Non avere fretta. Mai. Nemmeno quando la situazione sembra talmente disperata da urlarti nel cervello che devi muoverti. Non ascoltarla. Prenditi sempre il tempo per studiare l’avversario, il campo e i tuoi mezzi.
La voce del maestro d’armi riempiva la mente di Volcaret, col suo tono duro simile a ferro battuto sull’incudine. Se la ripeteva di continuo, mentre osservava i banditi mettere fuori gioco i due soldati.
Calma, calma, calma. Non intervenire, aspetta il momento giusto.
Legarono le due guardie, poi parlottarono fra loro, compreso il quinto armato di arco sceso dall’albero. Veramente abile a nascondersi, Volcaret non lo aveva nemmeno visto.
Quattro banditi entrarono nella casa. L’arciere rimase fuori, a guardia dei due soldati.
Mentre Notte guaiva e si nascondeva in un intreccio di arbusti, Volcaret iniziò ad avvicinarsi, lento e silenzioso. Dai gesti che aveva potuto spiare, gli era parso che l’arciere non fosse contento di dover rimanere a guardia. Sbuffava e calpestava il terreno indispettito. Particolare molto utile, perché sembrava più attento a insultare i compagni e fissare la porta da cui erano entrati, piuttosto che assolvere il suo compito di sorvegliante.
L'erba, già impregnata della guazza notturna, accarezzò il mantello mentre avanzava. Nell'ultimo periodo si era abituato all’umidità della palude, che sapeva sempre di melmoso, e si appiccicava viscida ai vestiti, riempiendo il naso di un sentore pesante. Questa, invece, era un’umidità lieve, che sfiorava appena le vesti e donava alle narici un timido sentore umettato.
Uno stelo sfiorò il coltello, lasciando sulla punta due gocce, piccole sfere tonde perfette. Lo aveva già estratto, per non fare rumore vicino all'arciere. Il fodero della spada lo aveva legato, con stoffe morbide, alla sacca, per non farla sbattere e rivelare la sua presenza.
Fece gli ultimi passi, arrivando a vedere bene i due soldati. Uno era privo di sensi, mentre l’altro continuava a divincolarsi per liberarsi dalle funi ben strette.
Fece per avvicinarsi ancora, ma proprio in quel momento l'arciere si volse verso i prigionieri. Volcaret arretrò in un lampo silenzioso, nascondendosi alla vista.
“Possibile che loro siano dentro a divertirsi, mentre io devo restare qui a sorvegliare due tizi legati? Che noiaaa.”
La voce era lieve. Sembrava quasi un rivolo d'acqua che sgorga lenta da una fonte. Era diventata più stridula solo nel finale, quando aveva trascinato l'ultima vocale.
“Ascoltami, ascoltami bene. – la guardia parlava con un tono leggermente affrettato, che tradiva la sua agitazione – Stai facendo un grande errore. Liberami, e ne uscirai pulito.”
“Sì, certo. Peccato che la tua proposta sia meno allettante della montagna di soldi che faremo con la testa del darkai. Quindi, risparmia il fiato.”
Prese a fare alcuni passi annoiati, sempre rivolto a controllare le due guardie. Stretto a terra, Volcaret continuava a ripetersi di stare calmo, di aspettare il momento giusto.
L'arciere calciò un sasso. Lo fissò rimbalzare sul terreno, poi sbuffò e tornò a rivolgersi alla porta della casa.
Volcaret attese un paio di secondi, quindi si alzò dalla sua posizione accovacciata e prese ad avanzare. Stava attento a muovere i passi perché scivolassero lungo gli steli, creando un suono talmente sottile da confondersi col frinire del vento.
La guardia lo vide solo all’ultimo, e fu scossa da un moto di sorpresa nel vederlo, facendosi quasi sfuggire un verso. Volcaret gli fece cenno di tacere.
L'arciere continuava a dargli le spalle, ma ogni secondo sembrava eterno e gli pareva che a ogni passo il suo obiettivo si girasse, vanificando tutta la pazienza che si stava imponendo di mantenere. Gli sembrava che il suo cuore facesse un baccano assordante, e più volte sentì il cervello urlargli di scattare, di abbandonare tutta la cautela e saltare rapidamente addosso al nemico.

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Lo Stregone delle Ombre - Il viaggio
Fantasy* ogni lunedì * In un mondo devastato da quattro terribili malattie che sembrano senza cura, riuscire a condurre una vita normale è difficile. Eppure ci si prova, giocando con gli amici, condividendo la vita col proprio padre adottivo, trascorrendo...