Lungo le strade deserte, Sebastian dava libero sfogo premendo sempre più forte contro l'acceleratore, mentre la notte si chiudeva su di lui come un manto opprimente.
Le luci dei lampioni scorrevano velocemente, ma per lui erano solo un riflesso confuso, un bagliore sfuocato che si mescolava con la nebbia dei suoi pensieri.
La macchina sfrecciava a una velocità pericolosa lungo strade che sembravano quasi svuotarsi sotto i suoi occhi.
Aveva perso ogni controllo, la mente intorpidita dal dolore e dall'alcol, che lo aveva avvolto in un torpore anestetico e che stava prendendo il controllo, offuscando ogni suo senso di lucidità.
Ogni curva che prendeva era un rischio, ma non gli importava. Non gli importava più nulla.
Guidava con l'unico scopo di fuggire, soprattutto da sé stesso.
Le sue mani stringevano il volante con forza, sbianchendo le nocche.
La musica nell'auto era alta, suonando le note del suo dolore e della piena disperazione. Nonostante ciò, non riusciva a coprire il caos che si agitava nella sua testa.
Il telefono vibrò improvvisamente sul sedile accanto a lui. Gli occhi, offuscati dalla stanchezza e dal liquore, scivolarono brevemente sul display illuminato. Il suo nome lampeggiava sullo schermo, ma strinse i denti, ignorando ogni chiamata, mentre un'ondata di rabbia e disperazione lo attraversò.
Le sue dita afferrarono il telefono, con l'impulso di buttarlo fuori dal finestrino.
Perché continuava a chiamarlo? Non poteva semplicemente lasciarlo andare?
Non c'era più nulla da sistemare, l'aveva detto anche lui.
Un altro squillo. Ciel stava insistendo, ma Sebastian schiacciò il pulsante per ignorare la chiamata.
Le mani gli tremavano mentre accelerava, aumentando la velocità sull'asfalto bagnato. Le strade deserte della notte sembravano come una distesa infinita, pronte ad inghiottirlo.
Di nuovo un'altra vibrazione dal suo telefono. Ciel non voleva arrendersi, ma lui non voleva più ascoltarlo.
Il tempo era scaduto, ormai aveva capito tutto quello che doveva sapere: erano rotti, distrutti e non c'era più modo di tornare indietro.
Lo amava. Lo amava da impazzire. Ma a lui non è mai importato.
Non importava più.
Non poteva più ascoltarlo.
Senza di lui svaniva. Avrebbe vissuto da solo, ora e per sempre.
"Cazzo!" gridò, con i suoi rubini che fiammeggiavano, ma che trattenevano l'acqua delle sue lacrime, che non ne poteva più di versare.
Il rumore del motore ruggiva, riempiendo quel vuoto opprimente che sembrava dilaniarlo dall'interno.
Aveva cercato di proteggere quel legame fragile che ancora li univa. Ma ogni sforzo, ogni tentativo era stato vano.
Si sentiva vuoto, svanito, si sentiva dissolversi in qualcosa di vuoto e insignificante. Era un fantasma, incapace di ferire di più, ma incapace di amare.
Ancora un altro squillo.
Serrò la mascella, mentre il cuore gli batteva furiosamente nel petto. Non voleva sentirlo, era stanco di tutto questo, non voleva più affrontarlo.
Con un gesto impaziente e rabbioso, rispose, senza nemmeno lasciare il tempo a Ciel di parlare
"Cosa vuoi ancora?"
"Sebastian, fermati ti prego! Sei ubriaco – la sua voce era spezzata dal pianto
"Che ne dice di smetterla di recitare questa parte dell'apprensivo, signorino? – sbuffò Sebastian dall'altro capo, con un sorriso amaro che designò sul volto
"Ti supplico – gridò il più piccolo – fermati"
Ma Sebastian era annebbiato da ogni logica e ogni residuo di razionalità
"Sai cosa? – continuò Sebastian – non ho bisogno del tuo aiuto, forse non ho mai avuto bisogno di te"
Con un gesto rabbioso, buttò il telefono sul sedile accanto, spegnendo l'altoparlante, mentre il rumore dell'auto copriva il suono di Ciel che continuava a chiamarlo disperatamente.
Fermarsi? Per cosa? Per chi?
Iniziò a sentire l'adrenalina mescolarsi con l'alcol nelle sue vene. Ogni curva sembrava più stretta, ogni tratto di strada più rischioso, ma in quel momento Sebastian non vedeva altro che il riflesso del dolore che provava.
Durante la corsa, Sebastian imboccò una strada secondaria, più buia e meno trafficata. Lontano dalle luci della città, tutto divenne più silenzioso, più oscuro.
Dopo un tempo che non riusciva a quantificare, si fermò in un piccolo parcheggio semiabbandonato, lontano dal caos della città. Il silenzio della notte era opprimente, rotto solo dal suono del motore ancora acceso.
Scese dall'auto con un movimento maldestro, con il corpo ancora instabile per l'alcol. Barcollò fino a un'altra macchina sulla quale fu più facile appoggiarsi, per poi accendersi una sigaretta con le mani tremanti.
"Fanculo – sbraitò non riuscendo a far uscire la fiamma dall'accendino.
Il fumo si sollevava nell'aria gelida della notte, ma non gli dava alcun sollievo. Ogni boccata sembrava alimentare il vuoto dentro di lui.
Voltò lo sguardo verso una strada poco illuminata: un bar malandato, il tipo di posto che non avrebbe mai frequentato in circostanze normali.
Le sue gambe sembravano troppo deboli per sostenerlo, ma continuò a camminare fino all'ingresso del bar, spingendo la porta con un gesto stanco. L'interno era scuro, l'aria densa di fumo, e il rumore sommesso delle conversazioni si fermò per un istante quando Sebastian entrò, ma lui ignorò gli sguardi curiosi.
Si sedette al bancone, ordinando un altro drink senza nemmeno guardare il barista.
Quando quest'ultimo gli porse il bicchiere, mandò subito giù il liquido ambrato in un solo sorso, sentendo il bruciore scivolare lungo la gola.
La porta del bar si aprì di nuovo, ma Sebastian non vi prestò attenzione, almeno fino a quando una figura familiare si avvicinò al bancone, prendendo posto proprio accanto a lui.
Soltanto la sua presenza era più che sufficiente per far riaccendere la furia in Sebastian, ma per un momento cercò di mantenere il controllo.
"Sai, non mi aspettavo di trovarti qui – sussurrò quell'uomo con un tono liscio e provocatorio – dopotutto, questo non è esattamente il tipo di posto che frequentano persone come noi, non è così?"
"Ma suppongo – continuò – che le cose cambino quando il tuo ragazzo si scarica"
Sebastian si voltò bruscamente verso l'interlocutore
"Non osare parlare di lui"
Quest'ultimo sorrise, compiaciuto del proprio effetto sul corvino. Prese un sorso del suo drink, continuando a fissarlo con quel sorriso arrogante che lo rendeva ancora più insopportabile.
"Devo dire che vedere un uomo del tuo calibro distruggersi da solo, mantiene un certo fascino"
Sebastian strinse i pugni, trattenendo a stento l'impulso di colpire Claude. Era colpa sua. Tutta questa sofferenza, questa distruzione interna, aveva avuto inizio quando Claude era entrato nella vita di Ciel.
"Che cazzo vuoi, Claude?"
"Io? Nulla, volevo solo fare una chiacchierata come ai vecchi tempi – rispose – anche se, considerando la tua condizione, immagino che i vecchi tempi siano piuttosto lontani"
"Se davvero vuoi tornare a Tokyo con la faccia pulita, ti conviene alzare quel cazzo di culo e andartene"
"Ma dai – rise Claude – tutto questo perché Ciel ha fatto una scelta per la sua carriera, per sé stesso, e voi due dovreste essere una coppia?"
"Tu non sai niente – sibilò Sebastian, stringendo così forte il bicchiere fino a spaccarlo – tutto quello che hai fatto è stato solo alimentare la sua insicurezza"
Claude ridacchiò, divertito dalla reazione di Sebastian
"Sai cosa penso? Penso che tu non l'abbia mai capito. Ha sempre cercato qualcosa di più grande di sé stesso, mentre tu lo soffocavi"
Sebastian si alzò di scatto, il bicchiere cadde dal bancone e si frantumò sul pavimento, attirando l'attenzione di tutti nel bar.
"Non parlare di lui come se tu lo conoscessi – ringhiò, il corpo teso come una corda di violino – non hai idea di quello che abbiamo passato. Non sai niente, Claude. Niente"
Claude alzò le mani in un gesto di resa, ma il sorriso rimase intatto.
"Forse. Ma so che, se continui così, finirai per autodistruggerti. E onestamente? Sarebbe un peccato"
Sebastian, ormai fuori controllo, afferrò il moro per il colletto.
"Non hai idea di cosa sia il dolore – ringhiò di nuovo – ma ti assicuro che se continui a parlare, te lo farò conoscere"
"No, magari non ne ho idea di cosa sia il dolore, ma so abbastanza per vedere che Ciel si è reso conto che non poteva più essere legato a te"
"Non pensare neanche per un secondo di essere migliore di me – sibilò – hai vinto solo perché io l'ho lasciato andare. Ma non avrai mai Ciel come l'ho avuto io"
Claude sorrise con noncuranza, appoggiandosi indietro con aria rilassata, godendosi ogni istante di quella provocazione.
"Non è questione di chi ha vinto o chi ha perso. Riguarda solo il fatto che, alla fine, sei rimasto da solo. E Ciel... be', sembra che abbia finalmente capito di non aver più bisogno di te"
Quelle parole furono la goccia che fece traboccare il vaso.
Prima che Sebastian potesse fermarsi, lo colpì con un pugno violento, facendo cadere Claude dallo sgabello. Il rumore dello scontro fece voltare gli altri clienti del bar, ma Sebastian non si fermò.
Il suo corpo tremava di rabbia, il fiato corto, e mentre Claude si rialzava, asciugandosi il sangue dal labbro, gli occhi di Sebastian bruciavano di una furia incontrollabile.
Claude si alzò lentamente, fissando quest'ultimo con un sorriso sprezzante, come se avesse ottenuto esattamente ciò che voleva.
"Colpiscimi quanto vuoi, non cambierà nulla"
Le parole di Claude erano come veleno, e per un attimo, Sebastian sentì la propria rabbia svanire, sostituita da un senso schiacciante di sconfitta.
Forse Claude aveva ragione. Forse aveva perso Ciel per sempre.
Ma quella realizzazione non fece che alimentare il suo desiderio di distruggere tutto intorno a sé.
Ma nonostante tutto, decise di fermarsi.
Senza dire una parola, si voltò bruscamente, lasciando il bar e dirigendosi verso la sua auto.
Seduto lì, con il volto pallido e gli occhi vitrei, Sebastian si appoggiò contro il sedile, stringendo con forza il volante.
Il silenzio intorno a lui era soffocante, ma non poteva più sopportare di stare solo con i suoi pensieri.
Aveva bisogno di spegnere quel dolore, di soffocare le emozioni che lo stavano consumando dall'interno.
Con un gesto rabbioso, accese la radio, cercando un'ancora di salvezza nella musica, qualcosa che potesse distrarre la sua mente dalla spirale in cui stava cadendo.
Le mani tremarono leggermente sul volante, sporche di sudore.
Iniziò a ricordarsi i giorni in cui pareva indistruttibile, invincibile, la sua eleganza intatta, il suo controllo totale.
Sempre in grado di tener duro, di resistere. Ma ora si sentiva come un carro funebre che trasportava il suo stesso corpo, ormai vuoto, su una strada senza fine.
Premette l'acceleratore e partì.
Era lui l'uomo che proteggeva Ciel, l'uomo che lo amava e che l'avrebbe amato per il resto dei giorni, ma ora era solo cenere.
Ogni suo respiro era come ingoiare fumo, come se il fuoco del suo stesso dolore stesse incenerendo tutto ciò che era.
Idiota, un fottutissimo idiota a pensare che sarebbe stato abbastanza per lui. Ci aveva creduto, aveva perfino creduto che quell'amore incondizionato avrebbe potuto salvarli.
Ma aveva sbagliato, aveva distrutto tutto.
Qual è la cosa peggiore che avrebbe potuto dire? Che le cose sarebbero migliorate se fosse rimasto?
Ma no, era una bugia.
Una bugia, un inganno che si era creato da solo, credendo che rimanere avrebbe aggiustato tutto.
Era stato avvisato, gliel'avevano detto tutti.
Il dolore gli stringeva il petto come una morsa, facendogli male al punto di sentire ogni respiro come un taglio. Si sentiva come se fosse su una lama, sempre sull'orlo di cadere.
Stavolta era caduto lui, l'aveva fatta grossa, cazzo.
Ciel lo aveva superato, aveva agito ancor prima di lui.
Sebastian si passò una mano tra i capelli, tirando con forza, come se volesse strapparsi via quella disperazione dalla testa.
Quell'amore che Sebastian aveva nutrito, che aveva protetto con ogni fibra del suo essere, e che continuava a farlo sembrava ora una farsa.
Come su una lama, macchiava tutto ciò che toccava.
Il telefono vibrò di nuovo accanto a lui, e Sebastian lo guardò con disprezzo. Ciel. Voleva rispondere, voleva gridare contro di lui, dirgli tutto il dolore che stava provando. Ma sapeva che non avrebbe cambiato nulla.
Posso fingere di lasciarti, possiamo fare finta di dimenticarci, ma non importa, pensò.
Non c'era più nulla da salvare.
Improvvisamente, una curva stretta apparve davanti a lui, ma Sebastian, troppo ubriaco per reagire in tempo, sterzò bruscamente.
Il volante gli sfuggì per un istante, e l'auto sbandò.
Le ruote persero aderenza sull'asfalto bagnato, e prima che Sebastian potesse capire cosa stesse succedendo, la macchina uscì di strada, schiantandosi contro un albero con un rumore fragoroso di lamiere contorte e vetri che esplodevano.
Tutto si fece buio.
L'odore acre del fumo e del metallo fuso riempiva l'aria. Sebastian sentì un dolore lancinante attraversargli il corpo, ma era troppo stordito per muoversi, per capire davvero la gravità di ciò che era appena successo.
Il suo corpo era incastrato tra le lamiere contorte, il sangue colava lentamente lungo la fronte, e il suo respiro si faceva sempre più debole.
Con uno sforzo disperato, Sebastian cercò di afferrare il suo telefono, ma le sue dita tremavano.
L'ultimo pensiero prima che tutto svanisse nel buio era un nome, il solo che avesse senso in quel momento.
Il suo.
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Kizu Darake No Eternity
FanfictionLe riprese della prima serie di "Kuroshitsuji" stavano per giungere al termine, e il successo sembrava ormai assicurato. Tokyo era in fermento e non si parlava d'altro. Nel frattempo, nelle strade di Londra, dove si svolgevano le riprese, l'alchimia...