Is it too late?

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Londra, ore 5.30

Le prime ore del mattino arrivarono lentamente, il cielo oltre le finestre iniziava a schiarirsi, tingendosi di un pallido azzurro che annunciava l'alba imminente.
Come si aspettava, non era riuscito a chiudere occhio, nonostante la stanchezza pesante che lo aveva avvolto.

Aveva provato ad ascoltare un po' di musica per distaccarsi un po' dalla realtà.
Era addirittura tentato dall'ascoltare alcune canzoni che aveva scritto Sebastian per la prima stagione, ma non ne ebbe il coraggio.

Ogni minuto che passava, Ciel sentiva crescere dentro di sé un'inquietudine insostenibile. Non riusciva più a rimanere fermo nella sua stanza d'hotel, non riusciva più ad ignorare il bisogno urgente di tornare da lui.
Fu allora con un respiro profondo si alzò dalla poltrona, sentendo i muscoli rigidi e leggermente dolenti per le ore trascorse immobile.
Non si preoccupò di cambiarsi o di sistemarsi: il bisogno di essere di nuovo all'ospedale era troppo forte, troppo urgente per preoccuparsi di altro.

Si infilò velocemente le scarpe e afferrò le chiavi dell'auto, mentre usciva dalla stanza.
Il corridoio dell'hotel era silenzioso, le luci erano soffuse e il pavimento morbido sotto i suoi passi rapidi.

Uscì dall'hotel e si avviò verso il veicolo, sentendo l'aria del mattino ancora fresca che lo colpiva come un soffio gelido.
Ma non si fermò e non si lasciò distrarre da nulla.

Quando vi salì, il motore ruggì al primo colpo, e Ciel spinse il piede sull'acceleratore con più forza di quanto fosse sicuro.
A quell'ora le strade erano deserte, vigeva un silenzio irreale che sembrava amplificare l'ansia che provava.

Il cuore gli batteva freneticamente nel petto, e ogni secondo che passava era un'eternità, ogni semaforo rosso una tortura.

Ma finalmente, le luci dell'ospedale apparvero davanti a lui.
Si precipitò verso il parcheggio, fermando l'auto bruscamente e quasi scivolando fuori dal sedile mentre correva verso l'ingresso.

Londra, ore 6.02

Entrò nell'ospedale con il cuore in gola, i polmoni che bruciavano per la corsa. Le luci bianche e fredde dell'atrio sembravano quasi accecanti, ma Ciel non rallentò, non si fermava neanche per respirare.
Prese l'ascensore e quando finalmente raggiunse il piano di Sebastian, corse lungo il corridoio quasi scontrandosi con un'infermiera che usciva da una delle stanze
"Mi scusi" mormorò frettolosamente, senza fermarsi.

Quando raggiunse la sala d'attesa, il suo cuore batté nella speranza di trovare qualcuno con delle risposte, qualche aggiornamento.
Ma la stanza era avvolta da una calma innaturale.
Gli occhi di Ciel scivolarono subito su William, che sedeva su una delle sedie, il capo appoggiato contro la parete, addormentato.
Il suo volto, anche in quel breve momento di riposo, era segnato dalla stanchezza.

Deluso dall'assenza di novità, Ciel si lasciò andare su una delle sedie vicine, mentre il peso dell'angoscia continuava a perforargli ogni fibra del corpo.
Niente di nuovo, nessun miglioramento.
Si sentiva intrappolato in un limbo, in cui il tempo sembrava fermarsi.

Non sapeva cosa fare.
Ogni secondo che passava senza notizie lo faceva sentire sempre più impotente.
Guardò verso la macchinetta del caffè nell'angolo del corridoio.
Non era un abitudinario del caffè, preferiva di gran lunga il tè, ma dopo quasi 24 ore senza dormire, sapeva che un semplice tè non sarebbe bastato a tenerlo sveglio.

Arrivò alla macchinetta, inserì le monete e guardò il liquido nero scendere nel bicchiere.
Pensò a William, seduto lì da chissà quante ore, e decise di prenderne uno anche per lui.

Prese i due bicchieri di caffè e tornò lentamente verso William, che nel frattempo sembrava essersi svegliato leggermente, il volto ancora assonnato, ma vigile. Sollevò lo sguardo, osservando Ciel avvicinarsi, con gli occhi cerchiati di stanchezza.

"Ciel – sussurrò – sei già qui? Non ti sei riposato?"

Ciel scosse la testa, incapace di rispondere per un momento, ancora sopraffatto dall'emozione.
"Non ce la faccio ... non ce l'ho fatta Will"
"Capisco – sussurrò il più grande annuendo col capo – ma sappi che non puoi continuare così"

"Tieni, ti ho preso del caffè" disse Ciel, porgendogli uno dei bicchieri.

William lo prese con un cenno di gratitudine
"Grazie"

Il giovane si sedette accanto a lui
"Ci ho provato – riprese Ciel guardando il più grande – ti assicuro che l'ho fatto, ma non ci riesco"

William non rispose, limitandosi a un altro cenno del capo, facendo intendere che lo comprendeva a pieno.

"Ci sono ... ci sono novità? – chiese di nuovo il più piccolo, con la voce più debole di quanto avrebbe voluto.

William scosse il capo, con lo sguardo che si chinava verso il pavimento
"Niente di nuovo – sospirò – lo stanno monitorando, ma non ci sono stati cambiamenti significativi"

Ciel annuì, sentendo una fitta al petto. Aveva sperato, anche solo per un momento, che ci sarebbe stata qualche piccola, insignificante buona notizia. Qualcosa che potesse fargli credere che il peggio fosse passato. Ma non c'era nulla.
Si portò il bicchiere di caffè alle labbra, anche se il sapore amaro non gli dava alcun conforto.

Dopo circa mezz'ora di silenziosa attesa, i pensieri di Ciel si erano fatti sempre più angoscianti.
Ogni secondo che passava sembrava allungarsi all'infinito.
William non si era mosso da quella sedia della sala d'attesa, ma in qualche modo era ancora composto.

All'improvviso, il rumore di passi si avvicinò e Ciel vide il capo medico entrare nella sala d'attesa. Il suo cuore saltò nel petto, e sia lui che William si alzarono di scatto, come se fossero pronti a scattare in qualsiasi momento, pieni di speranza e terrore allo stesso tempo.
La tensione nel loro corpo era così forte che sembrava pronta a spezzarsi da un momento all'altro.

Il medico si fermò davanti a loro, con il volto segnato da lunghe ore di lavoro, ma professionale. Si fermò per un istante, guardando entrambi con un'ombra di esitazione.
"Siete parenti di Sebastian Michaelis? – chiese guardandoli.
Ciel e William si fecero subito avanti
"Siamo noi" dichiarò il moro
Il medico fece un piccolo cenno, annuendo mentre parlava con voce calma, cercando di essere il più chiaro e delicato possibile, nonostante la gravità della situazione.
"Sebastian ora è stabile. A breve dovremmo riportarlo nella sua stanza – fece una pausa – tuttavia, ha subito un duro colpo. Prima l'incidente, poi l'intervento e, adesso, l'arresto cardiaco. Siamo costretti a monitorarlo molto da vicino per assicurarci che non ci siano ulteriori complicazioni"

Ciel, nel frattempo, cercava di interpretare ogni singola frase
"Può ... può spiegarsi meglio?" chiese invece William, cercando di mantenere il controllo, anche se sentiva che la situazione stava sfuggendo di mano.

Il medico annuì, seppur il suo sguardo tradiva la fatica di dover spiegare qualcosa di così delicato.
"Le prime 48 ore sono cruciali. Sono quelle che ci permetteranno di stabilire una prognosi più certa. Finché non le avremo superate, non possiamo dare certezze su come il corpo di Sebastian risponderà alle cure. È ancora in uno stato estremamente fragile"

Ciel non riuscì a contenere la frustrazione che cresceva dentro di lui. Le parole del medico gli sembravano vuote, come se non avessero senso.
L'idea di dover continuare ad aspettare ancora lo stava facendo impazzire.
"Sta dicendo che dobbiamo aspettare un altro giorno? – esplose con voce rotta dall'angoscia. Il suo sguardo si piantò dritto negli occhi del medico, quasi come se volesse costringerlo a dare una risposta diversa.
"Capisco la preoccupazione – rispose – ma è fondamentale aspettare. Sebastian è in uno stato di coma indotto, e dobbiamo valutare ogni singola risposta del suo corpo nelle prossime ore. Le prossime 48 ore sono determinanti per capire se riuscirà a superare l'impatto dell'incidente e degli interventi che ha subito"

Le parole del medico si fecero più gravi, e la tensione aumentò.
"Devo essere sincero. Non abbiamo elementi sufficienti per stabilire quando, o se, si sveglierà. Pazienti in queste condizioni possono svegliarsi dopo giorni... settimane... mesi, o in alcuni casi, purtroppo, mai più"
Ciel sentì il suo cuore sprofondare.
L'idea che Sebastian potesse non svegliarsi mai lo paralizzava.

"E se ... se non si sveglia?"

Il medico sospirò, osservando attentamente il volto devastato di Ciel.
"Non possiamo prevedere il futuro, ma faremo tutto il possibile per garantirgli la migliore assistenza. Dobbiamo però essere onesti con voi: ci sono molti rischi, e uno di questi è che possano verificarsi ulteriori complicazioni. Dobbiamo essere pronti a tutto"

Le parole del medico si spensero nell'aria, lasciando Ciel e William in silenzio, completamente impotenti.
Il respiro del più piccolo si fece corto, mentre le lacrime si formavano nei suoi occhi.
William, invece, rimase in silenzio, stringendo i pugni per mantenere il controllo.
"E cosa possiamo fare?"
"Al momento, niente – rispose il medico – attendiamo. Noi monitoreremo costantemente le sue condizioni e faremo tutto il possibile per prevenire altri problemi"

Londra, ore 06.49

Il corridoio dell'ospedale tornò ad animarsi. I passi rapidi degli infermieri risuonarono contro le pareti sterili, e Ciel sollevò lo sguardo con il cuore che gli batteva all'impazzata.
Dalla fine del corridoio, una barella si avvicinava, spinta da due infermieri in divisa, con Sebastian adagiato su di essa, immobile.

Ciel si alzò di scatto, quasi senza rendersi conto.
Accanto a lui, William fece lo stesso; la sua solita compostezza vacillava, mentre teneva gli occhi fissi sul corpo di Sebastian, che sembrava così fragile sotto le coperte bianche della barella.

Gli infermieri si fermarono davanti a loro, e la scena sembrava svolgersi al rallentatore.
Il viso di Sebastian era pallido, quasi cereo, e i macchinari collegati al suo corpo facevano un bip costante che riempiva l'aria di tensione.
Tubicini e cateteri erano collegati al suo braccio, mentre una maschera di ossigeno copriva parte del suo volto, rendendo la sua immobilità ancora più straziante.

Ciel si avvicinò lentamente, come se ogni passo fosse una battaglia contro il desiderio di crollare.
Ogni respiro che prendeva gli sembrava pesare una tonnellata, e quando fu abbastanza vicino, il dolore che provò nel vedere Sebastian ridotto a quella condizione divenne quasi insopportabile.

Un'infermiera si fermò, fissando William e Ciel con uno sguardo comprensivo.
"Lo stiamo trasferendo nella sua stanza – disse con voce dolce, ma professionale – È stabile, ma dovrà restare monitorato costantemente nelle prossime ore"

Ciel non riusciva a rispondere. Le parole sembravano lontane, come un'eco distante. Si chinò leggermente verso la barella, fissando il volto di Sebastian.
Avvicinò lentamente la mano al bordo del lenzuolo che lo copriva, senza avere il coraggio di toccarlo davvero. Ogni fibra del suo corpo desiderava prendergli la mano, ma il timore di disturbare la sua fragilità lo bloccava.

Il suo cuore si spezzava al pensiero che Sebastian fosse lì, a pochi centimetri, eppure così lontano, intrappolato in un sonno innaturale da cui non riusciva a svegliarsi.
Le parole del medico riecheggiavano ancora nella sua mente: pazienti di questo genere possono svegliarsi dopo giorni, mesi, anni... o mai più.
"Sebastian..." mormorò a malapena, con voce spezzata da un dolore sordo, mentre la gola gli doleva per il forte groppo.
Gli sembrava di parlare nel vuoto, senza risposta, e ogni istante che passava rendeva quel silenzio più opprimente.

William si fermò accanto a lui, guardando Sebastian con un'espressione dura, ma con un velo di tristezza negli occhi.
"Ciel – disse piano, cercando di dargli forza, posandogli una mano sulla spalla – Lui è qui. È stabile. Ma dobbiamo aspettare ed essere forti per lui"

Ciel chiuse gli occhi per un istante, cercando di assorbire quelle parole, ma sembrava quasi impossibile trovare conforto in esse.
"Lo so – sussurrò infine annuendo.
Gli infermieri, con una calma professionale, si prepararono a riprendere il cammino.
"Lo trasferiamo nella sua stanza ora. Potrete vederlo più tardi, dopo che sarà sistemato"

Ciel annuì debolmente, e guardò mentre la barella veniva spinta di nuovo lungo il corridoio.

E così, le prime luci del mattino iniziarono a filtrare attraverso le finestre, mentre Ciel rimase accanto al ragazzo, col cuore che pregava silenziosamente per un miracolo, per una seconda possibilità.

Londra, ore 10.30

Il sole era da poche ore sorto. Era ormai mattino, e il debole bagliore della luce esterna filtrava nella stanza, tingendo tutto di un'ombra dorata.

La stanza era avvolta in un silenzio pesante, interrotto solo dal suono ritmico e costante delle macchine che monitoravano Sebastian, l'unico rumore che sembrava tenere in vita quella fragile speranza.

Ciel non aveva dormito nemmeno per un minuto. Il suo corpo era esausto, le occhiaie profonde scavate sotto gli occhi.
La stanchezza fisica era così intensa che le sue membra pesavano come piombo, ma il suo spirito non cedeva.
Non poteva permettersi di riposare.
Il pensiero di Sebastian, ancora intrappolato in quello stato di coma incerto, lo teneva vigile.

Il suo sguardo scivolò sulla maschera di ossigeno che copriva il volto di Sebastian, e per un momento il mondo si strinse attorno a lui, schiacciandolo con il peso delle sue emozioni.

Sebastian era sempre stato forte, invincibile persino, e ora era vulnerabile in un modo che Ciel non riusciva a comprendere, né ad accettare.

Si odiava terribilmente tanto per come avesse ridotto una figura così indistruttibile come la sua.

Il suo stomaco brontolò, ma non gli importava. Era passato troppo tempo dall'ultimo pasto, ma la fame era l'ultima delle sue preoccupazioni.
Tutto ciò che riusciva a fare era fissare Sebastian, nella speranza che un movimento, un battito di ciglia, qualsiasi cosa, potesse rompere quell'incubo.

All'improvviso, dei passi si fermarono davanti alla porta, e Ciel sollevò lentamente lo sguardo, aspettandosi di vedere William o forse un'infermiera.
Ma quando la porta si aprì, fu sorpreso di vederlo entrare nella stanza, con un'espressione che probabilmente non aveva mai visto prima sul volto di quell'uomo.

Avanzò con lentezza, mantenendo il suo consueto contegno, ma lo sguardo abbassato, quasi come se fosse riluttante a guardare quella scena con i suoi occhi.
Ciel rimase immobile, mentre lo osservava avvicinarsi
"Non mi aspettavo di vederti qui" disse
"L'avrei immaginato, ma sentivo che dovevo venire, devo parlarti"

Ciel non rispose subito. Il suo cuore era ancora pesante e la sua presenza gli riportò alla mente il caos delle ultime settimane.
Tutto ciò che era accaduto, tutto il dolore e la confusione che avevano avvelenato il suo rapporto con Sebastian, per poi finire qui, era in parte dovuto alle sue manipolazioni.
Il suo istinto era quello di rispondere con rabbia, ma la stanchezza e la disperazione lo trattennero dal reagire impulsivamente.

"Non è il momento, Claude-"

"-Non sono qui per giustificarmi – sbottò – sono qui per scusarmi. Ho agito con arroganza e malizia, pensando solo al mio interesse ... senza considerare le conseguenze"

Il più piccolo cercò di controllarsi
"Le tue parole hanno causato molto più che semplici conseguenze – rispose infine – hai seriamente cercato di convincermi che Sebastian fosse una persona che mi stesse sfruttando"
"Lo so – ammise Claude annuendo col capo – non pretendo che tu possa perdonarmi. So che il danno che ho causato è profondo, ma non posso restare in silenzio, anche se può disturbarti"

Il dolore negli occhi di Ciel si intensificò, la rabbia e la sofferenza iniziarono a penetrargli nelle membra.
"Allora perché l'hai fatto? – chiese – perché hai voluto fargli del male?"
Claude rimase in silenzio per un lungo momento, col volto serio e contrito.
Poi, finalmente, sollevò lo sguardo per incontrare gli occhi cobalto, ormai spenti
"In parte per invidia – confessò – ho visto qualcosa tra te e Sebastian, qualcosa che mi è sempre sfuggito... un legame che andava oltre la semplice collaborazione professionale. Un legame che io non avevo mai sperimentato, e che non potevo tollerare. E così ho agito, spinto da un desiderio di superiorità, cercando di minare quello che voi avevate... senza rendermi conto del danno irreparabile che stavo causando-"
"-Perché ora?"
"Cosa?"
"Perché ora vieni a scusarti? Dopo tutto quello che è successo, pensi che adesso bastino delle scuse?"
"No Ciel, so perfettamente che questo non è abbastanza – ribatté Claude scuotendo il capo – so che le mie parole non possono cambiare ciò che è accaduto, non possono guarire le ferite che ho causato"
"..."
"Ma sappi – continuò – che non avrei mai voluto che le cose andassero così ... su questo devi credermi"

Il silenzio che seguì fu pesante, carico di tensione e dolore. Ciel non sapeva come rispondere, il suo cuore era un turbinio di emozioni contrastanti.
Voleva urlare, voleva piangere, voleva che tutto questo finisse, ma sapeva anche che niente di ciò che avrebbe detto o fatto avrebbe cambiato il passato.

"Ho sempre considerato Sebastian un rivale – continuò ancora Claude – ma in realtà ... mi sono reso conto che ciò che ho fatto non mi ha portato nulla. Ho perso il rispetto per me stesso, ho perso l'ammirazione di coloro che mi circondano, e ora ... guardando ciò che ho causato, mi rendo conto di quanto sia stato meschino"

Ciel respirò profondamente, cercando di trovare un equilibrio in mezzo a tutto quel caos, senza distogliere lo sguardo da Sebastian.
"Non posso perdonarti – sussurrò fermo – ma riconosco che almeno tu abbia capito che cosa hai combinato"

Claude fece un passo indietro, lasciando che Ciel avesse lo spazio di cui aveva bisogno.
"Non voglio interferire oltre – disse con tono decisivo – ma se c'è qualcosa che posso fare ... qualsiasi cosa, te lo devo"

Ciel rimase in silenzio, incapace di rispondere. Sentiva che ogni parola che avrebbe detto sarebbe stata intrisa di rancore e sofferenza, e non voleva aggiungere ulteriore peso al già fragile equilibrio che cercava di mantenere.

"L'unica cosa che importa ora è che Sebastian si riprenda – disse infine – non c'è niente che possiamo fare se non sperare che torni"
"Farò tutto ciò che è in mio poter per aiutare, in qualsiasi modo possibile"

Ciel abbassò lo sguardo verso Sebastian, sentendo il calore della mano di lui tra le sue, un fragile promemoria della vita che ancora rimaneva
"Voglio solo che torni – mormorò – non chiedo altro"

Claude osservò la scena, il dolore di Ciel e la sua dedizione verso Sebastian.
Quel momento lo colpì profondamente, e capì che il legame tra quei due era molto più forte e profondo di quanto avesse immaginato.

Si voltò lentamente, dirigendosi verso la porta con la stessa lentezza con cui era entrato.
Ma prima di uscire, si fermò per un attimo, voltandosi leggermente verso Ciel.
"Per quello che vale – sospirò – spero con tutto il cuore che Sebastian si riprenda. Lo merita... e anche tu"

Con quelle ultime parole, Claude lasciò la stanza, chiudendo la porta dietro di sé con un leggero clic.

Londra, ore 20.00

Ciel era da poco uscito dalla stanza di Sebastian, su richiesta dei medici che avrebbero dovuto monitorare i suoi parametri ed eseguire una serie di accertamenti.

Le porte dell'ascensore in fondo al corridoio si aprirono, mostrando le figure di Grell e Alois.
Entrambi avevano lo sguardo stanco e preoccupato, ma si sforzarono di sorridere debolmente quando incrociarono gli occhi cobalto del più piccolo
"Hey – sussurrò il rosso con dolcezza – come procede?"
"Niente di nuovo – sbuffò l'interlocutore.
Il biondino si sedette accanto a lui, posandogli una mano sulla spalla, trasmettendogli quanto più conforto possibile.

Grell sospirò, per poi puntare gli occhi verso William.
Era così preso e stremato da tutta quella situazione, che non aveva minimamente considerato il suo compagno, il quale stava affrontando un dolore simile a quello di Ciel.
"Ehi"
William era rimasto in disparte per dare loro spazio, ma non appena vide Grell, ammorbidì i nervi e pose una mano sulla spalla di quest'ultimo
"Come va?" chiese il moro
"Il solito – rispose in un sospiro, per poi guardarlo negli occhi – ti porto in hotel, devi riposare, sei stato sveglio tutta la notte"

William esitò per un momento. Anche se non lo diceva apertamente, si vedeva che era stremato dalla notte passata, ma il suo senso di dovere e la sua lealtà lo spingevano a voler restare.

Ciel sollevò lo sguardo e vide l'espressione esausta sul volto di William
"William – lo chiamò – non preoccuparti per me. Rimarrò io stanotte. Tu hai fatto abbastanza"

Quest'ultimo lo guardò, vedendo la determinazione nei suoi occhi.
Sapeva che non sarebbe stato facile convincerlo a fare altrimenti, e in fondo, sentiva che Ciel aveva bisogno di stare accanto a Sebastian più di chiunque altro.
Con un lento annuire, accettò le parole del ragazzo.
"Va bene – disse infine, la voce un po' rauca – ma tornerò tra qualche ora, il tempo di accertarmi che sia tutto ok e me ne vado"
"Grazie William – annuì il ragazzo.

William gli fece un cenno con la testa, poi si voltò verso Grell, che gli prese la mano con un sorriso stanco ma affettuoso.
"Andiamo, William – disse quest'ultimo, con il solito tono di dolcezza che riservava solo a lui – hai bisogno di riposare"

Mentre i due si preparavano ad uscire, Alois rimase accanto all'amico, cercando di offrirgli un po' di conforto con la sua presenza silenziosa.
Ciel gli lanciò uno sguardo grato, sentendo il supporto di tutti.
Anche se il dolore era ancora insopportabile, sapeva di non essere solo, e questo lo aiutava a mantenere la forza necessaria per andare avanti.

Grell si fermò alla porta, guardando indietro per un ultimo momento
"Se avete bisogno di qualcosa, chiamatemi – disse – e Ciel, cerca di riposare un po' ... se puoi"

Ciel annuì, anche se sapeva che non avrebbe potuto riposare finché non avesse visto un segno di miglioramento in Sebastian.

"Grazie, Grell"

Alois si sistemò su una delle sedie accanto a lui, guardando Ciel con un'espressione di preoccupazione, me anche piena di affetto
"Ehi – sussurrò, portando una mano sulla spalla, ottenendo l'attenzione del ragazzo – hai mangiato qualcosa?"
"Non ho fame Alois – sospirò – non riesco a far nulla"
"Posso solo immaginare, ma devi riprenderti un po' – ribadì, mentre tirava fuori dei dolci della Funtom – tieni, li ho rubati dal set"
"Ma ... - balbettò Ciel aggrottando la fronte
"Shh – sorrise l'altro – il fine giustifica i mezzi, no?"
"Che delinquente – sorrise alla fine il più piccolo, prendendo una delle caramelle che avevano prodotto per le riprese della seconda stagione – hai ragione, non avevamo nemmeno finito di registrare quella scena"
"Sì, è stato tutto interrotto per via di quelle assi che ti si stavano finendo addosso, e Sebastian si è dovuto rompere una caviglia per te"

A quelle parole, Ciel sorrise nuovamente sopraffatto dalle emozioni, ma cercò di contenersi
"Già – sospirò – è veramente testardo"
"Io direi ... innamorato – sorrise Alois incurvando un sorriso soddisfacente sul volto, mentre Ciel annuì debolmente
"Sì – sussurrò – innamorato"
Era la verità che aveva ignorato per troppo tempo, la verità che Sebastian gli aveva confessato prima che tutto precipitasse.

