Capitolo 21

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Come esco da questo casino?

Il pensiero riempiva la testa di Volcaret, martellando e cercando una soluzione. Ma la verità era che tutta quella merda puzzava di vicolo senza uscita da qualunque angolo lo guardasse.

Davanti, a qualche paio di passi, il fiume, con la zattera che sbandava sui flutti tumultuosi tenuta dalla corda legata all’ormeggio. I due zattieri stavano tra lui e le acque, il più grosso con la sacca in mano, il secondo con un braccio stretto attorno a Selean, il coltello ben appoggiato sul suo collo.

Dietro, a pochi passi di distanza, la strega aveva le mani accerchiare da un’aurea rossa, e il bestione che comandava teneva un'ascia bipenne nella mano destra, talmente enorme che lui avrebbe faticato a sollevarla con due mani, e una scure più piccola in quella sinistra.

In mezzo, lui e quel cretino di Stecco, totalmente inutile visto che non sapeva usare né le armi, né la magia.

Alla loro destra l'elfo, che non avrebbe certamente parteggiato per lui.

Era circondato, solo, con i nemici che avevano sia la sacca, sia Selean.

E tutto per colpa di quel cretino di Stecco.

Avrebbe potuto iniziare sgozzando lui. Almeno, si sarebbe tolto lo sfizio di sentire l’odore penetrante del suo sangue prima di crepare.

L'unica incognita era Notte. Il suo disma poteva essere un dato a suo favore, ma conosceva bene l'animale. Quando fiutava un pericolo aveva talmente paura che riusciva solo ad andare a nascondersi. Sicuramente si era già rintanato da qualche parte.

L'unica speranza è che nella loro lotta per la testa del darkai si dimentichino di me. Allora potrei…

“Ragazzino, lascia la spada. I grandi devono parlare fra loro, ma prima tu ti metti buono a cuccia, ci siamo intesi?”

Ecco, sono fottuto.

Un tuono ruppe l’aria, sottolineando il suo pensiero. Si alzò un vento impetuoso, che portò la pioggia a schiaffeggiarli sui volti e a penetrare con un tocco umidiccio tra le pieghe dei loro vestiti.

“E se non volessi?”

Un ghigno attraversò il volto dell’uomo che teneva tra le braccia Selean, e il braccio col pugnale fece una leggera pressione, creando una goccia di sangue che dal collo prese a scivolare sulla punta del coltello. La ragazzina strinse i denti, ma non emise un solo fiato.

Ma cosa ho fatto di male per avere questi due ragazzini tra i piedi?

Prese un grosso respiro, sentendo l'odore della pioggia e del suo sudore solleticargli il cervello, prima di lasciare cadere a terra la spada. Era così abituato ad averla con sé, che gli parve quasi di sentire l'odore ferroso della sua arma abbandonarlo.

L’elfo gli passò affianco, facendo risuonare i suoi passi sul terreno bagnato, e si chinò sulla lama. Ne usò il bordo tagliente per liberarsi dalle corde ed emise un verso di soddisfazione quando le mani tornarono libere, massaggiandosi intensamente i polsi. Poi strinse la spada e la alzò verso di lui, puntandogliela alla gola.

“Non fai tanto il prepotente ora, vero?”

Maledetto.

“Aklatec, – la voce cavernosa del capobanda risuonò nell’aria, talmente profonda che sembrava salire dal terreno e ingurgitare le gocce di pioggia – non perderlo di vista. E tu, piccolo stregone, non fare strane magie, o i tuoi amici ci rimangono secchi.”

“Tranquillo Mug, non devi preoccuparti di lui. – l’odore dell’alito dell’elfo, pungente e con sentori acidi che gli fecero storcere il naso, arrivò alle sue narici anche in mezzo al sentore umido della pioggia – Non sa usare la magia, fa solo cose a caso e senza senso. È inutile.”

Lo Stregone delle Ombre - Il viaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora