Kaemont si fece più salda sulla sua spalla, e quel piccolo gesto ebbe il potere di calmarlo, ridefinendo i contorni della stanza e facendo tornare al loro posto i colori che aveva visto sfumare rapidamente. No, chi aveva una delle piaghe veniva rinchiuso in casa, nel buio di porte e finestre sprangate, solo un piccolo buco lasciato aperto per fare filtrare un minuscolo fascio di luce e allungare acqua e cibo. Due settimane, poi si riapriva, sperando di trovarlo vivo.

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Lo Stregone delle Ombre - Il viaggio
Fantasy* ogni lunedì * In un mondo devastato da quattro terribili malattie che sembrano senza cura, riuscire a condurre una vita normale è difficile. Eppure ci si prova, giocando con gli amici, condividendo la vita col proprio padre adottivo, trascorrendo...