Alois lo osservò, silenzioso, sapendo che Ciel stava lottando con le sue emozioni. Dopo qualche secondo, decise di continuare, cercando di distrarlo ancora un po'
"Sai – disse piano – Sebastian ti guarda come se fossi l'unica cosa al mondo che conta per lui. All'inizio pensavo fosse suggestionato dall'atteggiamento che normalmente il maggiordomo avesse nei confronti del suo padrone, nella serie, ma poi ho notato che andava tutto oltre il set"

Ciel fece un altro cenno col capo, finché non iniziò a parlare in risposta
"Lo so – ripeté – l'ho sempre saputo. Tutti hanno sempre sospettato qualcosa di noi e insomma ... non si sbagliavano così tanto"

Alois lo osservò attentamente, senza interromperlo, ma con uno sguardo che esprimeva una profonda comprensione.
Sentire Ciel confessare quella verità, così cruda e dolorosa, lo colpì.
"Non siamo mai stati una coppia ufficiale – continuò con voce debole e incerta – Non l'ho mai voluto... o forse, non ho mai avuto il coraggio di ammetterlo. È stato... complicato"

Fece una pausa, cercando di trovare le parole giuste per spiegare quello che provava.
"C'era sempre questa tensione tra noi. Sebastian mi stuzzicava, mi provocava, e io... io non riuscivo a capirlo. Non volevo ammettere quanto mi importasse davvero"

Alois annuì lentamente, permettendogli di parlare senza interromperlo. Sentiva il peso delle parole di Ciel, capendo quanto fosse difficile per lui ammettere tutto ciò, ma sapeva anche che, a quel punto, il suo amico aveva bisogno di liberarsi di quel fardello.
"Quando mi ha detto che mi amava – mormorò chiudendo gli occhi, nel tentativo di trattenere a stento le lacrime che minacciavano di uscire – l'ho respinto. Gli ho detto che non potevamo andare avanti così. Che non aveva senso... ma in realtà ero spaventato. Spaventato di quello che avrebbe significato per me e per lui. Ero così cieco, Alois... così stupido"
Si interruppe, la voce spezzata dall'emozione, mentre un tremore gli attraversava il corpo.

Alois si sporse leggermente in avanti, osservando Ciel con un affetto genuino. Non c'era giudizio nei suoi occhi, solo una comprensione silenziosa per il dolore e il conflitto che Ciel stava vivendo.
"Non eri stupido – disse piano – Avevi paura. Succede a tutti, soprattutto quando si tratta di qualcosa di così profondo e complesso nel mondo dello spettacolo"

Ciel abbassò lo sguardo, le mani che stringevano la caramella fino a farle perdere forma.
"Dopo... dopo che l'ho respinto, è cambiato. Si è chiuso in sé stesso. Ho provato a chiarire, ma era troppo tardi... ed è stato allora che tutto è crollato. L'incidente, tutto quello che è successo... è colpa mia – la voce di Ciel si spezzò di nuovo, e le lacrime finalmente scesero, bagnandogli le guance.

"Adesso – riprese con voce più soffocata – sono qui, seduto in questa stanza, mentre Sebastian lotta per la sua vita... e non posso fare nulla. Non posso nemmeno dirgli quanto... quanto mi dispiace"
Si fermò, cercando di ricacciare indietro le lacrime che premevano dietro i suoi occhi.
"Ho sempre pensato di avere tempo. Tempo per capire cosa ci fosse davvero tra di noi, tempo per dirgli quello che provavo. Ma adesso ... – un singhiozzo silenzioso gli sfuggì, e Ciel si coprì il volto con le mani, incapace di contenere il peso delle sue emozioni
"Non so se ne avrò più"

"Tu... tu lo ami?"

La domanda lo colpì come un pugno allo stomaco. Si era sempre rifiutato di affrontare quella realtà, di accettare fino in fondo quello che provava.
Ma ora, in quel silenzio, con la paura di perdere Sebastian per sempre che gli pesava sul petto, non poteva più mentire a sé stesso.

Abbassò lo sguardo, incapace di rispondere subito. Il suo cuore batteva più forte, e sentiva le lacrime bruciargli negli occhi, ma non le lasciò scorrere.

"Sì – sussurrò alla fine, la voce appena udibile – lo amo"

Kizu Darake No EternityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora