Capitolo 18

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“Sei turbato?”

Stecco guardò fisso davanti a sé, fingendo di essere molto interessato a fissare le barche vuote ondeggianti sulle onde, quasi che cercassero di scappare dai molti tirando le corde sfilacciate con cui erano costrette ai grossi tronchi piantati nel fiume.

“Cosa te lo fa pensare?”

Selean fece spallucce e si fissò la punta delle scarpe. Forse cercando le parole, oppure impegnata a non inciampare su quell'irregolare terreno affianco ai moli, formato da terra mista a sabbia e che in diversi punti presentava montagnole o buche improvvise.

“Beh, siamo in viaggio da tre giorni, e non sei stato di molte parole. Se avevi qualcosa, speravo stessi solo aspettando il momento migliore per parlarmi. Ora, con Volcaret rimasto a guardia dell'elfo, siamo soli a fare provviste e capire. Eppure, non mi hai ancora detto nulla.”

Perché? Perché Selean si accorgeva sempre di tutto?

Non poteva dirle la verità. Come confessare che da giorni, nella sua mente, rivedeva sempre le stesse due scene? Ambedue dentro quella maledetta casa delle guardie.

La prima era l'immagine di Volcaret che entrava di colpo dalla porta, la spada sguainata, il mantello svolazzante, i muscoli tesi. A quell'apparizione, Selean aveva emesso un grido di gioia e aveva urlato il nome del ragazzo misterioso.

Nella sua testa, Stecco continuava a rivedere quel grido, a sentirne il calore, a palparne l'impeto, tanto da averne fatto un quadro nella sua mente che lo feriva ogni volta che tornava a fissarlo.

Perché l'amica non aveva mai pronunciato il suo nome di Stecco con la stessa enfasi.

E questo, gli faceva male. Un dolore che gli agitava lo stomaco e faceva imbizzarrire quel pizzicorio incessante che lo attraversava.

La seconda, era un'immagine che spingeva continuamente nei recessi della sua mente, e lui cercava ostinato di cancellarla, di sbiadirla. Ma più tentava, più diventava nitida.

L'immagine di Selean, dietro di lui.

Trafitta dalla lama che lui aveva schivato.

Il suo sangue rosso, che sgorga dalla ferita.

E riempie tutta la visuale.

Perché lui non l'aveva difesa. Non l'aveva protetta.

Certo che poi pronunciava il nome di Volcaret con quell'enfasi.

E lo guardava con quell'espressione rapita.

O gli lanciava occhiate veloci mentre le dava le spalle.

Lui era arrivato per salvarla.

Stecco aveva lasciato che la ferissero.

Guardò nervosamente il fiume di Sare, il cui corso largo si perdeva per metri, rendendo appena visibile le dolci colline dell'altra riva. L’aria era intrisa del sudore degli uomini che faticavano presso i piccoli moli, misto a un odore pungente di pesce e fanghiglia.

Cercò di dire qualcosa mentre si contorceva le dita. Non poteva dirglielo, doveva inventare qualcos'altro per darle una risposta.

“È la magia che ti sta turbando così?”

Le mani si bloccarono, smettendo di dimenarsi nervosamente. Involontariamente, Selean gli aveva servito la risposta da darle. E non sarebbe stata nemmeno una bugia tanto colossale, visto che effettivamente anche quel pensiero lo stava distruggendo, anche se meno degli altri due.

“Sì, esatto. Non volevo parlartene perché… perché nemmeno io riesco a capire cosa mi stia succedendo.”

Aveva iniziato ad agitare in aria le mani, e si costrinse a bloccarsi prima di riprendere a parlare. Non poteva farle capire quanto fosse inquieto.

Lo Stregone delle Ombre - Il viaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora