16. Ti ho chiesto di zittire i miei pensieri

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Ti ho chiesto di zittire i miei pensieri ed è ciò che sai fare meglio.
I miei occhi ti hanno spogliato con calma, nel retro della jeep. E questo parcheggio desolato, in tarda mattinata, ci fa sentire liberi e selvaggi. Esattamente tutto quello che non siamo mai potuti essere a casa nostra.

Ti ho visto in una mattina di ottobre e sapevo che saresti stato mio. Perché le persone, io, le sento a pelle e tu, sei stata chiaramente la prima e l'unica ad essermi entrata dentro. Ti sei incastrato quella notte, in respiri troppo spesso soffocati, e in parole che avrei tanto voluto urlare.

Non te ne sei più andato.

E adesso nei sedili posteriori di questa jeep rossa, cerco di dirtelo grazie. Baciandoti in profondità, amandoti dove tu non ti ami, toccandoti dove nessuno ha mai osato.

E tu che mi prendi e mi schiacci.
E tu che graffi e mordi lembi di pelle scoperta.
Ed io che urlo ad ogni sprazzo di felicità che mi regali.

Noi siamo, Lorenzo, solo che tu ancora non puoi vederlo.
Noi il puzzle incompleto che si completa imperfettamente.

Ed è il mio odore che ti manda fuori di testa e non lascia che tu smetta.
E sono i tuoi occhi nerissimi dove mi voglio buttare.
E sono i miei respiri che soffochi, gli orgasmi più potenti. Raschi via la pelle dal petto. Il cuore che vuole uscire e tu che non ti plachi.

Cosa mi stai facendo? Mischi i ricordi e corrodi il mio cielo, tu.

Cadono le certezze con te al mio fianco.
E il tuo odore addosso, è una delle poche certezze, invece, che mi rimangono qui appiccicate.

Sei corrosivo, come una droga.

Ed è adesso, mentre la macchina ha ripreso il suo normale corso, il mio corpo riprende animo di se, e tu guidi tranquillo, che me ne accorgo.

«Sei come una droga Lorenzo.»

«Non guardarmi così Sole, che mi ammazzi.»

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