14. Cosa perdo se parli?

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«Ferma la macchina.»

Incerto nel suo silenzio. Duro nel voler andare avanti. Non perdo la calma.

«Ferma la macchina, ho detto.»

Un girare improvviso. La macchina che sterza dentro un parcheggio deserto. Un polverone che si alza. E l'auto che si arresta. Solo i respiri a farsi pesanti. Solo quelli, nel silenzio dell'abitacolo. La rabbia che cresce dentro, la mia. E impassibile lui, invece. Non accenna a voltare lo sguardo. A riempirmi di dubbi. A togliere risposte dove non dovrebbero esserci.

«Hai detto di non ricordare la strada. Il verbo ricordare, lo sai cosa implica? Che tu e Cortona, vi siete già conosciuti. Centra mia madre, Lorenzo?»

Spalanca la portiera e con un passo è fuori. Troppa la forza che ci mette nel chiuderla. Indice che non è così impassibile come credevo. Passeggia veloce davanti alla macchina.

Ciò che mi ha sempre catturato di lui, è il suo essere così uomo in momenti in cui esserlo è davvero difficile. L'ho visto ridere, ma l'ho anche sentito sgretolarsi sotto le mie mani. Adesso, trattare con una ventenne che sta passando il peggior periodo della sua vita non deve esser proprio semplice.

Decido di scendere. Si ferma il suo passo. Riprende veloce verso di me. Mi schiaccia alla portiera. Sostengo il suo sguardo. Lo lascio entrare dentro. Semplici le regole. Io prendo ciò che mi da, lui non lascia entrare.

«Può bastarti per una volta, una, Sole, non sapere esattamente come è andata?»

Ed è un soffio disperato, tagliente.

«Cosa perdo se voglio sapere?»

Si avvicina alla mia bocca.

«Me, perdi me. Questo è il tuo viaggio, non il mio. Ma decido io quando e come lasciare andare.»

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